Originariamente inviata da Red Katana
i comunisti esistono ancora, non più come ideologia, ma ancora come metodologia di potere e d’errore.
Ma perché dovremmo dar loro ascolto?
Fra trent’anni, un successore di Piero Fassino, o fra cinquanta un altro Napolitano, riconoscerà che i DICO sono un errore, che la società è stata devastata da quella nuova istituzione.
Che dilagano le coppie incestuose e pedofile.
I comunisti se lo possono permettere, nessuno mai chiede loro di trarre le conseguenze dei loro errori.
Ma possiamo permettercelo noi?
Gli avessimo dato ragione nel 1948, saremmo un satellite appena uscito dal Gulag sovietico, arretrato e immiserito, e percorso da umori reazionari come la Polonia o la Bielorussia.
Avessimo avuto le posizioni di Napolitano nel ‘56, saremmo anche noi complici dei boia.
Non ci costano troppo, questi comunisti?
L’Italia diede retta a Fassino su Moro: Moro fu assassinato, ed ora siamo informati da Fassino che fu un errore essere fermi e duri.
Bisognava salvare Moro.
Possiamo aspettare trent’anni che ci dicano, i comunisti, che sui DICO si sono sbagliati?
Il discorso vero però è un altro: come mai l’Italia ha accettato come classe «dirigente» un corpo politico che da sempre ha sbagliato analisi politiche, economiche, internazionali, etiche?
Che ha adottato una ideologia sempre fallimentare, e che oggi adotta in ritardo un capitalismo globalista che sta fallendo?
Che ha sempre proposto, e imposto quando ha potuto, scelte che poi ha riconosciuto errate?
In ogni altro Paese, i comunisti non vengono più ascoltati.
Né tantomeno si affida loro, a questi infaticabili sbagliatori, pieni di idee che si rivelano a loro stessi false mezzo secolo dopo, il governo di un Paese intero.
Nessuno riconosce più a loro alcuna autorità, né superiorità morale o ideologica.
L'Italia sì.
Perché siamo così inguaribilmente cretini?