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Rising Joy
[Premessa]
[Quello che cercherò di far seguire è la trascrizione rivista dei miei interventi in un GDR che feci a suo tempo sul forum di Ogame; si trattava, in pratica, di un racconto di fantascienza scritto da più "autori" ed in continua evoluzione, nella cui stesura si facevano entrare soprattutto guerre fra i partecipanti ma anche, con un pò di fortuna, delle trame interessanti. Per quel che mi riguardava, dopo aver visto il film "The Island" mi venne un'idea per una storia che cercai di far entrare nel GDR, che qui vi ripropongo dato che mi pare meritoria di non essere subito dimenticata, e magari raddrizzata un poco.
Vi averto subito dei limiti: la trama era per forza di cose influenzata dagli eventi decisi dagli altri e talvolta potrà risultare poco comprensibile, ma cercherò appunto di tappare i buchi per quanto possibile. Inoltre è lungi dall'essere completa: per come l'avevo pensata, m'ero fermato a prima della metà, e non so se troverò il tempo per completarla qui di seguito.
Per il momento, confidando nella pazienza di tutti e nella voglia degli appassionati di fantascienza di rivivere altre avventure, ecco quanto fatto finora;
lo scenario è un "what-if" ispirato all'universo di Star Wars, anche se non ci sono cavalieri Jedi e lati della forza, né strani alieni, e sono gli unici paletti che abbiamo imposto alla fantasia: la sterminata Repubblica Galattica non è degenerata in Impero, ma è collassata in seguito ad una guerra con una coalizione di potenze esterne ed antagoniste (guerra che fu l'oggetto di un GDR precedente) che se ne sono spartite i pianeti, mentre altre regioni hanno dichiarato la propria indipendenza formando stati autonomi.
Ora l'umanità, che conta ormai decine di miliardi di individui, è divisa su base etnica fra le poche superpotenze vincitrici, alcune delle quali si ispirano alle antiche nazioni terrestri, e fra altri stati più piccoli che fanno l'oggetto dei giochi di potere delle grandi antagoniste, che pur essendo pacificate formalmente da una grande Alleanza formatasi in seguito allo smembramento della Repubblica Galattica, spesso non disegnano intralciarsi a vicenda. Alcune di queste potenze hanno adottato una sorta di monarchia costituzionale, come la nazione del mio protagonista, l'Impero del Sol Levante -che riunisce in realtà genti di ogni provenienza, anche se tutti per convenzione adottano nomi delle tradizioni orientali. C'è persino un Impero che si rifà alla Roma imperiale, buon cliente delle fabbriche d'armamenti del Sol Levante, ed una federazione di stati a base commerciale -evoluzione "democratica" della federazione dei mercanti di repubblicana memoria- chiamata Commonwealth. Poi ci sono ancora vere repubbliche, come la piccola e combattiva Repubblica Slava. E stati militaristi e dittatoriali come quello del popolo Helghast, che mantengono alta la tensione e tendono a perturbare il delicato equilibrio fra le nazioni. Il quadro non è infatti idillico: giochi di potere interni nelle grandi potenze, attriti fra nazioni per questioni economiche o di prestigio, ed un Universo dove imperversano ancora forze poco conosciute e difficili da controllare, tanto quelle della natura, ora elevate alle potenze delle stelle e dei buchi neri, quanto quelle proprie degli stessi uomini.]
:072:
*Orbita esterna del pianeta-arsenale Kure, Impero del Sol Levante.
L'Ammiraglio Tomonaga, dalla plancia di navigazione della Senkan (Corazzata) Hiei, in stazionamento in formazione con tre sue gemelle, stava facendo leggere ad alta voce al suo stato maggiore il foglio del piano operativo della sua prossima missione*
"A: I Senkan Sentai della Flotta di Hai Lung
Oggetto: verifica della space-lane KR-298-GB
Ci sono giunte notizie dal centro spionaggio di possibili attività di corsari lungo la rotta sopra indicata. Un nostro convoglio commerciale dovrà passare in zona a breve: siete incaricati della messa in sicurezza della rotta. Effettuare rastrellamento a largo raggio e distruggere unità ostili non appartenenti a nazioni conosciute.
Salpate non più tardi delle 09.00 giorno corrente, ora di Kure.
Firmato: Comando Rengo Kantai"
-Bene Signori. Gli ordini mi sembrano abbastanza chiari. Tornate alle vostre unità, ci aggiorniamo fra 35 minuti.
*I tre Capitani di Vascello si voltarono ed uscirono dal locale scuro sottintendendo un saluto. La baionetta del fucile del marinaio di picchetto si piantò scintillando nel buio mentre questo si metteva sull'attenti al loro passaggio. Tornato al silenzio elettrificato degli stumenti di navigazione, Tomonaga guardava le gemelle della Hiei allineate al suo fianco in lontananza. I torrioni altissimi sembravano, sullo sfondo nero del vuoto cosmico, una catena di monti nella bruma notturna. Quindi tornò a dedicarsi ai suoi doveri e si sincerò che i serbatoi di combustibile fossero stati rabboccati a dovere.*
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*Space-lane KR-298-GB, al largo dei territori esterni del Commonwealth
La Senkan Hiei
http://img301.imageshack.us/img301/727/mikasasp7.jpg
seguita a distanza di portata visiva dalla Haruna, sua sezionaria, pattugliava a velocità subluce quella zona di spazio lontano da tutto per cui passava una grande rotta commerciale interplanetaria.
A sinistra a 1500 Km di distanza navigavano le altre due corazzate del Sentai, la Kongo e la Kirishima, stessa rotta e stessa formazione.
Talvolta qualche mercantile di passaggio, specie quelli appartenenti agli stati dell'Alleanza, rallentava e si avvicinava per godere della protezione delle grandi navi; molti altri mandavano brevi messaggi di identificazione, accompagnati dai ringraziamenti per l'azione svolta.
Gli addetti ai sensori delle quattro Senkan passavano al setaccio ogni unità che entrasse nella portata dei loro strumenti, in cerca della minima anomalia: ci si aspettava infatti che le navi corsare fossero dei mercantili armati.
Per il momento il mattino artificiale della Hiei passava nella più completa tranquillità. L'Ammiraglio Tomonaga pertanto si concedeva una pausa nel quadrato ufficiali e sedeva, a gambe incrociate, al suo posto, davanti al disegno ad acquerello di una cascata che si perde in foreste di bambù.
Qualche altro ufficiale non in servizio si rilassava nella sala profumata, ma nessuno osava dir nulla all'Ammiraglio: erano tutti convinti che egli stesse meditando un piano d'azione o un ritrovato tecnico.
In realtà Tomonaga era in tutt'altro luogo col suo pensiero e si lasciava trasportare dolcemente dalle sue riflessioni.
La baronessa Yayoi al loro ultimo incontro era stata ancora più aperta e solare del solito: aveva perfino voluto che lui l'accompagnasse a passeggiare per i giardini del suo palazzo.
"Caro Tom..." Solo lei e gli amici più intimi avevano il diritto di poterlo chiamare con una tale storpiatura.
"...Non vorrai lasciarmi da sola in un momento così piacevole... senti le campane a vento, la brezza del golfo si è levata, andiamo a prendere fresco in giardino... ti farà bene."
"Per rispetto a tuo marito, ti dovrei dire di no", aveva detto lui in tono semiserio.
Lei era scoppiata a ridere:
"Ma via! Hai paura che si ingelosisca? Nishi rispetta me e le mie amicizie, e poi lo sa che non ha nulla da temere."
Nulla da temere? Se il barone Nishi avesse avuto, fra i suoi poteri, anche quello di leggere gli ideogrammi aerei dei pensieri, forse avrebbe dormito sonni meno tranquilli a bordo della sua superba Yamato...
Così erano usciti dai portici del palazzo, dove la foresta di piccole campanelle scosse da biglietti con preghiere suonava al vento della sera un concerto vitreo, per passeggiare al passo di lei lento e meditativo. Gli ideogrammi pettinavano l'aria affidandole con le loro mille dita le formule secolari dei buoni auspici: possa la luce regnare eterna su questo mondo....
Avrebbe voluto, e quanto! Strapparle un bacio in quel tramonto. Ma fu solo un altro esercizio di forza interiore per cancellare subito quel che restava di un sogno ch'era stato. Lui doveva difendere la virtù di lei, non profanarla.
Certe volte si diceva che il suo rivale nella sua vita aveva avuto davvero troppo: il suo parigrado Ammiraglio barone Nishi era stato primo del suo corso all'Accademia di Etajima, campione ai giochi olimpici interplanetari, ed ora era al comando della Flotta di Edo, capitale dell'Impero.
Dipendeva direttamente da lui il I Sentai di quella Flotta, quello personale dell'Imperatore, con le navi migliori del Rengo Kantai: quattro giganti dai nomi mitici, che facevano rabbrividire di gioia e meraviglia ogni loro marinaio: Yamato... Musashi... Mikasa... Fuji...
Conosceva quasi di persona l'Imperatore e si diceva che sarebbe stato lui il futuro Grande Ammiraglio al comando delle Flotte Riunite. Era di stirpe nobile, mentre Tom poteva vantare fra i suoi antenati solo alcuni mediocri ufficiali dell'Esercito Imperiale, e a parità di meriti, la nobiltà faceva ancora la differenza in un Impero.
E, per di più, aveva avuto Yayoi.
Eppure, non lo odiava. Si odia per le colpe: Nishi aveva solo avuto più fortuna di lui. Non per le olimpiadi o per il corso, a lui poco gliene importava di queste decorazioni; per essere stato al posto giusto al momento giusto. Quando la baronessa Yayoi appariva per la prima volta alla corte imperiale, Nishi era presente al ricevimento, mentre lui stava in missione su un incrociatore.
Aveva solo avuto più fortuna di lui. Non si poteva odiare nulla se non il destino.
In quel momento ricevette una chiamata dal suo primo ufficiale e si distolse dai suoi pensieri.
"Ammiraglio, i sensori passivi segnalano un'unità maggiore appena entrata nel nostro settore."
-Codifica IFF?
"In elaborazione, resti in attesa...
classificazione ottenuta, appartiene alla Commonwealth Navy"
-Bene, forse verranno anche loro a mettere in sicurezza il settore. Continuate la tracciatura passiva e tenetemi informato sulle loro manovre.
*Si alzò un pò indolenzito e tornò, dal profumo e dalla luce del quadrato, al suo vero elemento, l'oscurità acciaiosa della plancia*
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*Il radarista quando entrò nel locale, illuminato solo dagli strumenti, lo ragguagliò su rotta, posizione e distanza del contatto, mentre l'operatore radio lo informava che l'ufficiale al comando della nave aveva già inviato un messaggio e gli porse il comunicato, con un inchino. Aspettandosi di leggere parole arroganti e minacce, Tom glielò strappò di mano con malgarbo. Invece portava un gentile messaggio di benvenuto dal comandante straniero, ed un invito a bordo della loro ammiraglia, e ne rimase sorpreso, per il ricordo che aveva conservato degli uomini della Commonwealth Navy, come di gente arrogante con chiunque fosse diverso da loro: evidentemente ricordava male. Del resto si aspettava che venissero a dirgli di sgomberare la space-lane, e si era preparato ad un duello verbale. Nel deporre le armi, restò un pò incerto, ma per cominciare ricambiò il saluto*
-Inviate questo messaggio in risposta: accetto con gratitudine, sarò da voi quanto prima. Fate seguire la mia firma.
*Chiusa la faccenda, Tom fece un cenno con la mano ed un guardiamarina, senza che avesse avuto bisogno di dir nulla, andò ad eseguire i suoi ordini.
Scendendo agli hangar dove avrebbe preso il suo velivolo personale per il trasferimento -trovava che le scialuppe di rappresentanza fossero troppo lente, e si teneva allenato nel pilotaggio dei caccia, memore dei primi suoi imbarchi- Tomonaga parlava col suo collaboratore, il giovane contrammiraglio a cui avrebbe lasciato il comando del Sentai durante la sua breve assenza. Fresco d'Accademia, sapeva tutto e perfino troppo su reattori, armi e tattiche d'ingaggio. E non sapeva quasi nulla degli altri popoli dell'universo, né della vita. Tomonaga parlava volentieri con lui tanto di guerra che di vita, per colmare le sue lacune in questo campo con un pò d'amore per la riflessione*
-Lei che li ha già incontrati... come sono questi nostri alleati?
-Sono come tutti gli altri popoli conosciuti, incluso il nostro: credono che fra gli uomini esista un monopolio dell'eroismo, e sono convinti di detenerlo.
