Nella casa famiglia violenze e soprusi ,arrestate tre educatrici a Foggia
Erano costretti a rimangiarsi il vomito per punizione e se osavano fare la pipì addosso, cosa che accadeva spesso perché si trattava di bambini in preda al panico, venivano spinti con la testa nel water. Una lunga serie di maltrattamenti, ingiurie, punizioni, subiti da sette bambini ospiti della comunità “Il Melograno”, una casa-famiglia di Rodi Garganico, gestita dalla Cooperativa sociale Onlus “Nemesi” di Vico del Gargano e aperta anche a ragazzi con problematiche di tipo familiare, comportamentale e psico-pedagogico. Per la maggior parte si tratta di figli tolti ai genitori in condizione di indigenza o con problemi penali.
Le violenze si sono protratte dal mese di luglio 2009 allo scorso febbraio. Un esposto anonimo alla procura di Lucera ha messo fine all’orrore. La squadra mobile ha arrestato le tre educatrici della comunità garganica: Antonia Silvestri 52 anni, responsabile della cooperativa, sua nipote Antonietta Silvestri, maestra di 32 anni, e la coordinatrice del centro, Annamaria Tozzi, 51 anni. Le vittime sono sette bambini e ragazzi dai 4 ai 7 anni. Gli arresti sono stati compiuti in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del Tribunale di Lucera Ida Moretti su richiesta del pm Flaiani. Le tre donne, incensurate, sono ai domiciliari, anche se il procuratore capo Domenico Seccia avrebbe voluto che fossero detenute in carcere per l’atrocità delle punizioni inflitte agli assistiti.
In più di un episodio era stato chiesto a uno dei piccoli ospiti di picchiarne un altro in cambio di una sigaretta, mentre una bambina era stata costretta a camminare completamente nuda tra i maschietti e insultata pesantemente perché figlia di una prostituta. Stessi improperi venivano proferiti nei confronti di alcuni ospiti le cui famiglie erano dedite allo spaccio. Alcuni bambini erano obbligati a mangiare in cucina e non in refettorio con gli altri, spesso venivano picchiati con schiaffi e pugni, ma anche con un cucchiaio di legno. In molti casi erano costretti a rimanere in piedi col la faccia rivolta al muro per numerose ore.
Al Melograno i ragazzini non trovavano l’agognata serenità, ma solo insulti e botte, tanto da non voler parlare di ciò che accadeva col magistrato che li interrogava: “Non ditelo alle tre, altrimenti la nostra situazione si aggraverà e saremo picchiati”. Lo scorso anno un quindicenne si era reso responsabile di una sorta di ribellione, l’incendio doloso di alcuni materassi nel centro e per questo motivo era stato arrestato e accompagnato al carcere minorile “Fornelli” di Bari.
Al Melograno sono impiegati in tutto cinque educatori, due ausiliari, un assistente sociale con funzioni di responsabile, uno psicologo e un neuropsichiatra, oltre a quattro volontari. Le accuse nei confronti delle arrestate sono di maltrattamento di minori, sequestro di persona, lesioni aggravate dai futili motivi e dalla crudeltà.