questa è una piccola cazzata che ho scritto oggi...
Per cominciare accendiamo le luci. Prendiamoci i capelli fra le mani, in una ciocca sola, poderosa come il tempo che rimbomba dall'enorme pendola sul muro della camera da letto. Leghiamoli stretti, scopriamoci le tempie e le guance, senza vergogna.
Laviamoci il viso con l'acqua gelida, lasciamo che il freddo ci trafigga ogni cellula della pelle bianca. un'amazzone vergine, contro un Viso colpevole che indossa la maschera del candore; è a te che parlo, usurpando un plurale. Quest'umido sapone neutro ti allontana, ti sfoca sullo specchio in cui ogni giorno devo incontrarti senza avere mai il piacere di spaccarti quella lurida faccia da idiota.
gli occhi mi buciano, mentre tu dall'altra parte ti diverti a scimmiottarmi: io che strizzo le palpebre sul rossore dei capillari, che fanno un estuario scarlatto proprio nel punto dove nascono tutte le mie lacrime, e anche le tue.
Procediamo togliendoci fino all'ultimo indumento. La vestaglia di ciniglia color glicine, l'enorme pigiama azzurro, le mutandine scolorite. Nude, ci approssimiamo l'una all'altra, perchè avendoti così vicina non debba più vedere il tuo buffo corpo per intero. La prima volta che ho notato la linea curva delle tue piccole spalle, l'anfora dei fianchi sporporzionati, la smisuratezza delle tue mani e dei tuoi piedi, ho pensato ad un enorme papero bianco.
Ti sto talmente vicina che sento la superficie dello specchio aderire allo spazio fra i miei seni, compressi sul vetro che emana un lieve sentore d'alcool.E' freddo da morire, talmente freddo che non sento più nulla.
avverto solo che qualcosa si muove nelle molecole di questa pelle sottile, ma sono troppo vicina per vedere qualunque cosa. solo un vapore azzurro che mi appanna gli occhi. Finalmente - mi dico - lo specchio mi sta ingoiando. Sono Alice nel paese delle meraviglie. chiudo gli
occhi,aspettando il momento in cui sarò passata dall'altra parte, così - penso - magari posso prenderti finalmente a schiaffi, e riavere quello che è mio.
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passano minuti, ore. non succede nulla. proprio nulla, a parte il fatto che la vista mi si è allargata, inquadra tutta la stanza in un solo colpo d'occhio.
resto immobile, non sento più le gambe, nè le braccia, nè il sapore di sigaretta in gola.
potrei fotografare l'intero globo terrestre, ma non toccarne un singolo granello.
pensavo di aver trovato una porta, e invece ho trovato una soglia.
pensavo di aver oltrepassato il velo che mi separa da te, e invece mi sono fusa con la superficie dello specchio. intrappolata nel tuo corpo piatto,
guardiana indifesa di un mondo che nessuno può conoscere. appiattita nell'inutilità di uno sguardo.