Uno studio sostiene che gli "interruttori" temporanei che regolano l'espressione dei geni svolgono un ruolo chiave nell'orientamento della preferenza sessuale. Epi-marcatori specifici per i caratteri sessuali, che di solito non passano fra generazioni, in qualche caso invece si trasmettono ai figli
DA UN PUNTO di vista evoluzionistico, non ci si aspetterebbe che un tratto come l'omosessualità, per la selezione naturale, possa svilupparsi e persistere. Eppure è comune fra uomini e donne di diverse culture. Alcuni studi hanno rilevato come l'omosessualità sia ricorrente all'interno di certe famiglie, arrivando a ipotizzare la tesi estrema della componente genetica alla base dell'orientamento sessuale. In realtà non è mai stato trovato alcun gene importante per l'omosessualità.
Forse perché più che di genetica è questione di "epigenetica": il modo, cioè, in cui l'espressione dei geni è regolata da interruttori temporanei - chiamati epi-marcatori - che sembrano svolgere un ruolo chiave nell'omosessualità. Questo almeno è quello che sostiene una ricerca del National Institute for Mathematical and Biological Synthesis (NIMBioS) pubblicata sulla rivista The Quarterly Review of Biology. Secondo lo studio, epi-marcatori specifici per i caratteri sessuali, che di solito non passano fra generazioni ma vengono cancellati, possono portare all'omosessualità quando sfuggono a questa cancellazione e sono invece trasmessi da padre in figlia o da madre in figlio.
Lo studio, condotto da William R. Rice e Sergey Gavrilets, integra teorie evoluzionistiche con la regolazione molecolare dell'espressione dei geni e la dipendenza dagli ormoni androgeni dello sviluppo sessuale, per produrre un modello biologico e molecolare che delinea il ruolo dell'epigenetica nell'omosessualità. La "nuova frontiera" della genetica, del resto, si focalizza su come ambiente, abitudini e scelte personali possano influenzare il Dna, con modifiche che possono essere trasmesse alle generazioni successive.
Gli epi-marcatori costituiscono uno strato 'extra' di informazione attaccato sui notri geni che regola la loro espressione. Mentre i geni portano le istruzioni, gli epi-marcatori dirigono il modo in cui queste istruzioni sono eseguite, ossia quando, dove e quanto un gene si esprime durante lo sviluppo. Vengono di solito prodotti ex-novo ad ogni generazione, ma recenti ricerche hanno mostrato che qualche volta passano da una generazione a un'altra e questo contribuisce alla somiglianza fra i parenti, con lo stesso effetto dei geni condivisi.
Gli epi-marcatori specifici per il sesso prodotti nelle prime fasi dello sviluppo fetale proteggono ciascun sesso dalle sostanziali variazioni nel testosterone che si possono verificare durante le ultime fasi dello sviluppo del feto. Questi epi-marcatori impediscono che un feto femminile si mascolinizzi a causa di livelli di testosterone atipicamente alti, e svolgono lo stesso compito per i feti maschili. Diversi epi-marcatori proteggono differenti tratti sessuali specifici dall'essere mascolinizzati o femminilizzati. Ma quando vengono trasmessi di generazione in generazione, dal padre alla figlia o dalla madre al figlio, possono invece causare l'effetto opposto, portando alla femminilizzazione di tratti nel figlio maschio - come, ad esempio, le preferenze sessuali - o alla parziale mascolinizzazione della figlia.
Secondo gli autori dello studio, convinti di aver trovato la chiave, dal punto di vista dell'evoluzione, per spiegare l'omosessualità, gli epi-marcatori "sessualmente antagonisti" che normalmente proteggono i genitori da livelli di testosterone troppo alti, qualche volta passano ai figli, causando omosessualità nel figlio di sesso opposto. Un modello matematico utilizzato nel corso della ricerca avrebbe anche mostrato che la codifica genetica per questi epi-marcatori può facilmente diffondersi nella popolazione perché questi epi-marcatori incrementano la salute dei genitori e solo raramente sfuggono alla cancellazione e riducono la salute della prole.
Fonte: "L'omosessualità? Questione di epigenetica" - Repubblica.it
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