Ma la madonna è così gnocca da convertire un omosessuale? Però... interessante!
Ma la madonna è così gnocca da convertire un omosessuale? Però... interessante!
Sulla Via di Medjugorie il tapino in questione è saltato su una mina jugosava e quando s'è rialzato ha sentito Dio che gli diceva, con lieve accento tetesco: "Saulo, Saulo, perké mi perzeguiti... Ah no zkuzate, kvesto era per l'altro... Ahem... Luca, Luca, perké kontinui a prenderlo in der didietren? La fika è la tua amika! Tu provare, ja! Zennò tu pruciare in Inferno, verstandet?"
Dal 2008 a oggi il Sig.Luca sembra che stia ancora con Terry e questo pone a favore di una sua presunta fragilità che solo il tempo potrà rendere redicola.
Penso che veri problemi non sono l'omosessualità come tutti credono, la Chiesa e lo stesso Luca, ma altri come riporta Luca in questo articolo del Giornale.
http://www.ilgiornale.it/storie/ero_...e=0-comments=1
«È successo tutto dopo un festino. Un amico stava preparando un esame di psicologia e ha dimenticato un mucchio di appunti sulla scrivania della mia stanza. Ho cominciato a leggere e ho scoperto della terapia riparativa.
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È iniziato tutto da lì».
Party notturni, alcol, sesso facile e promiscuo. Fino ai 27 anni Luca viveva di «festini» - come li chiama lui - di rapporti occasionali, consumati anche all'aperto, o come si dice in gergo di «cruising». «Questa era la mia vita e quella dei gay come me. Fino a quel momento», racconta disinvolto davanti a una tazza di tè, in un bar nel centro di Milano, dopo una giornata di lavoro. «Non ho fretta, no, ma poi devo prendere un treno per raggiungere mia moglie - dice sorridente -. Contenuti correlati
Abitiamo fuori Milano. Stiamo così bene lontano dalla città».
Non è una doppia vita quella che Luca ha deciso di raccontarci. È una nuova vita. Fino a qualche anno fa Luca di Tolve - che ora di anni ne ha 36 - faceva public relations per i locali omosex, era un attivista dell'Arcigay: si occupava di turismo e organizzava viaggi per la comunità. Un omosessuale convinto, insomma. «Convinto sì, credevo che quella fosse la mia condizione, irreversibile. Ero un egocentrico, palestrato, schiavo dei locali notturni, ossessionato dai soldi, convinto di provare attrazione unicamente per i maschi e finito nel vortice del sesso compulsivo». «Fino a quel momento». Cioè fino a che Luca non si è imbattuto nella “terapia riparativa” dell'americano Joseph Nicolosi. Da allora, dopo un percorso lungo cinque anni, lo scorso agosto è arrivato il matrimonio con Lisa (il nome è di fantasia), è nato il gruppo di auto-aiuto che Luca dirige, il gruppo Lot, di ispirazione cattolica, è esplosa l'idea di scrivere un'autobiografia e la convinzione che come lui molti potrebbero «riscoprire la loro parte maschile, ma soprattutto smetterla di soffrire».
«Sì, perché - racconta Luca - quando ero omosessuale ero un infelice. Credevo di essere io lo sfortunato che non trovava l'anima gemella. Poi mi sono reso conto che attorno a me tutto era impostato in modo frivolo, superficiale, che ero circondato da infelici, molti dei quali ossessionati dalla pornografia e dal sesso. E poi la morte: l'ho vista consumarsi negli amici attorno a me e alla fine ho dovuto farci i conti anch'io dopo aver scoperto di essere sieropositivo». L'incubo Hiv Luca lo ha scoperto sulla sua pelle a 25 anni. «Altro che gaiezza tra gli omosessuali - dice ricordando gli anni della trasgressione -. Dopo quelle nottate estreme, tra cocaina e popper, torni a casa con un carico emozionale enorme ma con un senso di solitudine infinito. E oggi pago con la mia salute il peso enorme di quei comportamenti».