In essi questo difetto è particolarmente vistoso. Però questa convinzione gli dà un senso del dovere molto simile al nostro ed in generale, anche se sono alquanto superbi, basta esser pazienti per entrarvi in armonia.
Allora, non c'è bisogno che le ripeta tutte le direttive in caso avvistaste qualche corsaro...
-Signornò signore!! Ho preso nota di tutto, del resto sono manovre che abbiamo ripetuto in addestramento di squadra. Se ci sarà un'emergenza, conti su di me.
*Era un giovane capace e Tom sapeva che affidava la missione in buone mani. Ora sperava solo che gli alleati non sarebbero stati d'intralcio in caso d'attacco. Ecco: pure lui, senza pensarci, cascava nel difetto che aveva appena attribuito ad essi.
All'hangar, trovò il suo caccia A7M Reppu pronto al decollo; il guardiamarina cui aveva affidato l'incarico in plancia poco prima lo attendeva alla scaletta per porgergli una Katana dal fodero lucente, che avrebbe recato all'ammiraglio alleato come dono rituale.
Non avevano previsto di incontrare personalità straniere e non erano disponibili spade da cerimonia a bordo: quindi quella era stata prelevata dall'armeria ed era un'arma da guerra piuttosto che un oggetto prezioso: ma se ricordava bene il temperamento degli ufficiali della Commonwealth, l'omaggio sarebbe stato per questo ancora più gradito.
La prese, la sguainò fulmineo; la esaminò con un piccolo rituale e, una volta stabilitane la perfezione, fece un cenno d'assenso al guardiamarina e la rinfoderò, salendo sul suo caccia.
Mentre accendeva i motori, gli ufficiali presenti fecero un inchino di saluto, cui Tom rispose col gesto tipico dei piloti di marina.
Pochi minuti dopo, le ali con le Hinomaru, le insegne rosse dei velivoli del Rengo Kantai, andavano a posarsi dolcemente in un hangar della CNS Victoria, a 360 km dalla formazione imperiale*
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*Tomonaga aprì il tettuccio del suo aereo ed attese che gli avieri gli portassero la scaletta per scendere. Nel frattempo si toglieva il casco e lo deponeva; non aveva indossato la combinazione di volo, per un tragitto breve e tranquillo, e portava la sua uniforme di servizio, senza gradi né decorazioni. Finalmente poté scendere, trovò dinanzi a sé lo stato maggiore alleato in ghingheri, con le loro goffe palandrane cariche di medaglie e fasce ed altre carabattole: tutti lo guardavano con sorpresa.
"Poveretti -pensò-. Come se dovessero dimostrare sempre il loro status con quella montagan di ferraglia, piuttosto che col contegno e con l'esempio. Ma perdoniamoli, è solo una piccola debolezza di vanità."
Sorrise garbatamente e si inchinò, quindi si presentò. Sulle prime, nessuno lo avrebbe riconosciuto per un ammiraglio se non fosse stato per gli ornamenti preziosi delle sue katane. Il più alto in grado che gli stava di fronte fece un passo verso di lui salutandolo con la mano alla fronte*
-Sono l'Ammiraglio di flotta Imogen, le dò il benvenuto a bordo della Victoria. Siamo lieti che voi ci supportiate nei nostri sforzi per mettere in sicurezza queste rotte d'interesse comune.
"Bene, sotto le patacche perlomeno si cela ancora un pò di cortesia." -Null'altro che il nostro dovere, Sir. Onorato di farvi visita. "Eppure, queste maniere mi sembrano sempre così false... non fosse che sono un ufficiale imperiale, dubito che mi tratterebbero con tanto sussiego.
Sempre il cerimoniale delle visite di cortesia: sarebbe bello, una volta tanto, se ci dicessero faccia a faccia che ci odiano, e di sgomberare il campo, son certo che è questo quel che vorrebbero dirmi."
*Un'ora dopo, 1.400.000 di Km a prua della formazione
Una sezione aerea AEW (controllo aereo avanzato) con un ricognitore R3 Saiun ed una pattuglia di caccia A7M Reppu scoprì qualcosa di insolito coi suoi radar. Dal velivolo di testa decidettero di andare a controllare e lo comunicarono al centro di controllo tattico della Hiei*
"Hiei, qui Saiun 4, abbiamo preso contatto con una formazione di grossi mercantili che non risponde ai nostri interrogatori IFF, ci avviciniamo a contatto visivo per verificare"
"Ricevuto Saiun 4. Attivate il data-link coi nostri radar."
*Il contrammiraglio ed il capitano della Hiei discutevano davanti all'ologramma proiettato al centro della sala che gli raffigurava in 3d la flottiglia di mercantili in questione*
-Curioso che un convoglio assuma una formazione come quella... davvero curioso.
-Non dovrebbero stare più raggruppati?
-Apra gli occhi capitano, non lo vede? Se io avessi una squadriglia di incrociatori al mio comando, è così che la disporrei... quello non è un convoglio civile.
*Girò attorno all'ologramma esaminandolo con aria minacciosa. I suoi tacchi si posavano sul pavimento lentamente, e al capitano che lo osservava rigido sembrava di sentire tuoni di un cannoneggiamento lontano.
Nel frattempo la sezione AEW si avvicinò al convoglio e vi passò in mezzo ad alta velocità, cercando di contattarlo via radio. Dopo la seconda chiamata, mentre ancora i velivoli sfrecciavano fra le navi, uno sbarramento ECM (contromisure elettroniche) coprì tutti i canali radio e torrenti di fuoco contraereo eruppero nel vuoto. La sezione ruppe la formazione e cominciò ad evoluire per non farsi inquadrare, attivando a sua volta i propri ECM per disturbare i radar di tiro delle navi che, ora lo sapevano per certo, erano corsare. Il capitano di corvetta al comando della formazione dapprima provò a ricontattare la ammiraglia, ma la cortina di ECM era troppo potente; provò a prendere in considerazione un attacco silurante, ma il tiro delle navi era intenso e ben diretto, e decise di interrompere il contatto. Sulla Hiei, persa la trasmissione, la tensione, ancorchè contenuta, giunse al culmine*
-Abbiamo perso il contatto data-link con la sezione Saiun 4 e ricevo forti disturbi sui canali radio! ECM in funzione!
-Ci siamo, li abbiamo trovati... non volevano scoprirsi ed hanno bloccato le nostre comunicazioni...
Posti di combattimento!!! Chiamata generale a tutto il Sentai, bersagli individuati, entriamo in azione! Ufficiale alle armi, mi dia la conferma per siluri ed artiglieria principale!
Capitano, prua sul nemico, massima velocità subluce!
Avvisate la Kongo di convergere sulla zona designata per tagliar loro la via di fuga, e la Victoria che, se lo vorranno, potranno passare in testa alla nostra formazione!
*Mentre la Hiei fioriva di parabole e torri d'artiglieria che venivano portate in posizione di fuoco, questa cominciava ad accellerare seguita dalla Haruna e sopravanzando la Victoria, dove ricevettero il messaggio d'allarme con la posizione, la distanza e la composizione presunte del gruppo di navi corsare*
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La chiamata dalla Hiei giunse alla Victoria quando a bordo di questa Tomonaga stava discutendo con gli ufficiali alleati passeggiando per il corridoio dei quartieri equipaggio: un portaordini venne a porgergli il messaggio, comunicandoglielo prima a voce. Tom si rivolse ai suoi ospiti imitando la consueta cortesia:
-Signori, voi comprenderete che per l'urgenza della situazione devo tornare immediatamente a riprendere il comando dei miei uomini. Vi prego di concedermi il permesso di congedarmi. Riprenderemo i nostri colloqui non appena avremo risolto questa faccenda.
-Si figuri, comprendiamo benissimo... dovremmo solo chiedere a lei ed alla squadriglia ai suoi ordini di lasciare a noi la conduzione dell'assalto: abbiamo parecchi conti da regolare con quella gente...
Tom fremette di rabbia ma si trattenne com'era abituato a fare. Fece un inchino:
-Naturalmente, sarà come vorrete voi. Ordinerò quanto prima di lasciarvi la testa della formazione. Buona fortuna.
Corse all'hangar dove risalì in tutta fretta sul suo aereo, ed intanto che i motori si riavviavano e che finiva di prepararsi per il volo, sbolliva la rabbia:
"Conti da regolare... come se non sapessero che ogni Marina dell'Alleanza ha messo una taglia per la distruzione di quel gruppo di corsari... vogliono mettere le mani sul premio, aggiungere qualche altra medaglia per riempire lo squallore delle loro esistenze... ma chi sono io per dir questo? Forse che non avrei tenuto per me quei soldi, se avessi potuto averli?"
Appena decollato, chiamò la sua nave con la radio dell'aereo:
-Centro radio Hiei, qui è l'ammiraglio Tomonaga, codice 098 HL4... Passatemi in comunicazione il contrammiraglio.
-Subito signore!
La voce entusiasta del giovane ufficiale, metallizzata dalla trasmissione, si sostituì a quella dell'operatore radio
-Ammiraglio, li abbiamo trovati! Ho fatto mettere la prua su di loro ed ho predisposto che Kongo e Kirishima partissero per fare una manovra aggirante!
-Bene, ma riducete l'andatura: i federali nostri amici vogliono passare in testa alla formazione per essere i primi ad aprire il fuoco. Attendete il mio ritorno prima di prendere altre iniziative, sarò da voi in 4 minuti.
-Ma, signore! Noi
-Non discuta. Rallentate ed aspettatemi.
Dopo il trasferimento nei visceri della nave tramite i veloci comunicatori interni, Tom sbucò quasi non visto nel grande locale circolare che ospitava la plancia della Hiei, in alto sul torrione. Sentì subito che il contrammiraglio era anch'esso furente dal tono di voce con cui lo annunciò:
-Ammiraglio in plancia, SULL'ATTENTI!!!
Tom fece il solito segno noncurante che significava "state comodi" ed andò dal sottoposto che lo attendeva rigido presso la colonna del telegrafo dei motori, come per affrontarlo. Questo parlò per primo:
-Signore, se posso permettermi...
-No, non in queste circostanze. Posizione delle nostre unità?
-Tutte a lento moto con prora verso la posizione presunta del gruppo nemico; Kongo e Kirishima attendono l'ordine per eseguire la manovra aggirante. Non siamo ancora arrivati a portata delle nostre armi e il nemico a questa distanza non può individuarci.
-Bene, come le ho già detto lasceremo ai nostri alleati l'onore e l'onere di guidare la carica: disponiamoci in formazione a delta dietro la Victoria.
Il contrammiraglio era teso e stava in piedi sulle punte, però si voltò lentamente e scandì l'ordine necessario:
-Motori pari avanti mezza, nuova rotta: 027° - 089° [su una nave in grado di muoversi in tre dimensioni, bisogna specificare la rotta su due piani diversi, direzione ed elevazione]
Poi riavvicinò a voce bassa il superiore che guardava duramente lo spazio fuori dalle grandi vetrate, come in cerca visivamente della squadra nemica:
-Signore, lo sa già che non condivido lasciare l'onore della cattura a quegli alleati. Perché non partiamo all'assalto da soli? Che potrebbero farci loro, non certo spararci!
Tom non si voltò e gli parlò senza guardarlo:
-Lo so, ma è indegno di un vero soldato correre verso un pericolo ignoto solo per accaparrarsi una preda ritenuta facile. Non metterò a rischio le mie navi ed i miei uomini per soddisfare le nostre vanità.
Dieci minuti dopo, la formazione era completa, Victoria in testa, Hiei ed Haruna dietro di lei ed ai suoi lati; le navi erano in rotta convergente verso il nemico e nel frattempo Kongo e Kirishima erano partite per un salto iperspaziale che le avrebbe portate a sbucare dietro il gruppo nemico, per impedirgli le vie di fuga. Sulla Hiei, leggermente più avanti della sua gemella, i rapporti dei servizi di bordo cominciavano ad arrivare in plancia a ritmo incalzante con l'avvicinarsi della distanza utile d'ingaggio
-Servizio torpedini: arriviamo a portata dei nostri siluri Long Lance, pronti al lancio al vostro ordine.
-Artiglieria principale, risoluzioni di tiro via radar in via d'acquisizione, stimiamo pronti al tiro in... 3 minuti!
-Sensori passivi, riceviamo impulsi dei radar di tiro nemici ed intenso traffico radio... copertura ECM cessata.
Il contrammiraglio si rivolse a Tom:
-Signore, possiamo lanciare una salva di Long Lance? Non abbiamo i bersagli acquisiti, ma potremmo affidarci all'autoguida dei siluri.
-Affermativo, meglio lanciare subito, potrebbero ritirarsi appena si renderanno conto di chi siamo davvero... Lanciare 30!
