La Cassazione sdogana gli appellativi che richiamano quei modi di essere ben sintetizzati e definiti dai luoghi comuni. Così, ad esempio, è lecito invitare qualcuno a 'non fare il napoletano', anche se questo invito viene rivolto direttamente in un'aula di giustizia da un magistrato. L'epressione, infatti, non può essere classificata tra quelle "denigratorie" da censurare o ancora peggio da condannare. E così la Quinta sezione penale ha bocciato il ricorso di Ignazia S., una 43enne che si era costituita parte civile nel procedimento a carico di un emiliano che doveva rispondere di falsità in atti privati. Nel processo, spiegano gli 'ermellini', era stato chiamato a testimoniare anche un napoletano che evidentemente aveva messo in campo tutta la sua 'napoletanita tanto che il giudice di udienza del Tribunale di Parma lo aveva ripreso invitandolo a 'non fare il napoletano'. Un termine che aveva offeso e non poco il teste campano chiamato a testimoniare dalla signora Ignazia costituitasi parte civile nel processo.
Da qui la richiesta di ricusazione del giudice che aveva osato dare del 'napoletano' al prezioso testimone. Secondo la difesa, "il termine utilizzato dal giudice verso un teste non era scevro da contenuto offensivo nel momento in cui era stato pronunciato". Piazza Cavour - sentenza 11618 - ha invece dichiarato inammissibile la protesta e ha evidenziato che "con riguardo al termine 'napoletano' nessun intento denigratorio era ravvisabile, dal momento che il riferimento si inquadrava nel tentativo di convincere il teste a non essere evasivo". Il giudice, infatti, tiene a spiegare la Cassazione, "era intervenuto per chiarire ai testimoni contenuto delle domande e delle risposte" in modo da ottimizzare tempi e risultati. Ma il teste napoletano, evidentemente, era stato "evasivo". Da qui l'invito "legittimo" della toga a 'non fare il napoletano'.
Ma la decisione non ha convinto. "Se qualcuno dà a me del 'napoletano' in quel senso - dice Nino D'angelo - io me lo mangio". "Sono allibito. Siamo davanti ad un altro esempio che dimostra come questo Paese sia sempre più contro meridionali. I primi ad insegnare il rispetto dovrebbero essere i magistrati invece così si calpesta la storia di una città". Il cantautore si dichiara "molto arrabbiato" per questa decisione. "E poi dare dell'evasivo a un napoletano è già un'offesa. Significa che chiunque utilizzi questi luoghi comuni ha dei preconcetti nei nostri confronti. Il problema è che in Italia non c'è un metro unico per analizzare le cose: dipende da chi le dice. E poi certe cose dette da un giudice... C'è un abuso gratuito".
Dello stesso avviso anche l'attrice Marisa Laurito che parla di "cattiva abitudine". "Il termine non è certamente denigratorio - afferma - ma è caratterizzante perché quel giudice ha voluto così affibbiare ai napoletani la caratteristica dei 'perdi tempo'". Ciò detto, Laurito riconosce che quella di dare etichette "è una lunga storia. Se pensiamo che cosa si dice dei siciliani, o dei torinesi, falsi e cortesì. Anche dei padani si dicono cose inenarrabili. E' una brutta abitudine, tutto qui". Con questo, l'artista napoletana non scusa il giudice che si voleva ricusare "per grave inimicizia" avendo dato del 'napoletano' al teste evasivo: "Ha certamente sbagliato quel giudice ma è anche vero che Napoli fa sempre parlare molto di sè, a volte eccessivamente".
http://napoli.repubblica.it/cronaca/...zione-2941984/
«Non faccia il napoletano» La Cassazione: dirlo è lecito - Corriere della Sera
e vabbè... son piccole cose, ma sentirsele dire ogni giorno (in questo caso da un giudice che dovrebbe avere un po di educazione e contegno), e una,due,tre poi sbotti , ti offendi e ti in*****