--- scritto di getto, erano le due e mezza di notte, dopo aver finito uno dei miei quadri.. ergo: non badate ad incoerenze e/o errori di battitura. è grezzo e spontaneo vediamo un po'.. ---
il sasso aveva fatto ventitrè rimbalzi. Zack l'aveva seguito di corsa, girando attorno al laghetto fra i giunchi e gli schizzi, perchè evidentemente era un sasso fortunato, se non proprio magico, evidentemente era uno di quei sassi dai quali nascono i pesci argentati dei torrenti di perla, o forse era stato la tavola da surf di un folletto d'acqua, oppure s'era creato ancora ai tempi delle fate come residui di roccia e calcare attorno ad un petalo di un fiore d'ibisco. assolutamente, assolutamente quel sasso non andava perso, non certo se poteva raggiungerlo, e così, pensando cento volte queste cose nel tempo di diciassette rimbalzi (il primo, non va contato, era ancora concentrato sul lancio, i seguenti tre seguivano la traiettoria, gli ultimi due erano necessari per farsi trovare dall'altra parte per acchiapparlo), spiccava balzi nel canneto fin dall'altra parte. sudato e spettinato, nella nebbia, attese vicino ad un salice piangente che il sasso arrivasse, ma magico qual era, quel ciottolo dispettoso gli scivolò fra le mani e cominciò a rotolare, proprio come una piccola ruota. accidenti, si disse Zack, altro che petalo d'ibisco. mi sa che è l'occhio fossilizzato e schiacciato di una lumaca gigante della lava, oppure una di quelle bolle che si formano negli incantesimi lievitati male come nel pane cotto nel forno a legna. sìsì, è un buco d'incantesimo. non lasciamocelo scappare.
era il più veloce dei ragazzi in paese, a correre, era snello e scattante come un furetto!, però quel sasso, per i coboldi!, quel sasso doveva proprio essere magico. così mise il turbo, si fa per dire, ed arrivò prima lui davanti alla traiettoria del rotondo fuggitivo: la finestra della casa diroccata era illuminata, lui vi si mise davanti ad asèpettare, come una pantea attende l'anìtilope, il suo bramato, meraviglioso, perfetto ciottolo.
mi capiterà esattamente davanti, si disse. il terreno è in pendenza verso di me, non può fuggire. ciottolo magico. eccoti qua.
eccolo, appunto. prese la rincorsa per la discesa e puntò verso di lui.
sssì, zack gioiva, nella sua mente quel percorso durava secoli. arriva: fra un po' lo stringerò in pugno. evvai. speriamo che la signora coi capelli grigi, gli occhi azzurri ed il vestito bianco che ho intravisto accendere una candela nella stanza non mi cacci prima del prossimo secondo, perchè rimarrei parecchio deluso d'aver impiegato almeno un litro e mezzo di fantasticherie su ventisette secondi per poi lasciar perdere tutto così.
fatto sta che quel benedetto sasso era a trenta centimetri dal punto in cui Zack l'avrebbe acchiappato interrompendone la corsa, che spiccò un salto, altrepassò la sua spalla, fracassò la finestra con un suono di xilofoni e rimbalzò fino alla signora (zack, avendole prestato esattemente tredici centesimi d'attenzione, non aveva notato che era di spalle, che gli occhi azzurri che aveva visto erano il riflesso di lei sul vetro della vetrina, su cui stavano appoggiati tredici volte tredici cervelli, che in realtà lei non li aveva, e ch'ella era assai concentrata sulla scelta. dettagli, scappano anche ai migliori, si confortò) che lo prese, scelse finalmente uno di quei grigi budini tremolanti, si diede uno strappo deciso alla chioma ed allo scalpo, ecco, vi ficcò sotto con le dita la viscida materia ribelle che dovette adattarsi con un risucchio alla nuova sistemazione, infilò alla bell'e meglio il sasso e richiuse con un ultimo umido sciaguattìo. spense la candela con uno sputo e finalmente si accese la luce nella stanza.
Ahn. Era il sasso della pazzia.