L'ufficiale alla consolle dei tubi lanciasiluri avviò la procedura per il lancio simultaneo di tutti i siluri disponibili: avrebbero diretto verso la direzione generale del nemico per poi puntare i loro bersagli con i propri sensori. Dopo il conto alla rovescia la prua della nave venne avvolta nella fiammata generata dai boosters delle armi che lasciavano i tubi, e lembi di fiamme carezzarono lo scafo in tutta la sua lunghezza; pochi istanti dopo sulla Haruna fecero lo stesso e dalla plancia videro il suo scafo a daga e la torre montagnosa del suo torrione illuminate spettralmente da un bagliore arancione.
Ma meno di un minuto dopo, mentre la salva lanciata dalle navi imperiali non era nemmeno a metà del suo percorso verso il bersaglio, da bordo di queste videro che anche la Victoria veniva avvolta disordinatamente da globi di fuoco. Una voce, forse del capitano, si levò nel silenzio della plancia:
-Ma che fanno, lanciano siluri anche loro? E da dove diavolo li lanciano?
Un timore a lungo covato nella mente di Tom prese allora forma. Spalancò gli occhi e vide pezzi dello scafo della nave alleata proiettati nel vuoto da quelle esplosioni: non erano lanci di siluri, né tiri d'artiglieria. Capì allora che gli restavano pochi secondi per agire.
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Alzò la voce ad un tono che nessuno gli aveva mai sentito:
-SILURI!!! Manovra evasiva!!!
Il contrammiraglio ebbe un sussulto, ma non tardò un istante a dare gli ordini necessari: -Tutta la barra a sinistra, timoni a scendere!!! Spegnere tutti i radar!!!
Mentre il grande scafo, sotto la spinta dei thrusters direzionali a piena potenza, cominciava ad evoluire cambiando rotta, dalla Hiei segnalarono alla Haruna l'incombente pericolo ed anch'essa cominciò a virare. Spegnere i radar serviva a fare in modo che i sensori passivi dei siluri nemici perdessero le emissioni che li guidavano sui bersagli, ma poco si poteva fare per disturbare i loro rilevatori di radiazioni che avrebbero comunque continuato a funzionare. Manovrare poteva servire ad evitare alcuni tipi di vecchi siluri, ma non quelli che Tom temeva gli avessero lanciato contro. Serrava con forza disperata il mancorrente attendendo che succedesse qualcosa, e anche se nel riflesso del cristallo non si vedeva, si rendeva conto di avere uno sguardo spiritato. Da quando aveva dato l'allarme non erano passati che 10 secondi. Gli artiglieri dei sistemi di difesa di punto sondavano lo spazio in cerca degli ordigni, e dopo pochi altri istanti il tenente a capo del servizio esclamò dalla sua postazione al fondo della plancia: -Trovati!!! Individuo scie deboli di radiazioni, circa 10 armi, rilevamento 016° - 340°!! Attivo reazione automatica!!!
L'unica speranza per la nave era ora quella che il fuoco di sbarramento di tutti i suoi cannoni contraerei, puntati nella direzione delle tracce dei siluri in arrivo, invisibili agli altri sensori di bordo, fosse abbastanza intenso da creare un muro non oltrepassabile; tutto il lato sinistro della Hiei si accese di punti di fuoco e dalla plancia si vide l'inconsueto -ed angoscioso- spettacolo del nero intrecciato da tratteggi luminosi in una rete azzurra di colpi di laser. Ora si trattava solo di sperare che le maglie della rete fossero abbastanza strette. Nessuno diceva più una parola.
Una prima cometa venne a nascere lontano, dove già i tratti sembravano incontrarsi e perdersi nel vuoto: un siluro colpito la cui testata cominciava a bruciare. Poi altri, più vicini, Tom non riuscì a contarli nel marasma di fiamme e luce. La salva era molto concentrata e l'esplosione dei primi tre siluri coinvolse anche gli altri, creando qualcosa di simile ad un'eruzione solare: così vide con orrore l'orizzonte intero avvampare ed un'onda di fuoco avvolgere la nave -scena surreale, tantopiù che non giunse a loro nessun suono fin quando lo tsunami non si abbatté su di loro, facendogli pervenire il tuono attraverso il metallo dello scafo.
Istintivamente Tom si riparò sotto il parapetto della plancia, dimenticando che il cristallo davanti a lui era corazzato: ma il pavimento cominciò a vibrare e tutti sentirono la violenta variazione di spinta causata dall'onda d'urto. Non visto da nessuno, la testata ancora integra dell'ultimo siluro trovò il suo bersaglio proprio a centronave, sulla faccia inferiore dello scafo, esplodendo contro una torre di grosso calibro, strappandola via dai suoi supporti. L'effetto che Tom ne avvertì fu un sussulto che lo sollevò da terra facendolo cadere. Ma erano effetti che aveva già conosciuto in passato, dopotutto. Quando il tremore cessò, si rialzò e, prima che all'esterno, gettò un'occhiata sui suoi uomini. Sentì subito la voce del capitano che ordinava a tutte le stazioni di riferire i danni. Gli ufficiali, tutti alla loro prima azione di guerra, erano scossi: però non vedeva segni preoccupanti di cedimento, solo sguardi impauriti. Il contrammiraglio lo guardava aspettando ordini. Guardò fuori per apprezzare visivamente la situazione: lo scafo da grigio era diventato nero e coperto da una cascata di fili di fumo, ma non sembravano esserci veri danni. Solo allora arrivò la voce agli altoparlanti che aveva in sottofondo altre voci più concitate: -Controllo, da centrale artiglieria principale, sembra che abbiamo perso la torre Gamma! La sua virola è inagibile e c'è un incendio nei locali adiacenti!
Non ebbe bisogno di dire al capitano cosa fare, già ordinava alle squadre di soccorso di recarsi sul posto per domare l'incendio; in compenso suggerì al timoniere di riprendere la rotta precedente, dato che non si erano più stabilizzati dopo l'inizio della manovra evasiva ed avevano ormai cominciato a descrivere dei circoli discendenti. Quindi chiese al centro radio di chiamare la Haruna e di farsi riferire cosa fosse successo a loro, mentre andava ad una delle consolles dei sistemi di sorveglianza optronici per prendersi una vista più completa dell'esterno. Sopra di loro, verso poppa, c'era la Victoria, immobilizzata e chiazzata di incendi; un pò più indietro, trovò la Haruna, in rotta ed apparentemente intatta.
Il loro rapporto arrivò mentre ricominciavano ad accellerare verso la posizione de nemico: non avevano ricevuto danni, i siluri a loro destinati avevano apparentemente puntato tutti verso la Victoria che, ignara del pericolo, non aveva spento i suoi radar.
Nel frattempo però anche i siluri delle navi imperiali avevano raggiunto la formazione corsara; quando sulla Hiei i radaristi riattivarono i radar e diedero la prima spazzata a giro d'orizzonte, trovarono almeno 19 tracce in meno sui loro schermi. Videro però anche che, come Tom aveva previsto, quelli avevano invertito la rotta e cercavano di scampare. Ma la Kongo e la Kirishima convergevano sul punto e stavano per sbucare dall'iperspazio proprio davanti ai fuggitivi.
Ora la Hiei correva annerita e si lasciava dietro un leggero strascico di fumo, che sgorgava più denso dalla ferita aperta nel suo ventre: ma la prova subita aveva finito per dare all'equipaggio, dopo l'istante di paura, voglia di vendetta e combattività. Si diceva che l'incendio nei locali adiacenti alla torre Gamma fosse già stato domato. Tom fece chiamare la Victoria, ormai lontana dietro di loro, per sapere in che condizioni fossero e cosa potessero fare per assisterli: gli alleati risposero che se la stavano cavando coi mezzi di bordo, che avevano avuto poche perdite e che presto avrebbero tentato di rimettere in moto per riprendere l'azione. Dal suo apprezzamento visivo, ed anche dal disturbo che sentiva sulla trasmissione, Tom giudicava invece che fossero vicini alla catastrofe, ma forse quelli non volevano subire l'umiliazione di ricevere supporto da loro e decise che avrebbe distaccato la Haruna per soccorrerli solo se glielo avessero chiesto espressamente.
Tornata una calma apparente a bordo, il contrammiraglio rivolse di nuovo la parola al suo superiore:
-Signore, ci sono alcune cose che non capisco... perché quei siluri non li abbiamo individuati sui nostri radar? Da quando in qua i corsari dispongono di siluri così potenti... e poi, perché non sono ancora partiti per il salto nell'iperspazio?
-All'ultima domanda posso risponderle subito: penso abbiano lasciato un campo di mine e stiano tentando di portarci là dentro per concludere l'opera... eviteremo con cura la zona della loro precedente posizione... quanto ai siluri, vorrei averle anch'io le risposte che cerca...
In quei momenti, Kongo e Kirishima rallentavano fino alla velocità di crociera subluce trovandosi 14000 Km a prua della formazione corsara, traversati alla loro rotta. Subito le due navi passarono dalla formazione di navigazione a quella di combattimento, virarono mettendo la prua sul nemico e cominciarono ad acquisire i bersagli per il loro armamento principale.
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Sulla Hiei ricevettero la chiamata dalla Kongo del capitano di vascello Sindh, comandante della seconda sezione, che si apprestava ad entrare in azione:
-Ammiraglio Tomonaga, abbiamo il nemico a portata, fra pochi istanti andremo al tiro!
Tom lo mise in guardia dai pericoli che correvano: -Capitano Sindh, quel gruppo di navi corsare è meglio preparato di quanto credessimo: faccia spegnere immediatamente tutti i radar delle sue navi, quelli hanno dei siluri a guida passiva molto efficaci, e passate alla direzione del tiro ottica!
-Sissignore, eseguo!!
Ci fu una pausa mentre Sindh dava le predisposizioni necessarie, poi si fece risentire più gagliardo di prima:
-Ammiraglio, apriamo il fuoco in questo istante!! PER LO SHOGUN!!!
Prima che ricadesse la comunicazione, sulla Hiei fecero in tempo a sentire il rombo attutito e cupo dei cannoni della Kongo. Dopo aver ascoltato la voce entusiasta di Sindh, quel rumore profondo diede a Tom un leggero senso di morte, e rabbrividì.
Il giovane contrammiraglio ne fu invece galvanizzato, e battè un pugno nel palmo della mano:
-Quella sì che era una bella musica! E' fatta, non ci scappano più!!
Tom riprese inconsciamente a dargli del tu e a chiamarlo per nome a bassa voce, ma i suoi pensieri e quello che gli disse erano su rotte molto differenti:
"Tu non hai mai guardato la guerra nel profondo dei suoi occhi rossi, e ti perdono per aver gioito di un atto di morte: anche se del nostro nemico, non benedirla mai. L'orrore di vere battaglie ti educherà, quando avrai sentito la vita di un uomo, toltagli dalle tue mani, sfuggirti fra le mani."
-Uwai, il tuo entusiasmo è fuori luogo: la manovra è ben congegnata ed è il meglio che potessimo fare, ma per bloccare 40 unità, una sezione di due corazzate non basta: ci sarebbe voluta un'intera squadra da battaglia.
Prevedo che buona parte delle unità nemiche ci sfuggirà lo stesso, noi ancora non siamo a portata di tiro e il capitano Sindh avrà solo il tempo per 3 o 4 salve. Dopodiché quelli saranno già saltati nell'iperspazio.
Fece cenno che riaprissero la comunicazione con la Kongo: il rumore della battaglia, cannonate e voci concitate, ricominciò a scorrere per la plancia della Hiei.
-Capitano Sindh!
Questo aveva finito di urlare una correzione di rotta al timoniere:
-Comandi!!!
-Se possibile, vorrei che riusciste a catturare almeno un'unità nemica in buone condizioni.
-Le porterò la sua nave, signore!!
E ricadde il silenzio. Tom adesso poteva solo sperare che i suoi uomini della seconda sezione se la cavassero.
Kongo e Kirishima combattevano affiancate e si avvicinavano con grande rapidità al gruppo nemico, data l'immensa velocità relativa. Avevano già distrutto coi loro cannoni elettromagnetici di nuovo modello una decina di navi, ma le altre caricavano ostinatamente; Sindh si aspettava che avrebbero puntato verso un piano di navigazione diverso dal loro per il salto nell'iperspazio, dato che sicuramente stavano cercando di sganciarsi, vista la situazione: invece continuavano a venirgli incontro. Anzi, si arrischiavano persino a rispondere al fuoco: i primi colpi di laser in arrivo cominciavano a venire assorbiti dal blindaggio dello scafo, e le due corazzate dovettero dare potenza alle scudature attive, sottraendo energia all'armamento principale, che non poté più sparare al massimo della sua cadenza di tiro.
