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Non poteva esserci scoop migliore: due ragazzi omosessuali arrestati dai carabinieri per "atti osceni in luogo pubblico" perchè si baciavano davanti al Colosseo. E tutta l'Italia si mette a parlare di questo (offendendosi ed indignandosi).
Se la notizia fosse effettivamente tutta qui (ovvero: se ci limitiamo a leggere i titoli degli articoli, ma senza addentrarci nell'ostico territorio del testo) allora avremmo tutte le buone ragioni per offenderci, indignarci, e scendere in piazza a protestare. Arrestare due persone perchè si baciano in un luogo pubblico è un atto possibile solo in uno "stato di polizia" (parola che, stranamente, piace tanto alla destra...). E se gli arrestati sono omosessuali il dubbio che si tratti di una "punizione" sessista è più che fondato.
Ma se leggiamo meglio la notizia (ovvero: se scorriamo le righe del testo dell'articolo una per una, arrivando fino in fondo, cercando di capirci qualcosa) scopriamo che, aldilà dello scoop (finto), c'è una realtà un po' diversa. Quel tanto che basta per farci capire che non è il caso di indignarsi:
Secondo i carabinieri che hanno fermato i due giovani, però, non era solo un bacio sulla bocca quello che i due gay si stavano scambiando la scorsa notte sulle scalette che portano al Colosseo. Baciarsi, è stato sottolineato dagli investigatori che hanno denunciato i due giovani per «atti osceni in luogo pubblico», non viola l'articolo 527 del codice, mentre il reato era «palese ed inequivocabile». Reato che - viene ancora precisato - sarebbe stato contestato a qualsiasi coppia; capita sovente ai carabinieri di contestare lo stesso reato a coppie eterosessuali, la maggior parte provenienti da fuori Roma, che vogliono «suggellare» davanti a posti famosi, come appunto il Colosseo, la loro unione.
Questo caso dovrebbe suggerirci una profonda riflessione: cosa sappiamo noi del mondo in cui viviamo? (Ricordiamoci che ogni nostro possibile giudizio sulla realtà che ci circonda - e di cui facciamo indissolubilmente parte - è inevitabilmente condizionato proprio da ciò che sappiamo di essa). Siamo sicuri che ciò che sappiamo sia vero, e non frutto di informazioni scorrette, imprecise od incomplete?
Perchè una certa leggerezza nel filtrare le informazioni che utilizziamo per giudicare le cose (o una lassiva abitudine a non approfondire, a non verificare, a non dubitare...) porta inevitabilmente a formulare giudizi falsi, imprecisi, inutili o sbagliati. E', insomma, una pratica piuttosto pericolosa. Sfruttata perdipiù a mani basse dai media per fare audience (ovvero: business).
E' infatti proprio il business a spingere i media a solleticare i pruriti più profondi dell'opinione pubblica per sollevare polveroni atti ad attirare maggiore attenzione (e quindi maggiori acquirenti... e quindi maggior business). Poi però, non appena la nebbia generata dal polverone creato ad arte si dirada, cosa rimane? Un sacco di informazioni scorrette, false, incomplete o inutili, ed una manciata di giudizi buoni al limite per fare quattro inutili chiacchiere al bar.
RIFLETTIAMO. Informiamoci. Verifichiamo. Dubitiamo. Prima di emettere un giudizio. Qualsiasi giudizio.
E diffidiamo degli scoop (che non servono per informare, ma per vendere giornali o spazi pubblicitari).
Tratto da un blog, che non e' ne omofobo ne intollerante di certo.