patonza-da-volpedo.jpgFermiamoci un attimo a pensare. Quando si parla di prostituzione, solitamente si mette l’accento su … chi si prostituisce, solitamente la donna che concede le sue grazie in cambio di denaro (anche se va detto esiste anche il simmetrico maschile!). Comunque si ribalti, la frittata (mai come in questo caso parola fu più azzeccata) resta la stessa: si prostituisce chi “mette in vendita” il proprio corpo. E il Cliente (o “utilizzatore finale” secondo l’infelice gergo dell’Avv. Ghedini), il Cliente dove lo mettiamo? Già perchè a prostituirsi si è necessariamente in due (altrimenti … non si potrebbe fare sesso!). La prostituzione è un rapporto commerciale bilaterale (minimo!) finalizzato allo scambio di sesso dietro pagamento. Bando a facili moralismi, o facili nostalgismi: può questo contratto avere dignità civile nel Ns. ordinamento giuridico? Questo è il fulcro della questione quando si parla di “legalizzazione”/”liberalizzazione” della prostituzione. L’attuale Codice Civile considera le prestazioni sessuali contro “il buon costume” (contra bonos mores): pertanto, dalla prostituzione non può nascere il minimo vincolo giuridico al pagamento della … marchetta! Moralismi, Ipocrisie, cresciute sotto l’usbergo dello Stato Etico (il Codice è del 1942!). Anche perchè lo Stato protegge situazioni ben più disdicevoli, come i crediti derivanti da perdite al gioco d’azzardo. In quel caso, però, lo Stato ricorre ad una formula molto ambigua e viscida, l’obbligazione naturale: non riconosce formalmente i debiti di gioco, ma lascia alla coscienza del singolo valutare se adempiere o meno; una volta pagato il debito di gioco, questo non può più essere richiesto indietro. Il minimo dell’equità dovrebbe obbligare a trattare allo stesso modo i debiti contratti con una prostituta. Ma è difficile accettare l’idea che la prostituzione sia un vincolo contrattuale come un altro da cui possano nascere obblighi come per tante altre transazioni della vita civile. Passi l’idea che la Costituzione (art. 41) tutela al massimo la libertà di impresa; passi l’idea che lo Stato deve guadagnare tasse dalle marchette. Personalmente, però, fatico molto a figurarmi prostitute libere-esercenti; che fatturano la prestazione ad un Cliente (IVA al 21%?); che depositano la fattura dal Commercialista per le registrazioni contabili; che sporgono istanza di decreto ingiuntivo contro il fedifrago che non l’ha pagata … Certo, il Popolo delle Partite IVA ha accolto ben altri figuri … In realtà, se c’è un’attività che proprio non si presta ad alcun tipo di fatturazione, contabilizzazione fiscale, legalizzazione è proprio … il mestiere più vecchio del mondo! Ci figuriamo una prostituta che fattura in Partita IVA per la propria professione/impresa oggetti come falli di plastica, frustini, manette? Ci figuriamo le ghignate di quel Commercialista che, conoscendo la contabilità della prostituta, finisce per imparare a chi quegli … aggeggi sono destinati? Per non parlare della Guardia di Finanza che dovesse fare controlli … Insomma, vogliamo la liberalizzazione della prostituzione? Allora dobbiamo accettare di vedere la Ns. vita sessuale alla mercè di tutti (o quasi), trasformata in una specie di vaudeville piccante alla Feydeau o in una pochade di Lino Banfi e Alvaro Vitali: entrando, infatti, il sesso nell’orbita della “macchina amministrativa” , è inevitabile che l’intimità di un numero inclassificabile di persone diverrebbe di dominio pubblico; e la Privacy … E poi: davanti al Medico, al sessuologo, si può invocare il segreto professionale … ma davanti ad una prostituta?
Brano pubblicato al sito Arezzopolitica in data 08/03/2012 al link: Prostituzione, favorevoli e contrari: un dibattito- Libertà di impresa per le ‘lucciole’? (Articolo serio … ma non troppo!) - Arezzo Polis - Cultura politica, dibattito pubblico.