Ho avuto un incubo - parto pilotato, perché non ho il brevetto, io. Appena nato, l'hanno subito messo nell'incubatrice, all'uopo inventata (l'uopo va molto, di questi tempi, perché non corri il rischio dell'aviaria e del colesterolo. L'ova sode, invece, fanno scappare i clienti, la cui mente corre veloce al Divin Marchese De Sode.. Al contrario, se s'ode: "All'uopo! All'uopo!" nessuno fugge, perché è noto che "l'uopo propone e Dio dispone". Di quanto disponga, l'ho mai trovato scritto da nessuna parte. "Così sta scritto", dice spesso nella Bibbia, ma non quando si parla di soldi, perché la Finanza è la Finanza e secondo voi i paradisi fiscali chi li ha creati?! Del resto, l'occasione fa l'uopo ladro – e Dio creò l'uopo a sua immagine e somiglianza).
L'incubo, dicevo. Ero lì sul ring, nel match della vita: mondiale dei massimi, versione unificata WTO, WC, COCOCO, Rintintin, COPACO. Io, Cassius Aureus, contro Al Maxim.
Ripresa in mondovisione, 3 miliardi di telespettatori, in tutte le lingue e salse, salscrito compreso.
Tutti gli occhi e i teleocchi sono puntati su di me: mi sento punto ovunque, anche sul vivo (avete mai sentito qualcuno puntare sul morto?)
La tensione è al massimo - pure lei: sarà almeno una 380.
Gong!
Primo round: 'mazza quanto picchia, questo! Mi sembrano in due, a pestarmi: Al Maxim e Juan Toni.
Un meteorite incoccia nel mio naso: non tirerò più coca fin quando campo – e se non reagisco non tirerò nemmeno più di boxe, tutt’al più tirerò le cuoia.
Scuoto la testa con violenza; la forfora, sparata a mille, finisce negli occhi dell'arbitro, che chiude un occhio e non vede il colpo che mollo sotto la cintura del mio avversario.
Quello si piega in due, 90° di sofferenza pura.
Alzo le braccia al cielo, trionfante - e l'incubo monta sul ring. L'occhio destro mi scivola verso il basso interno e …. oddio, dalla narice destra mi pende un treccia di pelacci lunga almeno cinque centimetri, tenuta insieme, anziché da un nastrino, da una caccola larga almeno come un'unghia dell'alluce – probabilmente smossa dalla botta ricevuta e dal mio scuotimento di capo.
E' lì, macroscopica, i peli scintillanti di sudore, che se allungo la lingua me l'accatto come un rospo coi moscerini.
Non posso: su di me sono puntati sei miliardi di occhi (speriamo ci sia qualche guercio ….), le telecamere impietose immortalano la mia immagine trionfante con caccola stile pendolo.
Mi vergogno come un Vespa che non sbavi davanti a Berlusconi, ma non so che fare: provate voi a scaccolarvi coi guantoni da pugile!
Chiedere all'arbitro? Già me lo vedo Ghezzi che raggiunge un triplo orgasmo con Blob.
I secondi si cristallizzano, lenti come i passaggi di informazioni fra neuroni e sinapsi nel cervello a riposo di una velina.
Sudo copiosamente (io, che non ho mai copiato nemmeno a scuola); sudo freddo, io che di solito mi faccio le uova sode direttamente nel palmo della mano.
Qualcuno, da qualche parte, lascia una porta aperta – e l'essere immondo comincia ad oscillare. Il pendolo di Foucault!
Mi scandisce – lentamente – i nanosecondi che si aggrappano con le unghie alle sottovesti di Biancaneve-eternità per non andarsene.
Le gocciole di sudore scendono lungo i peli, si forma una pozzanghera. Arrivano le libellule, le zanzare, i moscerini; cominciano a spuntare i canneti.
Tutto sotto un unico sguardo composto da sei – circa – miliardi di occhi.
A proposito di guardoni: siete ancora lì a leggere di un cretino che sogna caccole giganti?!
Ma andate a lavorare, barboni!