Inoltre, viste di prua le navi corsare presentavano un bersaglio minimo agli occhi dei telemetristi delle corazzate, che spesso fallivano nel collimarle, e molti colpi andavano a vuoto. Per la disperazione di Sindh, si disposero persino in una formazione serrata in colonna, cosicché ora solo le unità di testa erano esposte al suo fuoco. Una grossa nave venne disintegrata da una salva della Kongo: e le altre passarono con noncuranza nella sfera di fiamme e plasma incandescente continuando la corsa.
Sopraffatto dalla rabbia e dal senso di impotenza, il comandante della Kirishima diede l'ordine di riconvogliare tutta la potenza alle armi, disattivando gli scudi. La corazzata riuscì a far saltare in aria due delle navi prese di mira, ma quando gli artiglieri dei corsari superstiti si resero conto che i loro colpi non venivano respinti dai suoi scudi, concentrarono il fuoco su di lei. Una salva di laser pesanti le asportò la pinna prodiera, tutte le zone non protette dello scafo vennero devastate dai colpi. Riducendosi la distanza, entrarono in azione anche le armi contraeree, lo spazio fra le navi si saturò di laser. Ed intanto il gruppo si preparava ad una manovra disperata: passare in mezzo alle due corazzate e completare il salto nell'iperspazio.
Il comandante della Kirishima se ne accorse: vide la sua nave martoriata e la disperazione gli fece dare un'ordine estremo:
-Tutta la barra a dritta, timoni a salire!!
L'ufficiale in seconda non volle credere a quanto sentito: chiese conferma sperando di aver capito male: -Come ha detto, signore?
Per mostrare che faceva sul serio, ma anche per rabbia, il comandante sguainò la sua katana ed urlò furiosamente:
-TUTTO A DRITTA!!! SPERONIAMO!!!
Il secondo guardò il timoniere che ricambiò il suo sguardo esterefatto: ma sentiva la luce della lama del comandante e ratificò l'ordine, sperando che dalla Kongo capissero cosa avevano intenzione di fare e si scostassero in tempo; disse con voce incerta ed alta: -Timoniere... tutto a dritta...sa... salire 43°!
Restavano ancora 12 navi del gruppo corsaro, e tutte diressero per infilarsi nello spazio che stava riducendosi fra le due corazzate. Subito Sindh non si accorse a vista che la Kirishima cominciava a virare: ma vide sfilargli a fianco le navi nemiche, abbastanza vicino da riconoscere i dettagli degli scafi punteggiati dai colpi dei laser contraerei che le colpivano, e vide la prua affilata della Kirishima entrare, a rallentatore come in un sogno, nella carena dell'ultima di esse, che scorse piegarsi, spaccarsi in due, ed il troncone di poppa esplodere coinvolgendo nella sua rovina anche la prua della Kirishima; inorridito dalla vista, perse secondi preziosi e non si rese conto che ora era in rotta di collisione col coltello cosparso di plasma rovente che era diventato la prora della sua sezionaria. Si scosse:
-ALLARME COLLISIONE!!! A DRITTA, A SALIRE!!!
Accentuò con gesti violenti il suo ordine e il timoniere fu rapido a tirare e ruotare il volantino che governava la nave; il suono stridente della sirena dell'allarme fece balzare il cuore in gola a tutti, e chi stava in piedi si affrettò ad afferrarsi al sostegno più vicino. Ma gli artiglieri continuavano nel loro lavoro e con un colpo di laser pesante che andò a scomparire nei coni di scarico dei reattori dell'ultima nave corsara della colonna, immobilizzarono la preda richiesta dall'ammiraglio.
Sindh non se ne rallegrò subito: stava guardando su uno schermo l'antenna sommitale del torrione della Kirishima che veniva asportata nell'urto contro la carena della sua Kongo. E intanto a poppa le poche navi superstiti scomparivano nell'iperspazio.
Il pericolo di un secondo speronamento era stato scongiurato; ma l'ammiraglio non sarebbe stato molto soddisfatto della condotta della Kirishima. La sua prua era un groviglio di rovine e lo scafo era chiazzato di crateri neri e fumanti. Sindh avrebbe voluto chiamare subito il suo sottoposto che la comandava, ma pensò che le furie dell'ammiraglio sarebbero già state una punizione sufficiente. Almeno la sua Kongo, per fortuna, era intatta.
La portò ad affiancarsi alla nave corsara immobilizzata, puntandogli contro le artiglierie ed intimandogli la resa immediata chiamandoli su un canale radio in chiaro. La risposta non tardò: la voce raschiante di un uomo disse che avevano civili a bordo in ostaggio e chiese libertà per il suo equipaggio, ma Sindh fu inflessibile e ribadì le sue condizioni: resa immediata, garantendo loro salva la vita, o distruzione.
Mentre attendeva risposta, comunicò all'ammiraglio l'esito dell'azione ed ordinò alla squadra d'abbordaggio degli incursori di marina che aveva a bordo di prepararsi a prendere possesso della nave corsara.
-
Giunto sul posto con la sua sezione, Tomonaga ci rimase molto male nel vedere la Kirishima crivellata di colpi, anche se lo avevano avvisato e a bordo non c'era stata nessuna perdita. Quella sarebbe stata una grave macchia per il Sentai. E doveva essere lui a renderne conto al Grand'Ammiraglio Nagumo, il suo capo di stato maggiore. La Hiei con una torre letteralmente divelta e morti e feriti fra l'equipaggio, la Kirishima sfigurata, e il gruppo corsaro non era stato annientato: la missione s'era risolta in un miserabile fallimento ed i suoi avversari ne avrebbero approfittato per metterlo in cattiva luce.
Sentì avvampare un conato d'odio per quei criminali e per quell'imbecille del comandante della Kirishima che s'era esposto così. Gli venne caldo e si sentì soffocare, decise di cambiare aria. Chiese brusco all'operatore radio:
-La nave nemica è stata messa in sicurezza?
-Invio richiesta alla Kongo... attenda un istante.
Signorsì, signore, le squadre d'abbordaggio hanno bonificato l'unità.
-Vado a bordo a prendermi una vista. Uwai, pensa lei ad organizzare tutto il resto?
Anche il giovane s'era come assopito in una contemplazione costernata della Kirishima che fumava come acqua al gelo. Si scosse, rivestito di colpo della sua importanza, e ripassò i compiti da svolgere:
-Signorsì: mandare fuori le squadre SAR per cercare sopravvissuti del nemico, organizzare il rimorchio della preda, chiamare un nostro trasporto per prendere in consegna i prigionieri, rimettere le nostre unità in condizione di navigare... dimentico nulla?
-Sì, cercare un porto alleato dove poter riparare le avarie più importanti prima di rientrare ad Hai Lung.
-Ci avevo già pensato: siamo a poca distanza dal pianeta Camden, potremmo...
-No, niente Commonwealth: mi par di capire che non siamo i benvenuti e se loro non vogliono il nostro aiuto, noi non chiederemo il loro. Speravo lei mi parlasse di Novaya Zemliya.
-Traccio subito una rotta eventuale, signore. Ed avviserò il suo amico Governatore Demitchev!
-Siamo d'accordo.
Il capitano venne ad avvisare Tom che la scialuppa era pronta per portarlo sulla nave catturata.
Il ponte lance della Hiei brulicava di attività, dato che tutte le scialuppe della nave stavano venendo inviate in esplorazione per recuperare eventuali naufraghi. Staccatasi la piccola navicella dalla trincea che la ospitava nella nave, Tom si affacciò all'oblò per guardare meglio dall'esterno il danno che il siluro nemico aveva causato. Dove prima c'era la torre ventrale di grosso calibro, la quarta da prua, ora c'era quel che sembrava il cratere di un vulcano spento. Solo un'arma di una potenza straordinaria avrebbe potuto fare quello. Uscito dall'ombra fumosa sotto lo scafo, la luce della stella vicina lo investì, e vide che anche lo spazio attorno era sofferente: puntini chiari lo costellavano, i detriti che erano tutto quel che restava delle navi che avevano fatto saltare in aria. Il pilota della scialuppa doveva virare ogni tanto per evitare i più voluminosi e Tom si sorprese a fare il macabro gioco dell'immaginare che parte di nave fossero stati.
La nave nemica, lo vide quando il pilota ci fece il giro attorno prima di atterrare nel suo hangar, era senz'ombra di dubbio un vecchio incrociatore corsaro del Rengo Kantai, la marina imperiale. Era segnato dal combattimento, con alcune varianti alle sovrastrutture, ma Tom riconobbe senza fallo lo scafo di un classe Asahi Maru.
Gli incrociatori corsari erano navi da carico che erano state convertite in unità da guerra durante i momenti più critici della grande lotta contro la Repubblica Galattica di quindici anni prima, quindi affittate alla VMF, la marina della Repubblica Slava che, in disperata inferiorità, era in cerca di ogni mezzo per poter ledere al suo potente nemico. Quei cargo, armati con cannoni di media potenza, lanciasiluri e mine, camuffati da trasporti della Galattica erano inviati lungo le loro rotte per attaccare a sorpresa i convogli nemici, o minare le rotte di accesso ai pianeti. Avevano allora avuto un grande successo e diedero un contributo sostanziale alla vittoria, per essere poi restituiti al Rengo Kantai che, giudicando antieconomico riconvertirli, li aveva messi in riserva, facendoli stazionare in orbita passiva al largo di pianeti dove la marina aveva solidi presidi. Erano ancora buone navi e Tom si chiedeva come un gruppo di criminali avesse potuto impossessarsene, dato che i suoi colleghi erano soliti vegliare attentamente sulle navi poste in riserva. Tuttavia pensò che una squadra ben organizzata avrebbe potuto farlo senza molta difficoltà, accodandosi a qualche convoglio per fuggire.
Nell'hangar c'erano drappelli di incursori di marina che sorvegliavano, armi spianate, i prigionieri, in attesa che altre scialuppe venissero a prelevarli. Ricambiato il saluto del tenentino che li comandava, Tom si fermò un istante a guardarli e non seppe farsi un'idea della loro possibile provenienza.
Un maggiore degli incursori, più alto di lui, tarchiato e che teneva ancora la baionetta innestata sul suo fucile d'assalto, venne a presentarsi per condurlo a fare il giro della nave: gli disse che aveva provvisoriamente "preso il controllo della baracca" e che avevano già cercato eventuali bombe nascoste. Tom chiese di essere portato per prima cosa alla camera lancio siluri.
Sulle rotaie per la ricarica dei tubi nell'antro scuro, illuminato solo dai riverberi degi schermi dei pannelli di controllo, c'era quel che ormai era certo di trovarci: un corpo fusiforme nero d'una decina di metri di lunghezza per due di diametro, ed avvicinatosi lesse la scritta sulla testata: "Rengo Kantai Type 91 Long Lance torpedo".
Il Long Lance era il più avanzato siluro della marina imperiale, ed era stato messo in servizio solo un anno prima. Concepito per essere l'arma risolutiva contro le corazzate, era prodotto solo da poche industrie della difesa, strettamente controllate dall'impero, e non ne erano permessi né la vendita all'estero, come accadeva invece con le loro armi meno recenti, né la cessione delle licenze di produzione. Trovarne uno lì, su quella nave corsara, gli dava la conferma a quel che sospettava da tempo: che qualcuno nella sua marina s'era venduto. E doveva essere qualcuno d'altolocato, se oltre alle loro navi riusciva a far avere ai gruppi criminali anche le loro armi più moderne; un alto ufficiale, un ispettore generale, o una collusione di corrotti.
Nel locale mal ventilato ristagnava l'odore funereo del propellente dei razzi del Long Lance, e Tom sudava copiosamente mentre pensava a chi avrebbe dovuto riferire quanto scoperto. Di colpo si ricordò della baionetta che luccicava dietro di lui, ed ebbe d'istinto paura, serrando inconsciamente la destra sull'impugnatura della sua katana.
Il maggiore, sicario per un istante nella mente di Tom, se ne accorse:
-Ammiraglio, tutto in regola?
-Sì... sì. Ero distratto. Faccia strada.
-
Riuscì infine ad uscirne vivo da quella nave. La sua immaginazione lavorava troppo fervidamente, e forse, ora che tornava alla Hiei ci pensava, quei siluri erano stati trafugati, non venduti.
Non poteva proprio concepire che un altro ufficiale od un funzionario imperiale, che come lui aveva giurato di fronte allo Shogun di servire lui ed il suo popolo, si fosse potuto far corrompere. Impossibile.
Intanto però il germe del sospetto restava; un'indagine andava avviata, ed intanto avrebbe dovuto mandare al quartier generale un rapporto dell'azione appena svolta. Se il rapporto fosse finito nelle mani della persona sbagliata...
