Tutto secondo previsioni della vigilia: è Terraferma, il film di Emanuele Crialese già Premio speciale della giuria alla Mostra di Venezia, il candidato italiano per la corsa agli Oscar. La pellicola - intenso, emozionante racconto dell'incontro tra migranti e abitanti di un'isola simile a Lampedusa - è stata scelta da una commissione composta da addetti ai lavori del cinema di casa nostra. Sbaragliando la concorrenza di film altrettanto quotati, in particolare Habemus Papam di Nanni Moretti.
Oltre a questa coppia d'assi, gli altri titoli in lizza, nella caccia alla statuetta dorata come miglior pellicola straniera, erano sei: Vallanzasca di Michele Placido; Corpo celeste di Alice Rohrwacher; Nessuno mi può giudicare, la di Massimiliano Bruno; Noi credevamo di Mario Martone; Notizie degli scavi di Emidio Greco; Tatanka di Giuseppe Gagliardi. Ma è stato subito chiaro che questa gara a otto sarebbe stata, in realtà, una corsa a due.
E alla fine l'ha spuntata Terraferma, come già indicavano i rumors degli ultimi giorni. Una pellicola che probabilmente,
a giudizio dei selezionatori, non è solo bella, ma anche capace di intercettare in qualche modo i gusti dei giurati americani, cioè di persone di ambiente più o meno hollywoodiano. E visto che, anche oltreoceano, la questione della difesa dei confini, e anche dei diritti umani di chi entra in cerca una vita, sono ben conosciute, la speranza è che stavolta l'Italia riesca a entrare almeno nella rosa delle nomination. Cosa che, ricordiamolo, non accade da anni: l'ultima volta la spuntò Cristina Comencini con La bestia nel cuore. Era il 2006.
Della commissione che ha espresso il verdetto fanno parte Nicola Borrelli, direttore generale della divisione Cinema del ministero dei Beni culturali; Marco Bellocchio; Luca Guadagnino; Martha Capello, presidente dell'Associazione giovani produttori cinematografici: le produttrici Francesca Cima e Tilde Corsi; Paola Corvino, presidente dell'Unione nazionale esportatori film e audiovisivi; il distributore Valerio De Paolis; Nick Vivarelli, giornalista di Variety. La speranza è che la loro scelta sia stata la migliore possibile, sulla via di Los Angeles.
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In un'isola del Mare Nostrum, Filippo, un ventenne orfano di padre, vive con la madre Giulietta e il Nonno Ernesto, un vecchio e irriducibile pescatore che pratica la legge del mare. Durante una battuta di pesca, Filippo ed Ernesto salvano dall'annegamento una donna incinta e il suo bambino di pochi anni. In barba alla burocrazia e alla finanza, decidono di prendersi cura di loro, almeno fino a quando non avranno la forza di provvedere da soli al loro destino. Diviso tra la gestione di viziati vacanzieri e l'indigenza di una donna in fuga dalla guerra, Filippo cerca il suo centro e una terra finalmente ferma.
Terraferma è la terza opera che Emanuele Crialese dedica al mare della Sicilia in un'instancabile ricerca estetica avviata con Respiro nove anni prima. Come Conrad, Crialese per raccontare gli uomini sceglie “un elemento altrettanto inquieto e mutevole”, una visione azzurra ‘ancorata' questa volta al paesaggio umano e disperato dei profughi. Sopra, sotto e intorno a un'isola intenzionalmente non identificata, il regista guarda al mare come luogo di infinite risonanze interiori. Al centro del suo ‘navigare' c'è di nuovo un nucleo familiare in tensione verso un altrove e oltre quel mare che invade l'intera superficie dell'inquadratura, riempiendo d'acqua ogni spazio.
Dentro quella pura distesa assoluta e lungo il suo ritmo regolare si muovono ingombranti traghetti che vomitano turisti ed echi della terraferma, quella a cui anela per sé e per suo figlio la Giulietta di Donatella Finocchiaro. Perché quel mare ingrato gli ha annegato il marito e da troppo tempo è avaro di pesci e miracoli. Da quello stesso mare arriva un giorno una ‘madonna' laica e nera, che il paese di origine ha ‘spinto' alla fuga e quello ospite rifiuta all'accoglienza. La Sara di Timnit T. è il soggetto letteralmente ‘nel mezzo', a cui corrisponde con altrettanta drammaticità la precarietà sociale della famiglia indigena, costretta su un'isola e dentro un garage per fare posto ai vacanzieri a cui è devoto, oltre morale e decenza civile, il Nino ‘griffato' (e taroccato) di Beppe Fiorello. Ma se l'Italia del continente, esemplificata da tre studenti insofferenti, si dispone a prendere l'ultimo ferryboat per un mondo di falsa tolleranza dove non ci sono sponde da lambire e approdare, l'Italia arcaica dei pescatori e del sole bruciante (re)agisce subito con prontezza ai furori freddi della tragedia. Di quei pescatori il Filippo di Filippo Pucillo è il degno nipote, impasto di crudeltà e candore, che trova la via per la ‘terraferma' senza sapere se il mare consumerà la sua ‘nave' e la tempesta l'affonderà. Nel rigore della forma e dell'esecuzione, Crialese traduce in termini cinematografici le ferite dell'immigrazione e delle politiche migratorie, invertendo la rotta ma non il miraggio del transatlantico di Nuovomondo. Dentro i formati allungati e orizzontali, in cui si colloca il suo mare silenzioso, Terraferma trova la capacità poetica di rispondere alle grandi domande sul mondo. Un mondo occupato interamente dal cielo e dal mare, sfidato dal giovane Filippo per conquistare identità e ‘cittadinanza'.
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ce la farà almeno ad arrivare nella cinquina ?
da quando il cinema italiano dominava in candidature e vittorie agli oscar ora non è nessuno...