Ancora una volta, mi piego, ti scrivo.
Inchino profondo, sto calmo, respiro.
La penna non vuole ascoltarmi,
nemmero sfiorarmi.
E la notte è la notte più scura,
sfiorando accarezza, la pelle, le mura.
Poggiato, assonnato,
sul ginocchio invecchiato.
ancora una volta,
una volta scontata,
Ti guardo,
t'osservo,
la mano gelata.
e il sole non vuole svegliarsi,
nemmeno un po' alzarsi.
La luce, profonda, un po' chiara,
Rapisce un colle,
poi l'altro,
e me, folle.
Seduto, angosciato,
Dio mio, manca il fiato.
Lentamente mi muovo,
sgraziato, pentito.
Danzano mani,
Si, son'io di nuovo.
Ascoltami un po',
sali anche tu,
sul ginocchio invecchiato,
è dura, lo so,
ti son forse scaduto.
Ma prendimi, ancora,
le mani tremanti,
la faccia un po' scura.
Ma fammi di te,
piccola parte,
o amata creatura.