Doveva difendere le prove.
Le sue unità stavano rimettendo ordine sul campo di battaglia: le scialuppe rientrate dopo aver compiuto la loro missione umanitaria, navette cacciamine andavano alla ricerca delle mine che si credeva fossero state posate dai corsari, le Senkan invece, sistematesi in formazione di stazionamento, tiravano colpi di laser sui relitti più voluminosi che avrebbero potuto costituire pericoli per la navigazione. Ogni tanto qualche frattaglia di nave si vaporizzava in una vampa bianca a forma di soffione, che restava a lungo impressa nello sguardo di Tom.
"Quale sepoltura per quegli uomini? Erano criminali ed hanno voluto uccidermi, ma questo... nessuno li ricorderà, chi vorrà ricordarli non avrà nemmeno le loro ceneri, dovrà venire in questi luoghi cercando di sentire l'eco del loro ultimo grido che nel vuoto non trova nulla contro cui rifrangersi... gli atomi dei loro corpi non rientreranno neppure nel circolo della vita, dispersi nello spazio sterile... che il vento solare li porti verso pianeti felici, almeno questo.
Questo è il prezzo per le uniformi nere dal crisantemo di platino che tutti ci invidiano. Dobbiamo accettare di morire in assoluto, noi che viaggiamo e combattiamo in questo vuoto di morte fra le stelle, fonte prima di vita, dove non esiste la notte eppure tutto è nero."
Sbarcato al ponte lance della Hiei, il contrammiraglio Uwai lo attendeva per sommergerlo con un'ondata di rapporti su tutto quello che aveva disposto, chi aveva chiamato, le risposte, le rotte per Novaya Zemliya, e quant'altro.
Tom ascoltava senza esserci, si incamminò per l'ospedale di bordo, Uwai senza sapere perché e senza far domande lo seguì. Si tacque quando entrarono nei locali sterili e dal biancore accecante dell'ospedale. Sotto il profumo d'aria disinfettata e climatizzata si sentiva un tenue e fastidioso odore di carne bruciata, che mise nel giovane un certo disagio, mentre l'ammiraglio non dava segni di incertezze.
-Se permette la aspetto qui in anticamera, ammiraglio...
-Tu vieni con me- Il suo tono non ammetteva repliche.
Tom andò a salutare i feriti più lievi, ancora coscienti, e scambiò con loro poche parole di conforto, ben sapendo quanto un elogio dell'ammiraglio potesse far loro piacere: tutti infatti sorridevano con gratitudine. Uwai restava dietro la sua spalla e Tom capiva che doveva aver paura di qualcosa. Quindi decise di portarlo con sé nel reparto di terapia intensiva.
C'erano ricoverati i feriti più gravi ed i molti ustionati, perfino qualche mutilato, e l'odore di bruciato proveniva da dietro la soglia delle sale operatorie. Gli ustionati, sotto sedativo, avevano la pelle distorta e tumefatta nelle forme più orribili e grottesche: anche se sapeva che non soffrivano, e che gli arti amputati sarebbero stati reimpiantati, Uwai sentì un disagio ben concreto, ma restò con l'ammiraglio per tutto il tempo che questo ritenne necessario passare in quella esposizione di orrori. Era sicuro che l'avesse fatto apposta.
Tom era rimasto sereno durante tutta la visita. Non disse nulla finché non ebbe portato Uwai alla plancia secondaria per la navigazione a vela, in cima all'alto torrione, che era ospitata da una grande cupola di metacristalli corazzata. Il locale non era presidiato e dava una vista quasi senza limiti di visuale sullo spazio circostante e le esplosioni saltuarie che ancora avvenivano in lontananza, dove parti di nave venivano fatte saltare assieme ai cadaveri che potevano ancora contenere. Le tre altre città naviganti stavano dietro di loro, immobili e leggermente minacciose.
-Dopo questo, Uwai, dovresti aver capito qualcosa in più.
Il giovane non rispose. S'era seduto ad un cannocchiale di puntamento e guardava il pavimento sintetico, anziché la volta trasparente. L'ammiraglio fece a passi molto lenti il giro completo della cupola leggendo gli ideogrammi del motto della nave che erano scritti in smalto blu sulla cintura di metallo brillante su cui si ancorava. Ritornò al cospetto dell'allievo.
-Ora penso che la tua formazione sia completa, che tu sia davvero maturo per il comando. Non lo puoi essere finché non hai visto quel che sui manuali dell'Accademia non scriveranno mai. Finché non hai davvero capito che quelli che comandi, che mandi a morire o che uccidi sono uomini, non macchine, e che ogni uomo è un universo irripetibile in sé. Che la paura del dolore, che sentivi profondamente, devi cercare di vincerla. E che non c'è gloria in quel che facciamo.
Uwai era ancora nauseato da quanto aveva visto e sentito e credeva che quell'odore atroce non sarebbe mai più uscito dalle sue narici. Divenne volutamente provocatore:
-E allora perché lo dovremmo fare?
-Necessario alla nostra sopravvivenza ed alla nostra libertà. L'orrore fa parte del nostro compito indispensabile. Ma forse ora capisci perché le medaglie me le tengo nascoste, invece di portarle: non farebbero altro che ricordarmi quanti esseri umani ho dovuto uccidere, e quanti sono morti fra i miei compagni.
Non volevo che tu avessi dubbi così profondi: volevo solo che tu imparassi a non gioire della morte altrui. Ora che hai visto il dolore in faccia sei pronto a portare altri uomini in battaglia.
Non c'era illuminazione esterna sulle quattro navi, ancora in assetto di guerra: erano quindi tenuamente dipinte solo dalla luminescenza arancione della stella vicina e parevano inerti e senza vita, non fosse stato per i getti di luce polarizzata che ogni tanto eruttavano. Si andava a cambiare il turno, essendo che quello in servizio era di guardia da otto ore; Tom pensò che ora anche loro potevano concedersi un pò di riposo:
-Dormici sopra, quella nausea che senti sparirà, ed al risveglio sarà rimasta solo la tua nuova consapevolezza.
-
Tomonaga aveva congedato il sottoposto, ma lui non sentiva ancora stanchezza, malgrado lo stress della battaglia. Le emozioni erano state tante e troppo intense, paura di morire, odio, sorpresa per quanto aveva visto, pietà. Prima di ritirarsi ai suoi quartieri voleva rimettere un pò d'ordine dentro di sé, ma non poteva farlo lì sotto la cupola aperta alla vista del cosmo; quello era il suo luogo per i momenti piacevoli, ora voleva stare solo, al chiuso, al buio, per distrarsi. Scese quindi a rinchiudersi nel piccolo ed angusto locale della timoneria d'emergenza, in profondità nel cuore della nave, ulteriormente protetto da pareti corazzate.
La protezione delle Senkan Classe Nagato era concepita per poter resistere alle salve concentrate di almeno due unità pariclasse: difatti, i progettisti le avevano sacrificato il parametro ritenuto meno necessario, la velocità massima.
"Nella progettazione di unità navali da combattimento, protezione, armamento e velocità dovrebbero sempre essere in armonico equilibrio: piccoli squilibri sarebbero ammessi a seconda delle esigenze del committente ma il buon ingegnere avrà cura di non privilegiare troppo due di questi parametri a scapito del terzo.
E' infatti notorio che le leggi stesse della fisica stabiliscono che è illusorio, a parità di dislocamento, raggiungere il massimo possibile dei tre parametri nello stesso progetto: navi molto armate e molto protette saranno pesanti e poco veloci, bene armate e sprotette potranno essere veloci, veloci e protette dovranno essere meno armate.
Bisogna quindi portare questi valori a livelli uniformi perchè le unità siano ben bilanciate, a meno che non si vogliano rivedere al rialzo le caratteristiche del progetto od ottenere vascelli con specificità proprie."
Tom recitava a memoria il paragrafo introduttivo del suo vecchissimo manuale di ingegneria navale mentre percorreva la circonferenza della parete interna della cittadella corazzata.
Le Classe Nagato, di cui la Hiei faceva parte, proteggevano la sovranità imperiale da già una decina d'anni, ma erano appena a metà della loro vita operativa prevista. Spina dorsale delle squadre da battaglia del Rengo Kantai, Tom le apprezzava soprattutto per la loro robustezza. Erano lente rispette agli standard più attuali, ma poco gli importava a lui, che non aveva mai fretta.
Talvolta anzi faceva perfino spiegare le vele solari della propulsione ausiliaria per i pattugliamenti a lento moto: giusto per lo spettacolo dei grandi pannelli neri e lucenti che facevano sembrare le sue navi quei draghi tanto cari alla loro mitologia, e per il gusto di navigare sulle ali della luce, ad un ritmo sconosciuto ai più.
Ora passava il dorso della mano sul metallo tiepido e massiccio che avrebbe potuto proteggere la nave ed i suoi occupanti dalla potenza di un'eruzione solare. Il rivestimento era detto a prova di qualsiasi forma d'energia, entro certe grandezze beninteso...
Allora, visto che i suoi ricordi traversavano senza difficoltà quelle difese inespugnabili e gli spazi sconfinati, ne dedusse che la potenza del suo pensiero fosse in tangenza con l'infinito...
Inutile aumentare le distanze seguendo le correnti di fotoni, inutile rifugiarsi dietro gli schermi antiradiazione, immagini di momenti più felici lo richiamavano dietro di sè.
Il fardello del ricordo e del rimpianto futuri era il prezzo da pagare per la felicità istantanea: e il peggio era che già in quei momenti sentiva la nostalgia che ne avrebbe sentito, impedendogli di fatto di essere completamente sereno.
Mai come quando era in pace, in quel palazzo ad Edo, sentiva con amarezza lo scorrere del tempo. Ed il silenzio, che tanto amava quando stava all'imbarco, gli pareva in compagnia di lei uno spreco, un crimine.
Perchè taceva, con tutti i mondi che avrebbe dovuto dirle?
Lei comprendeva qualcosa che solo essa sapeva; chissà come interpretava quel suo mutismo che lui si sforzava a tutti i costi di rompere, forse come profondità di riflessioni, forse come pace assoluta: di sicuro, giunta al limite invalicabile dell'imbarazzo essa riprendeva il discorso innocente su fili fragili e di poco peso, con la sua ventata di vita.
Lei poteva anche parlare di cucina e di beghe con la servitù di palazzo, delle stupidaggini più insulse e meno interessanti, poco importava: il suo animo aspettava con ansia d'assetato la brezza delle sue parole per rimetter vela per l'isola dell'armonia assoluta.
L'ascoltava con fare intento che doveva simulare per non farsi vedere trasognato, annuiva e poneva domande per ravvivare la conversazione, senza dar troppo peso al contenuto, che però talvolta riusciva a catturarlo oltre la sua superficie, e smetteva di fingersi interessato per esserlo davvero.
Ma di solito tutto quel che gli importava era il sentirla parlare, il sentire che lei lo vedeva, lo considerava, che lui aveva pure un peso benchè minimo nel suo mondo. La sua voce e l'insieme di radiazioni che da lei sorgevano erano il suo vento solare.
Scivolava nel vuoto senza la minima forzatura, ai ritmi assoluti ed immortali della natura: non come quando, da solo, doveva forzar la macchina della sua volontà, usarle violenza per non farsi catturare dai suoi buchi neri.
-
Il "mattino" seguente Tom si alzò poco riposato e molto in disordine: immagini di sogni incoerenti e magnetici dove viveva per città che aveva conosciuto, ma ridisegnate a suo piacimento ed in totale assurdità, restavano a rumoreggiare nel suo pensiero. Vedendo quant'era in disordine il suo giaciglio, capì di aver dovuto lottare non poco nel sonno. La sveglia aveva suonato alle 06.00 del giorno artificiale della nave.
Aprendo la tenda della vetrata della sua cabina infatti la stella vicina a loro era ancora nello stesso identico posto di dov'era quand'era andato a dormire: nello spazio poteva capitare anche quello, di passare mesi senza vedere la luce od il buio. Vide anche che un trasporto truppe della marina imperiale era venuto, come previsto, per prendere in consegna i prigionieri, i superstiti delle navi corsare che erano riusciti a salvare.
"Nottata schifosa. Dovrei imparare a non dormire ormai. Su, al lavoro." Molti erano gli impegni della nuova giornata. Per prima cosa andò al quadrato ufficiali dove, ospite per colazione, c'era il comandante del trasporto, che all'apparire di Tom mollò le sue cibarie e si piantò su un saluto tanto rigido da parere goffo:
-Capitano di corvetta Zed, al comando del trasporto truppe Tenno Maru, ai suoi ordini ammiraglio!
