Biella, l’ospedale è pronto, ma è troppo grande: l’Asl vende un padiglione



La struttura è stata progettata dieci anni fa, ma ora è stata definita sovradimensionata: ci sono 43mila metri quadri di troppo e il 30 per cento dello spazio è inutile ai fini di ricovero. Così l'azienda sanitaria corre ai ripari: dismettere parte del patrimonio e affittare a imprese e associazioni

A Biella il cantiere del nuovo ospedale è prossimo alla fine dei lavori, ma ci si è accorti oggi, dopo più di dieci anni dalla sua progettazione, che è sovradimensionato. Precisamente dei circa 130mila metri quadri realizzati, almeno 43mila sono “di troppo”. Secondo la Aress, l’Agenzia regionale dei servizi sanitari, che ha prodotto uno studio preliminare intitolato “Ipotesi di riordino strutturale e distributivo per la razionalizzazione dei costi gestionali del nuovo presidio di Biella”, il 30 per cento della struttura è inutile a fini di ricovero. Nel testo si legge che “per quanto riguarda il padiglione Est (indicato come Università nei dati aziendali) è ipotizzabile la completa destinazione degli spazi a funzioni universitarie, ovvero la sua dismissione ed eventuale riconversione ad altre funzioni extraospedaliere, andando così a realizzare un volume autonomo per il quale si possono prevedere accessi indipendenti dai percorsi dell’ospedale”. La “ricetta” della Regione quindi sarebbe quello di venderlo. Per il padiglione ovest invece, dall’Aress propongono di non utilizzare l’intero quarto piano.
“Non ci sarà nessuno spreco – sottolinea il direttore generale dell’Asl di Biella Gianfranco Zulian - Il progetto è stato pensato negli anni Novanta, quando i ragionamenti in ambito sanitario erano diversi, ora la richiesta di posti letto è più bassa”. Per Zulian i numeri dell’Aress sono corretti, è inutile destinare l’intera metratura ad uso ospedaliero, e quindi propone di affrontare la questione sotto un’altra ottica. “Non chiamiamolo ‘nuovo ospedale’ ma ‘nuova struttura ospedaliera’. Per razionalizzare i costi abbiamo deciso di centralizzare lì gran parte delle nostre strutture e di aprire l’edificio ai privati – conclude Zulian – Non venderemo nulla”.
Le linee di intervento previste quindi sono di due tipi: dismettere parte del patrimonio dell’azienda sanitaria e affittare a imprenditori e associazioni aree all’interno della nuova costruzione. Tutto per fare cassa, perché, spiegano dall’Asl, i fondi dedicati al capitolo ospedale non bastano e quindi bisogna mettere mano alla parte dedicata al funzionamento dell’Asl. In totale dalla Regione arrivano circa 285 milioni di euro, di cui il 40 per cento dovrebbe andare a finanziare la struttura ospedaliera. Le idee quindi non mancano, ma bisognerà capire quanto l’Asl risparmierà dalle dismissioni (affitti e bollette) e quanto incasserà dagli affitti. Poi ci sarebbero gli introiti provenienti dalla vendita del vecchio ospedale e di alcuni locali occupati dall’Asl, ma questi verranno incamerati direttamente dalla Regione e redistribuiti all’intero territorio. Infine c’è la questione privati, e di certezze ce ne sono poche. Per ora l’unico nome che fanno trapelare dall’Asl è quello del Fondo Edo Tempia, ma assicurano che sono in corso contatti con altre realtà interessate ad affittare spazi commerciali.
Un imprenditore sentito da Il Fatto però, spiega che tutta questa “fame di business” lui non l’ha vista. “Siamo andati a presentare i nostri servizi. Ci hanno risposto che per quanto riguarda le attività legate al nostro settore non ci hanno ancora pensato”. Fatto sta che entro il 30 novembre il cantiere sarà terminato e dopo la fase di collaudo, se tutto filerà liscio entro il 2013 l’ospedale sarà fruibile da parte della popolazione. C’è da sperare che la metratura in esubero non faccia la fine del laboratorio di analisi, uno scheletro di edificio adiacente al cantiere dell’ospedale, realizzato negli anni Ottanta e costato circa 7 miliardi di lire. La sua realizzazione venne bloccata dall’intervento della magistratura con tanto di arresti, processi e assoluzioni e ora versa in condizioni di abbandono.
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