Scritta per cercare di svuotare un pò la mente, in una giornata dura quanto mai.
Non è nulla di che.
Il mondo oggi è bianco e nero.
Il mio viso attaccato insistentemente a un ventro
e gli occhi che si perdono fuori.
Ho un buffo sorriso impresso in volto..
Sono in una camera d'ospedale.
Il sole di Dicembre sembra avere paura
di oltrepassare le tende bianche.
E' tutto così spoglio qui,
le pareti azzurre e le coperte di pile blu
adagiate su ogni lettino.
E poi lo sguardo si sposta
dove stavo cercando di non guardare.
C'è un uomo sull'ultimo letto.
Ha un pigiama indaco,
gli occhi piccoli piccoli
e quella voce che conosco a memoria
ma che oggi sembra avere sfumature diverse.
Il mondo è fermo quaggiù;
dentro, la stanza si fa sempre più stretta,
e il mio sorriso diventa malinconico.
C'è mio padre su quel letto, il numero 390.
Gli hanno messo una targhetta al polso sinistro,
come fosse un oggetto.
Qui le persone sono tutte uguali,
e si osservano l'un l'altra con speranzosa indifferenza.
E così, mentre a fatica il sole
fa entrare qualche raggio in questa trappola di cemento,
lo guardo ancora un attimo.
E' il mio papà quello.
E poi alla fine, l'importante è che lo sappia io quanto vale,
quel piccolo uomo che dorme sull'ultimo letto
mentre fuori è Dicembre.