Tom era in vena di scherzare, di fronte a tanta riverenza: -Si sieda comodo, signor Zed, in questo Sentai non ho ancora fatto fucilare nessuno per non aver osservato l'etichetta... per ora... Venga a sedere al mio tavolo, prego. Ma si ricordi di usare le posate giuste. Uomo avvisato...
Andò a sedere al suo tavolo dove il contrammiraglio Uwai lo attendeva in piedi; l'ometto gallonato intanto trotterellò con la sua ciotola e chiedendo il permesso anche al giovane che lo guardava un pò stupito, prese posto. Mentre gli veniva servita la colazione, Tom parlava a bassa voce con l'allievo:
-Hai avuto incubi stanotte? Non mentire.
-No, signore... perché questa domanda?
-Il perché dovrebbe essere evidente anche a te. Cos'hai sognato, allora...
-Nulla, glielo posso giurare. Credo fossi troppo stanco per sogni ed incubi.
-Bene, buon segno. Continua così.
Uwai non aveva capito nulla. Cominciarono a mangiare e decise che non si sarebbe posto domande. Fu il suo maestro a riprendere la parola, sempre a bassa voce. Il capitano fingeva di dedicarsi al cibo per non dare a vedere che origliava.
-Un vero soldato non deve avere incubi, ma neppure sognare. Per noi ci deve essere una sola dimensione del pensiero: il dovere. Quando avrai imparato a non sognare, a non amare e a non odiare, sarai arrivato alla perfezione marziale.
-Ma... non è possibile!
-Difatti la perfezione non è umana... questa notte ho sognato perfino troppo, e questo fa male alla mia lucidità.
Vide il piccolo capitano che lo spiava incuriosito. Lo riprese:
-Capitano!!
Questo si paralizzò: -Signore?!?
-Mi dica, si rilassi, per il cielo, è fra amici qua, nessuno le farà del male se farà quel che le diciamo; mi dica, dicevo, per che ora prevedete di ripartire con la vostra unità?
-Il mio secondo mi ha assicurato che l'imbarco sarà completato prima del mio ritorno, signore!
-Mi dà la sua parola d'onore che i prigionieri saranno trattati con rispetto?
-Glielo garantisco su tutto quello che vuole, signore!
Signore, se mi può perdonare una curiosità...
-Non ci piacciono i curiosi, a noi della flotta di Hai Lung; però dica pure.
-Quella nave immobile che ho visto poco distante da qui... era una nave corsara?
Fulmineo balenò il sospetto nella mente di Tom che qualcuno fosse già stato mandato ad indagare; ma sarebbe stato dalla parte giusta? Il suo aspetto era del tutto inoffensivo, forse non era nient'altro che un povero diavolo che mai aveva vissuto una battaglia navale e voleva saperne di più: ma finché non avesse saputo leggere nei pensieri, non si sarebbe fidato. Nel dubbio scelse la prudenza:
-Sì, capitano. L'abbiamo catturata intatta ma non sarà di alcuna utilità per noi: credo che la faremo saltare subito prima di ripartire.
Poco dopo, Tom si trovava in plancia mentre attendeva la chiamata del capo di stato maggiore Nagumo; fuori, vedeva ripartire lentamente il grosso e pesante trasporto e ripensava che dopotutto, se anche fosse rimasto al grado più basso della gerarchia, a comandare uno scavafango del genere, sarebbe stato forse anche più sereno.
-
Il Grand'ammiraglio Nagumo, al comando del Rengo Kantai, era gioviale come sempre malgrado le notizie poco positive: si sarebbe proprio detto che fosse lui a difendere Tomonaga dalle accuse che si rivolgeva da solo. Dallo schermo della videochiamata, Tom vedeva il suo viso largo che spiccava bene sullo sfondo della parete del suo ufficio al quartier generale della Marina ad Edo.
"Bella forza, che non è arrabbiato: le vite di pochi uomini, per chi ne comanda milioni, non valgono il tempo di un pensiero sommesso per loro."
-Insomma, Tomonaga, io non capisco di cosa si lamenta: se solo dieci navi sono riuscite a sfuggirvi, lo ritengo un buon successo, le capacità di quel gruppo sono state fortemente menomate e per un pò non ci daranno più noia.
-Sì, signore, ma avrei preferito annientarlo e senza perdite; se fossimo stati informati meglio delle capacità del nemico, saremmo venuti con una forza più consistente.
-Mi dica, com'è possibile che abbiate avuto danni tanto gravi?
"Ecco, che gli dico adesso? Potrò fidarmi di lui?"
-Signore, per forza, se quell'incompetente del capitano della Kirishima ha fatto abbassare gli scudi contravvenendo alle nostre regole d'ingaggio... le proporrò di rimuoverlo dal comando, non voglio impulsivi nel mio Sentai.
-Sì, queste sciocchezze ve le vedrete fra di voi, faccia come le pare. Io intendevo dire, non i danni leggeri della Kirishima, ma quella torre che a quanto pare manca ora alla sua nave: che arma vi ha colpito?
-Un siluro, signore. Uno o più, pensiamo ad una salva completa.
-Possibile che dei corsari possano acquisire armi tanto moderne? La protezione delle Nagato era garantita a prova di tutti i siluri in servizio, ed ora l'abbiamo aggiornata da poco...
"Lo conosco da una vita, da quando sono entrato in Marina... se non mi fidassi di lui... ma la comunicazione qualcun altro potrà ascoltarla..."
-Signore. Quelli che ci hanno lanciato non erano siluri qualsiasi.
-E di che modello erano, di grazia?
-Le faccio inviare le immagini della nave che abbiamo catturato. Mi dica lei se non nota nulla di strano.
Fece un cenno e l'addetto radio inviò istantaneamente le riprese, che Nagumo visualizzò su uno schermo a parte, nel suo ufficio. Tom lo vide corrucciarsi, sinceramente. Non stava fingendo. Da quello ipotizzò che fosse davvero in buona fede. Cambiò anche il tono di voce:
-Beh... che mi prenda un colpo secco anzitempo se quello non è un vecchio Asahi Maru... ecco dov'erano finite le unità che mancavano nel nostro inventario!
Ma allora questi siluri, che diavolo dovevano essere? Dei Long Lance?
Nagumo l'aveva detto per ridere, ma Tom fece un grave cenno d'assenso, che alla vista del vecchio Grand'Ammiraglio non sfuggì.
-Ma vuole scherzare? Li abbiamo messi in servizio da sei mesi, non erano stati imbarcati sugli Asahi Maru, com'è possibile che siano già finiti nelle mani di un gruppo di corsari senza arte né parte? Che scherzo mi sta cercando di fare, ammiraglio?
-Signore, se il cratere apertosi nella carena della mia nave non fosse sufficiente per dimostrarglielo, ho raccolto altre prove. Dovrò parlargliene di persona appena rientreremo.
Nagumo s'era appoggiato pesantemente allo schienale della sua poltrona, congiungendosi le mani davanti al viso e fissando Tom con severità. Lui non si scosse e Nagumo capì che diceva sul serio:
-Che vuole che le dica... ho capito cosa sta pensando e la prospettiva che qualcuno si sia venduto non mi piace affatto. Ma nel dubbio, darò disposizioni perché si apra un'indagine. E sia. Se c'è una mela marcia, foss'anche un semplice imbecille che s'è fatto rubare navi ed armi sotto il naso, lo scoveremo.
Le dò facoltà di proseguire la missione, di fare visite diplomatiche o di rientrare, a vostro piacimento. Per quanto mi riguarda, avete compiuto i vostri doveri.
-Signore, farò visita agli alleati della Repubblica Slava per rimettere le mie navi in condizione di affrontare l'iperspazio, poi le riporterò ad Hai Lung per le riparazioni definitive.
-Bene, come vuole. In caso di novità mi contatti.
Nagumo chiuse la comunicazione senza attendere il saluto di Tom, che rimase con l'ossequio chiuso in gola e l'inchino abbozzato.
Ora le Senkan si stavano disponendo in una formazione adatta alla navigazione di trasferimento verso Novaja Zemliya, portandosi dietro l'incrociatore corsaro, il cui vero nome, s'era scoperto, era stato Tenzan Maru XVII. Essendo che i suoi reattori erano disabilitati dal colpo di laser ricevuto nei coni di scarico, Tom, piuttosto di aspettare l'arrivo di una nave officina dall'Impero, aveva deciso di optare per una soluzione insolita: prenderlo a rimorchio. Le Senkan efficienti, Haruna e Kongo, stavano filando i cavi, mentre Hiei e Kirishima si disponevano manovrando lentamente ai fianchi dell'inconsueta pariglia.
Prima di salpare per la colonia slava, Tom volle ricevere a bordo il capitano della Kirishima per sentire le sue ragioni e decidere del suo futuro.
Lo aspettava nella centrale tattica della nave, al momento non presidiata, buia e fredda. Gli avrebbe fatto impressione ed avrebbe potuto meglio giudicare la sua reazione allo stress. Quando l'uomo entrò, era ancora convinto che lo avrebbe esonerato dal comando, benché avesse riconosciuto che lui al suo posto ed alla sua età -il capitano era men che ventenne- avrebbe fatto lo stesso.
-Capitano di vascello Takuma, della Senkan Kirishima, a rapporto signor ammiraglio!
Tom era nell'angolo più buio del locale e di lui si vedevano solo le gambe incrociate dinanzi al suo seggio. Attese prima di rispondergli.
-Si sieda pure, capitano Takuma...
Subito il ragazzo trovò una sedia e si sistemò in ordine, sondando le ombre per individuare il suo interlocutore. Lo schianto di un suo stivale sul pavimento, che permase a lungo sotto la volta, ne annunciò il sorgere ad una debole fonte di luce azzurrognola che ne delineò i tratti spettralmente.
-Si rende conto, spero, di quanto siano state gravi le sue negligenze.
Takuma non si perse minimamente d'animo:
-Signorsì, non posso negarlo. Riconosco che il mio operato è stato impulsivo e poco professionale.
-Quest'analisi imparziale le fa onore, ma non la discolpa. Mi dica cosa l'ha portata a prendere decisioni così avventate.
-Volevo riuscire a tutti i costi a bloccare la formazione nemica, sapendo che non disponevano di artiglieria pesante ho fatto disattivare gli scudi per ottenere la massima cadenza di tiro...
Tom si gustava il suono cupo della suola dei suoi stivali mentre passeggiava fingendo disattenzione per stressare il giovane arrogante che parlava più forte per farsi meglio intendere:
-E per lo speronamento non ho davvero scuse, sono stato accecato dalla rabbia, ho dimenticato di segnalare la manovra alla Kongo ed abbiamo evitato per poco di collidere anche con lei.
Tom si fermò dandogli le spalle, davanti allo schermo che era la fonte di luce del locale; vibrò il colpo più malvagio:
-E se fosse in me, che punizione si attribuirebbe?
-A rigor di regolamento, dovrei essere rimosso dal comando: se vorrà farlo non mi opporrò.
Tom attese che Takuma continuasse l'arringa difensiva, ma cadde il silenzio. Si voltò e vide uno sguardo fiero che cercava di tagliargli dentro.
-Questo è tutto quello che ha da dire?
-Sì, signore. Lei potrà estorcermi una confessione di colpa, ma mai una lode a me stesso, una scusa o un'invocazione di clemenza.
Questo era quanto Tom sperava di sentirsi dire, ma continuò il suo gioco:
-Già, a rigor di regolamento dovrei privarla del comando... se non lo facessi ne dovrei rispondere con buone argomentazioni. Posso comunque chiederle di aiutarmi a trovarle, queste argomentazioni...
Fossi davanti al mio superiore, direi che preferisco un comandante che ha ecceduto nella foga piuttosto che nella prudenza, e che son sicuro abbia appreso molto dal suo errore. Che non metterà più a rischio inutilmente la vita dei suoi uomini e farà ogni sforzo per restare lucido anche nei momenti peggiori. Mi dica lei se si riconosce in questo...
Takuma s'era illuminato e sarebbe stato ora in grado di dire qualsiasi cosa:
-Assolutamente sì. Glielo garantisco.
-Bene... siamo d'accordo.
S'era alzato per ringraziare con un inchino, ma Tom lo prevenne voltandogli le spalle:
-Tuttavia, lei non se la potrà cavare senza macchia: la sua bravata sarà riportata sul suo stato di servizio con una nota di demerito, il che le impedirà di ricevere promozioni per i prossimi cinque anni. Inoltre la consegno a bordo della Kirishima per tutta la durata dei lavori di riparazione, che dovrà sorvegliare.
-La ringrazio per la sua comprensione: accetto senz'altro.
