Cassa senza rotazione: chi resta al lavoro si tassa per i colleghi
Alla «Scai» di Largo Turati. Sono 350 i dipendenti Scai più 150 collaboratori e altrettanti in altre 4 sedi in Italia. Fra i clienti, Csi, Reale, Sai e Rai.
Il sindacato: «Non possono pagare sempre gli stessi»
MARINA CASSI
TORINO - No, non è un tuffo nelle pratiche del Novecento quando i lavoratori si difendevano con le casse di resistenza e mutuo soccorso. Non lo è, ma lo spirito ci assomiglia molto. Adesso corre in rete, ma il fondo che i lavoratori della Scai hanno deciso di far partire esprime allo stato puro l’idea stessa di solidarietà tra chi è più debole perchè servirà integrare il reddito di chi è in cassa integrazione.
L’aiuto
In sostanza: chi lavora si tassa per aiutare chi ha un reddito inchiodato a 700 euro al mese. I soldi raccolti saranno ripartiti equamente in base alle ore di cassa sopportate dai singoli senza stare a vedere - proprio per mantenere il carattere egualitario dell’iniziativa - chi è madre single chi ha il mutuo che scade.
È la prima iniziativa di questo tipo da quando la crisi, nell’ormai lontano 2008, è esplosa travolgendo redditi e destini individuali. E non si tratta di lavoratori «ricchi». Malgrado moltissimi siano laureati e tutti svolgano un lavoro molto professionalizzato gli stipendi - secondo il sindacato - si attestano secondo una media spannometrica intorno ai 1300 euro al mese. Nell’azienda informatica di largo Turati lavorano 350 persone stabilmente più 150 collaboratori mentre almeno altrettante sono occupate nelle sedi di Milano, Roma, Bologna, Padova. I clienti sono di tutto rispetto: Csi, Reale, Sai, Rai. Racconta Luca Sanna della Filcams-Cgil: «Fino a giugno la crisi è passata senza particolari problemi. Poi sono state annunciate tredici settimane di cassa ordinaria per 13 persone. Dopo una lunga trattativa siamo riusciti a far scrivere nell’accordo che si sarebbe stata una eventuale rotazione». Ma la rotazione - aggiunge Sanna - non c’è stata e per tredici settimane sono rimasti a casa sempre gli stessi «tra cui due monoreddito e delle madri single».
L’accordo saltato
A ottobre nuovo annuncio di cassa .Ma questa volta, dice Sanna, senza accordo «perché l’azienda non vuole scrivere neppure quell’eventuale davanti alla parola rotazione». E in cassa finiscono undici delle tredici persone che già sono state a casa per oltre tre mesi. Per il sindacalista si tratta «di un accanimento contro gli stessi lavoratori colpevoli forse di essere anche quelli sindacalmente più dinamici».
Nell'assemblea dell’altro giorno i lavoratori decidono di fare un presidio e varano il fondo di solidarietà. Giuseppe Garziano, delegato della Cgil, racconta con semplicità: «Siamo tra noi molto solidali, non possono pagare sempre gli stessi quattro gatti. Non è giusto. Per questo ci tasseremo».
I timori
E pensa al futuro: «Cerchiamo il dialogo con l’azienda perchè si sta ventilando la cessione di un ramo d’azienda. Chiediamo che se questo accadrà ci siano garanzie precise sull’occupazione». E vive il fondo come una sfida all’azienda: «Vogliamo dire che deve contare sui suoi lavoratori non buttarli a mare».
L'articolo su La Stampa
@Dade