Così Luca si presenta alla libreria Babele di Milano, specializzata nelle tematiche gay. «Gli appunti lasciati quella sera da un amico parlavano delle teorie di Nicolosi, del fatto che le pulsioni nei confronti dell'altro sesso spariscono se smetti di idolatrare gli uomini perché tu non riesci ad essere come loro, che l'omosessualità può nascere da un senso di rivalsa di un bimbo che vorrebbe avere più attenzioni da un padre assente. Insomma sono entrato in libreria ma il libro di Nicolosi non l'ho trovato. E lì ho capito che c'era una realtà che il mio mondo omosessuale cercava di tenere nascosta». Così Luca comincia a incuriosirsi, si indispone anche di fronte alle teorie di Nicolosi («insisto, ero un gay convinto, non è stato facile mettermi in discussione»), fino a che non decide di provare la terapia riparativa.
«Non ero felice e volevo capire il perché. Ci ho messo cinque anni per realizzare di avere sofferto dell'assenza di un padre, di aver idealizzato i maschi perché li sentivo più forti di me e per cominciare a incuriosirmi dell'universo femminile», racconta Luca. Ma guai a parlargli di lavaggio del cervello: «Non ci sto. Sono una persona in grado di intendere e di volere come lo ero quando ero un gay. La vera violenza è dire che è impossibile uscire dall'omosessualità», si difende. E insiste: «Basta con questa accusa di omofobia. COMMENTA
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Chi discrimina è chi pensa che gay si nasce. Non esiste certo un gene. La mia scelta ha richiesto coraggio, anche perché non ho dovuto lottare solamente contro le mie abitudini, praticare l'astinenza per un periodo, ma ho dovuto rinunciare anche ai privilegi di una società in cui essere gay è trendy, ti serve a trovare un lavoro più facilmente e a fare soldi più in fretta», dice Luca attaccando la comunità omosessuale. Poi precisa: «Certo che ci sono gay che vivono la loro condizione con naturalezza e in tranquillità. Ma io voglio dire a tutti quelli che invece vivono il disagio che ho attraversato io che non devono vergognarsi, che possono rivolgersi a strutture che li aiutano e che alla fine possono trovare la felicità». Luca ci crede davvero: «Le strade sono tante, non c'è solo la terapia riparativa, ci sono i gruppi e i corsi living waters, la cristoterapia per chi - com'è successo a me - vuole trovare conforto e motivazione nella preghiera. Io voglio solo che si sappia che c'è un'omosessualità che è il frutto di un disagio e che può essere curata come si fa con la depressione o con i disturbi alimentari. Lo scriva, è importante», dice serio Luca. Che si addolcisce quando comincia a parlare di sua moglie: «L'idea di poter avere un bambino da una ragazza di cui sono innamorato mi elettrizza e mi commuove. L'ho conosciuta a Medjugorie. È stato come ricevere una grazia. Lisa mi ha accettato per quello che sono, col mio passato, senza pregiudizi e con grande amore. È bello che un rapporto si fondi sulla diversità. La favola della famiglia gay è politica, un modo per ottenere un riconoscimento. Ma i figli devono crescere con una madre e un padre, con degli esempi. Anch’io ora voglio pensare al futuro. Sono sieropositivo ma posso sottopormi a un trattamento, previsto dalla nostra legislazione e accettato anche dalla Chiesa, per avere un figlio sano. È la mia nuova vita. Non vedo l'ora». gaia.cesare@ilgiornale.it
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evidentemete invece che della madonna gli è apparso cicciolina
Nelle interviste dice spesso che non era felice, che la sua vita era fatta di cose superficiali come la discoteca, come il divertirsi costantemente e che questo lo portava ad avere comportamenti compromettenti per la salute (cioè fare sesso e ammalarsi).
Ma io dico..ma è più facile cercare di moderarsi rimanendo se stessi o è più facile stravolgere la propria persona per evitare di avere certi comportamenti? Negli anni 80 esistevano i preservativi? Io credo proprio di si.
Io credo che quest'uomo sia un debole. Sia una persona che rinnega la propria natura perchè non riesce a comportarsi in modo sano.
Io credo che avrebbe cmq dovuto consultare qualcuno dati i lutti che ha dovuto affrontare, e per la vita che faceva, se quella vita la considerava superficiale. Se la considerava superficiale doveva smettere di farla. Doveva semplicemente cambiare stile di vita, non doveva cambiare se stesso in modo così radicale e poco credibile.
Se a me non piace la verdura, di certo non l'amerò perchè qualcuno mi dice che fa bene mangiarla. Magari la mangerò ma non ne resterò mai pienamente soddisfatto.
Non credo che il suo cambiamento sia credibile. Non credo che possa durare. Non credo abbia fatto una cosa buona per se stesso.