-Io spero piuttosto che lei non mi faccia pentire mai più dell'averla lasciata al comando. Può andare.
Un lieve fruscio di stoffa d'uniforme ed un riflesso sullo schermo segnalarono a Tom che Takuma aveva fatto l'inchino regolare prima di uscire.
Tornato alla luce della plancia, Tom parlò con Uwai che dalla sua posizione era in grado di fare il censore:
-Allora, l'ha silurato?
-No. Mi è parso sincero, ed ha mostrato di avere coraggio e fierezza. Son certo che non ci deluderà più. Siamo pronti a salpare?
-Signorsì, il rimorchio è stato filato e siamo in posizione.
-Una cosa ancora: risparmiamo combustibile, dato che resteremo a velocità subluce, navigheremo con la propulsione solare.
-Bene signore! Vado subito ad informarmi sui venti in zona!
Le Senkan classe Nagato disponevano di molti Km quadri di pannelli solari che potevano venir issati su alberi telescopici: in condizioni normali tutta l'attrezzatura era tenuta riposta in alloggi protetti dalla corazzatura dello scafo, e poteva venire armata in automatico in pochi minuti. Così venne fatto: dapprima i grandi alberi sorsero da chiglia e coperta, poi il tessuto delle vele venne issato, dando alle navi l'aspetto di draghi dalle creste nere. Lentamente cominciarono a muoversi, meno velocemente del solito. Dalla sommità del torrione, dove si trovava la timoneria per la navigazione a vela, Uwai chiamò:
-Signore, i venti nella zona sono deboli, la stella più vicina è Arcturus VII che però è in quiescenza in questo momento...
-Seguiamo la procedura standard, allora.
-Risvegliarla? Bene signore, dispongo subito che la torre Alfa si prepari al tiro!
Un minuto dopo, fu il direttore di tiro che si fece sentire con la sua vocetta debole di uomo che controllava il sistema d'arma più potente che l'Impero avesse mai installato su una nave:
-Signore, siamo pronti all'apertura del fuoco... la sola torre Alfa, bersaglio designato: la stella Arcturus VII, distanza 19 milioni di Km. Tiro ad effetto dirompente. Aspettiamo l'ordine.
Tom adorava quei momenti in cui tutto era perfezione scientifica. Specie quando anche i suoi uomini si dimostravano precisi come macchine:
-Linea di tiro sgombra?
-Ovviamente.
-Aprite il fuoco a vostra discrezione!
Dall'antenna che costituiva l'armamento della torre Alfa partì un fascio invisibile che andò a colpire la superficie della stella; perturbata dall'eccesso d'energia che portò il plasma a temperature prossime a quelle del nucleo, scatenò una reazione a catena che si risolse in una fantastica eruzione.
Questa a sua volta fece arrivare una vera bufera di vento solare addosso alle Senkan, che bruscamente accellerarono sotto questa spinta poderosa, puntando verso la loro meta lontana
-
Novaya Zemliya era uno dei 10 pianeti d'importanza strategica che la Repubblica Slava aveva annesso direttamente a seguito del trattato di pace che pose fine alla guerra con la grande Repubblica Galattica.
Era un grande pianeta molto ricco in minerali e metalli rari, dal quale si approvigionavano un pò tutti gli stati membri dell'Alleanza. Data la sua importanza e la sua posizione molto esposta, era diventato la sede di una delle più potenti Flotte della Voenno Morskoy Flot, la marina della Slava.
Dopo cinque giorni di viaggio il Sentai era arrivato nelle orbite esterne della colonia ed era stato accolto calorosamente: il Governatore Demitchev aveva offerto ospitalità e, cosa più importante, aveva messo a disposizione i mezzi dell'arsenale del pianeta per riparare le due corazzate e rimettere la preda in condizione di muoversi autonomamente. Non solo infatti i due stati, l'Impero e la Slava, avevano una solida entente che manteneva fra di loro ottimi rapporti, ma si dava il caso che Demitchev, comandante di quella Flotta e governatore militare del pianeta, fosse un vecchio amico di Tomonaga.
Mentre le 4 "piccole" Senkan terminavano di riporre le loro vele negli alloggiamenti in coperta ed affidavano la Tenzan Maru XVII a dei rimorchiatori della VMF, la Boretz Za Svobodu, la supercorazzata ammiraglia della Flotta, si affiancava alla formazione. Da sola, era lunga quanto le prime 3 navi del Sentai.
Uwai dalla plancia per la navigazione a vela la guardava con soggezione, Tomonaga, salito a quel locale per prendersi una vista migliore, era invece abbastanza indifferente ma solo perchè riusciva a nascondere la sua emozione.
Attendevano l'arrivo a bordo di Demitchev, che si era annunciato con la solita valanga di improperi tipica della sua franchezza. Lo scafo nero della supercorazzata sfilava sopra di loro e si confondeva con lo spazio retrostante.
-E' incredibile... una nave di tale dislocamento deve avere una potenza di fuoco spaventosa. Finora di unità comparabili ho visto solo la Victoria.
-Sì, sì... in realtà non è molto più potente di quanto lo siano le nostre quattro navi riunite... si tratta di filosofie progettuali differenti. Quella è una Classe Klimeni Vorochiloff aggiornata allo standard UD 4. Il suo progetto risale ancora ai tempi della guerra contro la Galattica, era stata pensata come arma definitiva per la vittoria... che venne prima che potessero impiegarle.
Il mio amico Demitchev è molto orgoglioso di comandarla, se non altro perchè porta un nome prestigioso, quello che fu dell'ammiraglia della VMF alla Battaglia di Coruscant.
-Verrebbe da rimpiangere di non aver anche noi una storia recente così carica di gloria e battaglie.
-Forse. Ma noi, a differenza di loro, non abbiamo neppure così tanti Caduti da rimpiangere.
Lascia alla tua coscienza decidere cosa sia meglio.
Ah, ecco la scialuppa dell'ammiraglio... andiamo a riceverlo.
Demitchev entrò nel quadrato ufficiali accompagnato dal marinaio di picchetto, con la sua consueta aria gioviale e rude che gli dava un pò l'aspetto di un capomafia russo, impressione confermata dalla grossa pistola TT, fuori ordinanza, che teneva al suo fianco. La sua uniforme grigia da Ammiraglio di Flotta -la sua carica precedente che aveva però voluto conservare- era un tono insolito fra le giacche nere degli imperiali.
Tom talvolta si chiedeva se per caso non avesse cominciato a beneficiare un pò più direttamente del fiume di denaro che gli passava per le mani.
Era solo una sua idea: e del resto, aveva imparato ad apprezzare tutti gli uomini per quel che valevano, non per quel che facevano; nelle esercitazioni combinate, Demitchev era uno dei pochi altri ammiragli dell'Alleanza che riuscissero a batterlo con una certa regolarità. E quindi, una delle poche persone nell'universo per le quali aveva una sincera ammirazione.
Tom ed Uwai fecero il consueto, compassato inchino di benvenuto: Demitchev li abbracciò pungendo le loro guance con i suoi baffoni neri. Nel vederlo, Uwai si ricordò di un'altra figura importante della storia del popolo da cui proveniva. Era incuriosito da quest'uomo così potente e anche così rozzo e disinvolto.
Dopo i convenevoli, si sedettero al tavolo del tè; all'ospite era stata concessa una sedia tradizionale, dato che star seduto alla maniera orientale a gambe incrociate era per lui una tortura insostenibile.
-Caro Tom, vecchia carcassa, è un piacere vederti da queste parti! Che ci fai qui, il vostro timoniere ha bevuto troppo sakè e siete usciti di rotta?
-Rientravamo da un pattugliamento di polizia navale e ho pensato di passare a farvi una visita ufficiale. Come sai abbiamo avuto danni e vorrei approfittare della tua disponibilità per mettere in sesto le mie navi e l'incrociatore corsaro che ho catturato.
-Già, già, ho sentito. Avete fatto un ottimo lavoro, quel gruppo di corsari stava creando problemi un pò a tutti.
Saremmo andati noi, ma dato che ancora non ci avevano causato perdite e dato che, come sai, il vecchio Ammiraglio Kuznetsov non è più capo di stato maggiore della VMF, e che quindi stiamo diventando una repubblica di rammolliti, non ci avevano dato il benestare per la missione.
-Hai aggiornamenti sulla situazione diplomatica? C'è ancora tensione fra il Commonwealth e l'Impero dei Metuselah?
-Sì: il loro buon First Lord Harris sta saggiando la capacità di reazione delle difese di Tera Metuselah... detto fra noi, quello sì che è un ammiraglio con gli attributi, come piacciono a me... e si sospetta anche, se ti può interessare, che quei corsari avessero la loro base in uno dei pianeti disabitati del loro sistema...
E intanto continuano i combattimenti fra gli helgan
-Helghast...
-Oh, non rompere... fra quelli lì e l'esercito della Nuova Repubblica per il possesso del pianeta Insula. Nessuno dei due ha il coraggio di dichiararsi apertamente guerra, e continuano a scannarsi per quella fogna senza che siano ufficialmente belligeranti. Ci sono state anche un paio di scaramucce fra navi di linea nei pressi del pianeta, ognuno cerca di prevenire che l'altro possa rifornire il suo esercito.
Demitchev aveva una grettezza ed una mancanza di cultura sorprendenti per un uomo del suo grado: e Tom si stupiva sempre più di come potesse essere più astuto ed abile in battaglia di molti dei loro migliori comandanti.
-Come pensi che finirà?
-Come pensi che possa finire? I repubblicani tengono duro e non si fanno mettere sotto facilmente, ma senza aiuti dall'esterno la loro resistenza sarà sempre più difficile. Ricordati che secondo i trattati di pace loro non possono avere fabbriche d'armi od arsenali e dipendono da noi per tutti gli armamenti.
Fossimo stati ai tempi della guerra della Galattica, non avremmo esitato un istante ad andare a soccorrerli: ma ora il nostro governo, che si è spaventato proprio per quella guerretta da nulla, ha deciso che saremo sempre neutrali finchè non verremo attaccati! Cosa che avverrà presto, se continuiamo a dimostrarci così debosciati e a calarci le braghe di fronte ai prepotenti!
Demitchev dopo una pausa avvampò di furia:
-Schifosissimo schifo! Noi stiamo qui a bere la tua brodaglia immonda quando invece dovremmo correre in aiuto dei repubblicani, che pur essendo i discendenti delle carogne della Galattica, da quando li abbiamo raddrizzati son sempre stati nostri alleati! Mi verrebbe voglia di andare da solo, con la mia Flotta... solo che verrei processato per ammutinamento.
Tom pensò che forse quello che più lo tratteneva al suo posto erano gli interessi che aveva negli affari della lucrosa colonia. Lo corresse con sussiego, sapeva che l'avrebbe fatto arrabbiare ancora di più parlando da vecchio professore, e voleva vedere fin dove si sarebbe spinto:
-Non dovresti dir male del nostro tè verde, è un toccasana, dovresti berne più spesso, è una bevanda molto salutare.
E poi non mi sembra che voi stiate dimostrando debolezza: state solo seguendo una politica di prudente neutralità, è una condotta che io reputo molto saggia.
-Tom, ora cominci proprio a seccarmi con questa tua parlantina da diplomatico finocchio. Sai che ne faccio io del tè verde che mi regali ogni volta che mi vedi? Lo uso per accendere la stufa.
Ora, torniamo a noi: voi che politica adotterete?
-Non mi sono aggiornato da quando la missione è cominciata, quindi posso solo far supposizioni. Ma son quasi certo che resteremo anche noi neutrali, in omaggio ai nostri principii. Spero che riusciremo a far vendere lo stesso un pò di armi, se gli Helghast dovessero passare all'offensiva.
-Ma non eravate voi quelli che vi vantavate di essere l'arsenale di tutte le democrazie?
-Può darsi che si decida di aiutarli con la nostra produzione industriale... ma al momento sono all'oscuro di qualsiasi decisione.
-Sì, sì, forse se e ma. Tempo che vi deciderete la Nuova Repubblica sarà diventata una succursale dell'Impero Helgan o quel che è... e saremo noi della Slava ad essere nei guai: noi non dimentichiamo, che prima che con la Galattica avevamo avuto a che fare anche con loro.
-Credo che neppure loro lo dimenticheranno... Chimaera...
Tom aveva pronunciato quel nome a bassa voce ed abbassando lo sguardo sulle sue mani, come se stesse guardando nelle dita affusolate la fragilità della sua vita, come se quello fosse il nome di un Dio oscuro e malvagio. Uwai intimorito ma anche profondamente affascinato non resistette più alla curiosità, ruppe quel silenzio in cui era caduto perfino il sanguigno Governatore:
-Chiedo perdono... che cos'era Chimaera? Non ne ho ancora sentito parlare...
