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La guerra di Intellettuale

  1. #1
    FdT-dipendente
    Uomo 37 anni da Roma
    Iscrizione: 13/4/2006
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    Predefinito La guerra di Intellettuale

    Ero nel fitto della macchia; affamato, superficialmente ferito e con quel senso di scoramento latente, inibito non tanto dalla voglia di sopravvivere, ma più che altro dalla voglia di mettere un piede davanti l’altro, ancora una volta, ancora per qualche metro, fino a raggiungere se non un ricovero, almeno una speranza.
    Erano passate all’incirca diciannove ore da quando mi divisi dal resto della mia squadra, da quando fummo martoriati da un commando di mercenari proprio mentre battevamo in ritirata. Una spedizione “ranger” semplice, troppo semplice per controllare tutti i fronti, si era trasformata in un tributo di sangue al Dio della guerra.
    Ci avevano segnalato che dei rivoltosi, probabilmente una branca filo-odifreddiana, erano stati avvistati tra i resti del nostro ex-avamposto d’osservazione. Il dispaccio veniva da dei non meglio identificati “osservatori neutrali”, ma in questo tipo di guerra le “gole profonde” sono considerate più che attendibili visto che, molto spesso, fanno parte di gruppi paramilitari facenti capo a imprenditori che parteggiano, se pur in maniera silente, per noi e per la nostra causa. Sta volta però, qualcosa era andato storto.
    Arrivati sul posto fummo attaccati direttamente da un gruppo sparuto di combattenti, contro di noi alzarono un fitto muro di fuoco, un attacco molto superficiale, da disperati. Da principio ci spararono contro una serie di insultacci tra il linguaggio d’osteria e il politically correct, poi si “raffinarono”, iniziando a bombardarci con tesi di idealismo politico standard. Ne caddero a decine tra i loro, ma a poco a poco scoprimmo che erano molto più di “decine”. La squadra che ci attacco era solo uno specchietto per le allodole, dalle retrovie ben presto ne arrivarono a bizzeffe e, come se non bastasse, inizio a “piovere”. Cecchini.
    Tenemmo ben poco, mi fischiò accanto un breve periodo intitolabile “l’accezione non corrotta dell’espressione ‘rivoluzione fascista’”; lo spostamento d’aria mi stordì e caddi a terra, da dove potei veder meglio quel colpo raggiungere il suo vero obbiettivo e conficcarsi nel collo del soldato semplice Meyer, saggista abituale e abitudinario della casa editrice “Zapata Y Zapata”.
    Battemmo la ritirata quindi, ma solo una volta nel sottobosco realizzammo che quelli che ci avevano attaccato, non erano assolutamente Odifreddiani; troppo spartani, quelli erano carne da macello. Fu questa intuizione l’alba della nostra fine, il proemio della nostra tragedia.
    L’odore di Humus e di muschio e di tutte quelle cose che non erano sangue e polvere da sparo, mi rincuoro non poco, battemmo in ritirata, seppur in maniera frettolosa, sempre in formazione, per volere del Tenente Cerutti, ma questo non salvò di certo il Sotto Tenente Alfieri, apri pista di destra e Ingegnere Meccanico in tempi di pace, il quale appena dopo datoci un “clear”, acchiottato dietro il fusto d’una quercia, veniva raggiunto da una scarica di ilarità malata, quell’ilarità che ricerca il senso del ridicolo nei tentativi di dimostrazioni costruttive semplificate; ecco dov’erano.
    Mentre la tempesta di fuoco e parole si abbatteva su di noi, fu dato il “si salvi chi può” dal Caporal Maggiore Malaparte Sergio, un ex-carabiniere che usava questo nome d’arte in onore dell’uomo a cui da sempre si ispirava, l’autore di Kaputt, portato alla sua attenzione dopo il film ispirato alla sua seconda opera fatto dalla Cavani. Sentii lo stesso rantolare di dolore mentre fuggivo senza guardarmi indietro, corsi, fin quando l’eco delle elucubrazioni matematiche non provocò più rumore del fogliare mosso dal vento.
    La guerra che aveva appena spazzato via la mia compagnia, durava ormai da due anni; da quel giorno, per la precisione, in cui 4 intellettuali coperti in viso da dei passamontagna, irruppero nello studio di “uomini&donne” massacrando l’inerme pubblico a colpi di “duopolio rai/mediaset; ovvero pubblico/privato”.
    Un vero massacro. Quei poveracci, abituati a barcamenarsi tra assiomizzazioni etiche e paradigmi morali tanto nuovi quanto corrotti, nulla poterono contro quei periodi ben articolati; qualcuno però, resistette alle argomentazioni fondamentalmente deboli addotte dal commando, ma non ebbero il tempo di organizzare un minimo contrattacco che gli incursori sfoderarono delle digressioni antropologiche.
    L’aggressione fu rivendicata dal I.C., Intellettuali Combattenti, che con quell’atto si istituiva formalmente.
    L’idea dell’I.C. era di spazzare via tutti i sedicenti opinionisti e, soprattutto, portare all’attenzione del pubblico che quei salotti televisivi, occupati da nani e ballerine parlanti, nulla avevano a che vedere con l’eredità dei salotti intellettuali di Derobertiana memoria.
    Incredibilmente però, celere e pronta fu la risposta di quelli che vennero nomati i “rivoltosi”, “gli impuri”.
    Costituitisi anche loro in gruppi combattenti, stupirono il mondo annoverando tra le loro fila nomi a dir poco prestigiosi; uno su tutti, Giuliano Ferrara, che divento il loro ufficioso leader generale.
    Io fui arruolato dall’IC all’inizio del contenzioso e ora, essendo uno dei fanti con la più alta esperienza, sono stato inviato qui, a trentasette chilometri da quella che sembra essere l’attuale postazione del “laico crociato”.
    Di qui la mia storia, che soffrirà forse di recentismo, ma che suggerisce, in maniera inequivocabile, il fallimento di quello che doveva essere un assedio.
    Poi, scostata una fronda, ecco le spalle d’una divisa nera; la giacca mimetica posata su un arbusto che deve aver richiamato alla mente di quel soldato l’immagine dell’uomo morto posto, in tempi pacifici, accanto al suo comodino, e un grosso recipiente di metallo sul quale è chino, intento a far qualcosa che gli costerà la vita.
    Fisso il profilo di quell’uomo per una manciata di secondi che sembrano una vita; una vita tostamente spezzata dall’odio, dalla rabbia, dal rancore, che solo nei confronti di un nemico non tuo puoi provare. Cerco di riordinare le idee, analizzo tutti i concetti più potenti racchiusi nella mia mente; voglio colpirlo, per prima cosa, con dei colpi veloci ma non mortali, e dopo, ormai spiazzato, finirlo con banalità perfette e deflagranti. Quelle, per capirci, che sviliscono l’intelligenza umana, quelle che è facile dire ma alle quali è impossibile contro battere in quanto non consistono in nulla; non c’è nulla da schivare, solo un tutto da cui farsi travolgere.
    Ma un eccesso di adrenalina mi rende imperfetto, tocco qualcosa, non so cosa ma lo insospettisco, di colpo mi sembra che anche il mio respiro sia assordante; sa che ci sono, si gira, ora devo difendermi, devo salvarmi, afferro la prima cosa che trovo nell’armeria grigia.

