Vendicami è la storia di qualcosa che avrebbe dovuto realizzarsi in tutt'altro modo per anni e che poi ha trovato una forma nuova per dare corpo alla visione di Johnnie To Kei-fung. Era chiaro che il maestro indiscusso del noir di Hong Kong di anni Novanta e Zero (dove probabilmente quel “di Hong Kong” è appendice del tutto superflua) si sarebbe confrontato prima o poi con il polar francese, fonte diretta di ispirazione per un noir incentrato sulla malinconica figura del killer, sul suo codice d'onore, sulla sua inaspettata umanità.
Per il ruolo di Costello, il killer francese che ha cercato di dimenticare la sua vera natura, ma con la quale dovrà tornare a fare i conti, To aveva pensato subito a Alain Delon, originario Frank Costello faccia d'angelo e attore-feticcio di Melville, maestro tanto di To che di Woo, ovvero dei maggiori autori del noir di Hong Kong. Dall'inatteso no di Alain Delon nasce l'ipotesi Johnny Hallyday, vecchia scorza di rocker già recuperato in chiave crepuscolare ne L'uomo del treno di Patrice Leconte. Johnny conosce e apprezza Johnnie, ma To non ha idea di chi sia Hallyday. La folgorazione, la comunanza di idee e il cameratismo - che deve necessariamente instaurarsi tra autore e attore perché la poetica heroic bloodshed di To abbia efficacia – nascono sulla strada del rock'n'roll, parlando e cantando di Rolling Stones e Chuck Berry.
“È stato solo quando l’ho incontrato – dice il regista di Hallyday - che ho capito che avremmo potuto lavorare insieme. Dovevo vederlo di persona per coglierne la magia unica. Il suo stile, la sua figura, il suo volto, i suoi incredibili occhi… sono segni di un passato molto intenso. È subito scattato qualcosa tra noi, nonostante la barriera posta della lingua.” La babele linguistica (Hallyday parlava solo con Anthony Wong, unico a conoscere bene l'inglese, nessuno degli HKesi conosceva il francese, per cui non capivano i dialoghi tra Hallyday e la Testud...), unita al fatto che il rocker francese non fosse mai stato in Asia, ha creato un effetto Frantic di spaesamento che si è rivelato fondamentale per la riuscita del film. Costello deve sentirsi un oggetto estraneo nella babele di Hong Kong, frustrato e offeso, finanche smemorato, affinché il Costello che era possa emergere con rinnovato vigore. Anche il modo di girare di To contribuiva a un “salutare” disorientamento del francese: “Ha un modo davvero originale di dirigere il set. Le riprese sono lunghe, possono durare due, tre minuti, il che è divertente per l’attore. Al contrario di quello che succede in televisione! Quello che più mi ha colpito è stata la sua capacità di posizionare la mdp dove meno te l’aspetti. In genere, è la mdp a spostarsi in varie zone del set, ma lui è capace di muovere il set senza spostare la mdp. È meraviglioso e davvero sorprendente. Ti dà una prospettiva inaspettata su quello che stai girando. Sa esattamente cosa vuole ma non si oppone mai a un’idea. Di solito dice di no, ma è sempre disposto a tentare: “Prova! Potrebbe essere una buona idea…”.