Tom cominciò a parlare guardando il vuoto tristemente:
-Chimaera era un'arma biologica usata dalla Repubblica Slava durante la loro guerra contro l'Impero Helghast... un virus, per la precisione, ottenuto tramite la ricerca genetica di modo che fosse curabile per gli umani e mortale per gli Helghast che, come saprai, hanno un genoma leggermente diverso dal nostro. Ha quasi portato all'estinzione il loro popolo.
Demitchev riprese la parola:
-Eppure ancora non hanno imparato la lezione, basti vedere cosa stanno facendo ora. Ragazzo, tu non lo saprai, ma io ero al comando dell'Arkangel, uno degli incrociatori che furono mandati a bombardare i loro pianeti con proiettili caricati con Chimaera: subito ho avuto dei sensi di colpa, ma appena i sopravvissuti hanno ricominciato a costruire armi e navi da guerra per vendicarsi, mi son pentito di non essere riuscito a completare il lavoro.
Torniamo a noi, Tom: spero accetterai il mio invito a scendere sul pianeta per questa notte! E porta con te anche il giovane, che lo faremo svegliare come si deve!
Mentre i due continuavano a discutere allegramente, Uwai era perso nel suo pensiero, immaginando quella morte invisibile che pioveva dal cielo.
-
Yayoi uscì dall'ombra nerissima del portico nella luce del pomeriggio e Tom la vide di spalle in una nube di tessuto scossa dal vento come una fiamma azzurrina. Pareva quasi che non toccasse terra. Tom sentiva dentro di sé una voce straniera, che parlava persino con un timbro che non era il suo:
"Servire agli ordini di qualcuno, esserne umiliati; Vedere davanti a sè la donna perfetta, assoluta, anche parlarle, ma non poterla neppure sfiorare; Sentire un amore tanto profondo quanto il Cosmo che ci circonda, costretto al silenzio dalle contingenze; Sapere che questo amore non potrà mai realizzarsi..."
Si scosse: da quando in qua uno spirito straniero parlava in lui?
"...Ma potessimo svincolarci dalla nostra limitatezza corporea, dalle dannate convenzioni sociali e morali, potessimo sempre dire apertamente ciò che pensiamo e manifestarci come vorremmo davvero essere...
La prigionia della tua fisicità e delle convenzioni non riuscivi a tollerarla e ti dava tanta pena quanto l'amare senza esser riamato."
Aveva ancora l'azzurro che balenava nello sguardo quando lei gli fece un cenno dalla delicatezza regale. Si ritrovò a seguirla su una spianata d'un biancore accecante, torrida sotto il sole. Una strana forza gli impediva di raggiungerla, per quanto sforzasse il passo. Si sentiva impacciato e nella sua uniforme nera soffocava. "Ora ti sentirai più miserabile che mai, perché anche se hai giurato di non dichiararti mai, inconsciamente cerchi di sedurla, sempre."
Stavolta non lasciò che il pensiero straniero lo torturasse impunemente:
"Smettila. Da dove vieni tu, perché mi parli così? Chi sei?"
"Io? Io sono te, la tua verità, quel che hai sempre represso. Tu piuttosto, non sei il vero Tomonaga."
L'immagine di Yayoi si confondeva ora col cielo retrostante. Tom si incendiò di rabbia e cominciò a parlarsi a denti stretti.
"Io non sarei me stesso? Ma sì, ti ho già conosciuto, traditore, e so come farti tacere ancora."
"Dici?"
"Vedrai."
Estrasse un libricino dalla tasca sul petto, lo aprì a colpo sicuro alla trentatreesima pagina e lesse a voce alta, poco importava se sentiva anche Yayoi:
-L'amore più profondo è l'amore nascosto. La poesia dice: "Alla mia morte dal fumo conoscerai il mio amore, mai espresso e tenuto celato nel mio cuore". Chi esprime il suo amore prima di morire, non ama profondamente. Solo l'amore che rimane celato fino alla morte è infinitamente nobile. Sono convinto che sia sublime amare fino alla morte.
Soddisfatto, attese il ritorno alla tranquillità. Lei si fermò. Non si voltò a guardarlo se non con la coda dell'occhio e lui vide il suo volto di profilo, quasi nascosto dal fluttuare dei capelli, l'occhio scuro quasi triste rivolto a lui. E lui sentì allora le forze venir meno, le gambe come fatte d'aria, e la voce maligna farsi risentire più chiara. Rideva:
"Ecco quanto possono le parole di fronte a Lei! Parole morte da millenni contro la Vita! Cosa può il nero degli ideogrammi contro il nero dei Suoi occhi? Hai perso, ora farai quel che la tua natura t'impone. Ora solo IO sono TE."
Per un attimo lo sgomento si impadronì di lui, poi però si sentì liberato di ogni miseria e costrizione. Lei era rimasta immobile, con quel suo occhio malinconico a guardarlo, e solo i capelli e la nube di tessuto seguivano il fluire dell'aria tiepida. Finalmente poté raggiungerla e delicatamente stringerle i polsi che erano rimasti in attesa di quella presa forte e straniera. Sentiva leggerissimo il suo respiro da dietro le sue spalle: vi accordò il suo. Lei lo accolse con parole che lui fece fatica a sentire in quel profumo:
-Finalmente, dopo tanti anni: dimmi quel che io già sò...
-Amare tanto, e amare solo te: quanto tempo e quanto vuoto prima di coglierti...
Un lampo nero offuscò ogni cosa, le loro voci, i loro respiri armonici e la distesa candida: Tom, sudato e terrorizzato, si alzò con furia dalla sua cuccetta sulla Hiei. Gli pareva perfino di sentire una leggera aritmia nel battito accellerato. Per un istante non fu sicuro di esser tornato alla realtà.
-Un incubo... un fottutissimo incubo!
Era appena passata la seconda notte nell'orbita di Novaya Zemliya: malgrado continuasse ad alzarsi all'alba del giorno della nave, il suo inconscio riusciva lo stesso a tradirlo. Ora sapeva che avrebbe passato una pessima giornata.
-
Secondo l'ora della capitale del pianeta, era il primo pomeriggio; per l'ora delle navi del Rengo Kantai, erano le sette di mattina. Il Sentai, in orbita stazionaria, cominciava allora ad uscire dal piccolo cono d'ombra della luna di Novaya Zemliya, e gli scafi grigi alla luce pallida di Arcturus VII riprendevano ad illuminarsi in riflessi abbaglianti. Attorno, qualche scura Korabl della VMF manovrava con lentezza, e le piccole navi officina giunte dagli arsenali orbitanti si affollavano attorno alla Kirishima ed al corsaro di cui Tomonaga aveva già dimenticato il nome. Le riparazioni sarebbero state portate a termine in breve, una volta rimesso in sesto il condotto di scarico del reattore danneggiato. Quanto alla Kirishima, le maestranze della VMF e l'equipaggio avevano allestito una prora provvisoria per rimetterla in grado di affrontare l'iperspazio in tutta sicurezza: senza la sua pinna sembrava però mutilata della sua grazia naturale e l'alto torrione, mancando ora di un volume corrispondente in basso, non era più proporzionato al resto dello scafo. La sensibilità estetica di Tom gli dava di che avere un leggero disagio nel vederla, sebbene in distanza.
"Lo sapevo che sarebbe stata una giornata no."
Andò a farsi servire la colazione sotto la cupola di cristallo alla sommità del torrione, dove i bracci aperti del grande telemetro della nave sembravano ali, e la prua fendeva lontano il buio, in basso. Voleva scacciare le immagini della notte con altre visioni.
La Boretz Za Svobodu, "Combattente per la libertà", era in quiescenza sopra di loro, mimetizzata in nero e grigio, era difficile distinguerla dallo spazio retrostante. Cercando di astrarne la sagoma, sentì freddo per quel nome così carico di storia e lutti, quella mole minacciosa nel suo silenzio. Dalla parte del globo azzurrato del pianeta, si vedeva il buio incombere e la linea del tramonto disegnata in toni rosati dal vapore acqueo nell'atmosfera: e su quel rosa, sagome dolorose e nere di navi da guerra straniere irte di propaggini, come un qualche feroce piccolo essere uscito dalla fantasia d'uno psicopatico.
Non sapendo più dove guardare, si chinò sulla sua tazza di tè. Quindi il trillo del comunicatore lo distrasse: si volse alla telecamera, e prese la chiamata; il sottufficiale in servizio alla centrale radio gli disse che c'era in linea qualcuno che voleva parlargli.
Tom fece un cenno col capo e portò la tazza alle labbra, sicuro che sarebbe stato o Demitchev o qualche suo sottoposto a cercarlo; però sullo schermo alla faccia beota del sottufficiale un pò annoiato si sostituì l'opera d'arte naturale del volto di Yayoi.
-Carissimo Tom... come stai?
Lui ebbe un sussulto e gocce di liquido bollente debordarono dalla tazza scottandogli mento e mano. Si riprese, delicatamente posò l'incomodo e le sorrise moderatamente.
"Stare, stare... stare che? Io non sto mai, io sono sempre in viaggio, in fuga: anche ora, ti sembro immobile con la mia nave, ma su questa grande giostra del cosmo, prendendo te come punto d'origine del mio sistema di coordinate, ti starò fuggendo a centinaia di chilometri al secondo, e la frequenza ultraterrena della tua voce deve sottostare ad un filtro dell'effetto doppler, per arrivarmi inalterata. Punto d'origine del mio spazio-tempo, punto d'arrivo di tutte le invisibili parabole delle rotte che traccio nel mio universo. Forse avresti dovuto chiedermi: Carissimo Tom... dove fuggi?"
-Yayoi... che piacere risentirti, dopo tanti giorni! Sto bene, come vedi.
Lei attaccò una ramanzina scherzosa:
-Potevi anche fare lo sforzo di cercarmi te, però. Ti devo sempre venire a scovare chissà dove!
"Sì? Dici? Sì. Mi hai scovato di nuovo anche stanotte, mi scovi ogni notte dovunque vada. Quando vorrai infine darmi un pò di riposo? Continuerò a vederti anche nel sonno da cui non c'è risveglio? No, forse allora riavrò la tranquillità perduta. Se sapessi che tu mi fai desiderare ed aspettare la morte! Cosa ti farebbe fare allora la tua amicizia?"
-Hai ragione, sono stato il solito screanzato. Avevo mille occupazioni per la testa e non ho saputo trovare un momento da dedicarti.
-Che occupazioni?
"Cose da nulla. Rischiare di morire in battaglia e scoprire che qualcuno della nostra Marina s'è venduto. Da nulla in confronto alla guerra che tu senza saperlo mi fai combattere, o forse lo sai, ma vuoi sentirti amata e mi tieni aggiogato. Ma la tua volontà è la mia, e forse lo sai. Sono solo costretto a mentirti perché il mio dovere è contribuire alla tua serenità, e se ti dicessi cosa è successo davvero, otterrei l'effetto contrario. Un'altra goccia di menzogna nel nostro oceano, non farà grande differenza, Mia Signora."
-Abbiamo dato la caccia ad un gruppo di navi corsare, e li abbiamo ingaggiati e sconfitti. Un'operazione nella norma, ma abbastanza intensa da togliermi il tempo di cercarti.
-Davvero? Avete combattuto?
"Che cosa vuoi sapere? Tu che non hai avuto mai, non hai e mai avrai un nemico, perché vuoi sapere del nostro dolore? Perché vuoi sapere? Vuoi forse che sentendo raccontato dalla mia voce il tremore buio della battaglia, traspaia la forza di quella che io combatto ancora e sempre ed anche ora? Di salva in salva sgranavamo la morte d'altri uomini e spegnevamo loro le stelle, io l'ho ordinato, vorresti che ti parlassi così? Vuoi davvero sapere che il tuo mite amico ha annullato mille vite e forse più?
E le nostre armi tuonavano e squassavano il ponte sotto i miei piedi, io gli ordinai di sparare, il fuoco ci ha avvolti che mi parve di sentire l'urlo dei morenti ed il mio che mi rialzai per gridare nel mio vuoto ancora più forte che la fiamma e la bocca rovente del cannone che TI AMO!!!
Ho sentito e gridato la loro morte, e la mia.
Sicura di voler sapere tutto questo? Tu non navighi, non sai quanto neri possano essere i cosmi, fuori e dentro di noi. Prego per te che tu non lo sappia mai."
-Sì, una breve battaglia. Serrando le distanze per non farli sfuggire abbiamo avuto danni leggeri dal loro fuoco, ma nulla di cui preoccuparsi. Faremo ritorno quanto prima.