    <<Frank Zappa era un artista si prolifico, ma a livello qualitativo ha fatto ben poco!>>

    Non gli è affatto difficile aggirare il mio attacco; una breve analisi di Joe’s Garage e un elenco di un’altra decina di grandi album dell’artista bastano a ribattere il colpo, ma non posso proprio scoraggiarmi, devo assolutamente muovere un altro attacco, devo recuperare in qualsiasi modo la mia posizione di vantaggio, quand’ecco che di colpo, lui spara.

    <<Non è la mia materia, ma a mio avviso lo squisito paradossale zappiano alla “the poodle lecture”, viene ripreso in alcuni testi degli Elio e le storie tese. E’ sbagliato, quindi, sostenere che la musica leggera italiana sia priva di spunti e di coraggiosi slanci creativi>>

    Terribile. Per un intellettuale, far seguire un qualsiasi periodo di senso compiuto all’espressione “Non è la mia materia ma…”, equivale all’arrocco nel gioco degli scacchi; una difesa impenetrabile che lascia comunque un folto bouquet di possibili attacchi.
    Ero ormai spalle al muro, mi affidai dunque alla forza della disperazione e smitragliando luoghi comuni quanto mai odiosi, riuscii ad arginare i suoi attacchi ficcanti; è cosi che distrussi la sua maschera: lui era un semplice pensatore, e non aveva alcuna possibilità contro un lupo della parola come me.
    Portai a segno colpi su colpi, argomenti tra il serio e il faceto, pensierini irritanti che trascendevano di molto il mio pensiero, ma che collocavano quella semplice matricola oltre il confine dell’interdizione; era completamente sopraffatto.
    Decisi di finirlo in bellezza, macellarlo tra i miei virtuosismi vocali, lo avrei battuto sul suo stesso campo.
    Aveva iniziato il tenzone sostenendo che la leggerezza all’italiana poteva esser definita come qualcosa di diverso dalla merda, o almeno questa è la versione alchemizzata e corrotta che decisi di ribattere.
    Riusci però, il maledetto, a deviare la conversazione sulla politica; una mossa davvero da accapigliamento tra megere, ma che comunque poteva concedergli qualche punto in più.
    Lo scontro si protrasse ben più del dovuto e io, provato dalla fuga di poco prima, decisi di sostenere la tesi che poche ore prima, esplose nel collo del mio compagno Meyer, squarciandogli la giugulare. Un professionista come me, si adatta a qualsiasi tipo di arma; se è propria del nemico, anche meglio. L’impalcatura è gia costruita.
    Nobilitai il nazionalismo eroico di D’Annunzio, snocciolai aneddoti gloriosi a proposito dell’impresa fiumana, parlai dell’arte fascista, del futurismo, dell’adesione al partito da parte di Luigi Pirandello(dribblando abilmente l’aggettivo “forzata”) e fu a quel punto, che lui si mise da solo in scacco.
    Rispose che dopo tutto questo, dopo i quartieri monumentali, le paludi bonificate e le cittadine costruite a tempi di record, ci furono le leggi fascistissime, quelle razziali, l’alleanza con il nazzismo, senza accorgersene, insomma, abbasso i guantoni scoprendo la guardia, permettendomi cosi, il più secco e facile dei diretti.

    <<La coerenza è virtù che va ricercata nei lumi, è il terreno su cui costruire le grandi imprese ed è, a volte, peso enorme ma necessario, che solo spiriti forti, immolandosi a pro d’un grande futuro, possono sostenere>>

    Il colpo lo fece cadere all’indietro. Tossiva sangue. Era completamente alla mia mercé; forse bramava il colpo finale, sarebbe bastato anche un semplice insulto.
    Avanzai ricoprendo due terzi della superficie fangosa che ci separava, volevo guardarlo da vicino mentre moriva per una guerra che non avrebbe dovuto combattere.
    Quand’ecco che, mentre il rumore d’un fruscio secco ancora non aveva raggiunto la mia coscienza, il mio ego sovraesposto veniva trivellato. Colpito alle spalle. Un colpo infame. Un colpo da campione, per quel che ci riguarda.

    <<Cos’è la coerenza, per come la intendiamo, per il senso stretto, matematico e innaturale che amiamo attribuirgli, se non la resa dell’intuizione. La resa dell’intelletto, dicotomizzato dalla ragione>>

    Caddi in avanti e uno degli ultimi respiri, mi trascino in bocca un generoso tortino di fango, il quale, guadagnatosi l’ugola e il palato, aveva un sapore dantesco. Di contrappasso.


    Ninetta mia, son crepato per Grasso
    Io, l’intuizione, la ragione, lo smargiasso
    Ninetta bella, dritto all’inferno
    Avrei preferito andarci credendo.
    Ultima modifica di chaoz; 31/3/2008 alle 11:02

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  3. #2
    FdT-dipendente
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    Ok, si, forse è troppo lungo.

    -____-'

  4. #3
    Risolvo problemi Winston Wolf
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    lo leggo domani ok?

  5. #4
    Overdose da FdT
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    chi è quel gentiluomo che riassume?

  6. #5
    obo
    .
    35 anni
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    Messaggi: 35,505
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    ma non ho ancora capito tu dove sei stato inviato in missione

  7. #6
    Matricola FdT
    Uomo
    Iscrizione: 30/1/2008
    Messaggi: 26
    Piaciuto: 0 volte

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    Quote Originariamente inviata da Giulioni Visualizza il messaggio
    lo leggo domani ok?
    Quote Originariamente inviata da *Sniper* Visualizza il messaggio
    chi è quel gentiluomo che riassume?

  8. #7
    FdT svezzato vallus
    Donna 27 anni da Olbia-Tempio
    Iscrizione: 23/12/2007
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    molto carino...ehm ehm...lo leggo un altra volta

  9. #8
    blablaologa illusione
    Donna 108 anni
    Iscrizione: 26/5/2007
    Messaggi: 5,697
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    Quote Originariamente inviata da chaoz Visualizza il messaggio
    Terribile. Per un intellettuale, far seguire un qualsiasi periodo di senso compiuto all’espressione “Non è la mia materia ma…”, equivale all’arrocco nel gioco degli scacchi; una difesa impenetrabile che lascia comunque un folto bouquet di possibili attacchi.
    ahahah questa è bellissima!

    e grazie per la citazione rivisitata di de andrè.

  10. #9
    Sempre più FdT
    Donna 33 anni
    Iscrizione: 9/2/2006
    Messaggi: 2,137
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    chaoz concordo con te...hai scritto frasi molto sagge.

  11. #10
    Caska
    Donna 32 anni
    Iscrizione: 7/7/2006
    Messaggi: 31,863
    Piaciuto: 2353 volte

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    io comunque ti appoggio, chaoz.

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