Lambro: la “banda delle cisterne” e la speculazione edilizia. Le stesse mani?
Erano le quattro del mattino tra lunedì e martedì. Qualcuno si introduceva nella raffineria Lombarda Petroli, a Villasanta, vicino Monza. Si dirigeva verso le cisterne e le manometteva, aprendo i rubinetti, intasando il depuratore e riempendo il fiume Lambro con 15.000 metri cubi di gasolio e petrolio. Nessun pericolo di essere scoperti: il guardiano se n’era andato alle 3.30. Ma chi è stato a manomettere la raffineria e perché? Mani esperte senza dubbio, aprire quelle cisterne non è come aprire un rubinetto. Mani e menti che cercavano un tornaconto. Un tornaconto fatto di terreni finalmente liberi per il cemento.
Gli stessi inquirenti sottolineano come l’atto sia «un sabotaggio» portato a termine da qualcuno che conosceva bene la raffineria. «Chi ha agito sapeva dove colpire», dicono gli investigatori. Perché per orientarsi nel vasto labirinto della Lombarda Petroli, tanto più al buio, serve qualcuno che conosca quei luoghi come le proprie tasche. Inoltre per aprire le cisterne bisogna azzeccare combinazioni di valvole e valvoline.
Inoltre la Lombarda Petroli è stata ufficialmente chiusa nel 1984 e ora va verso la completa dismissione. Per ora funge solo da deposito. C’erano decine di operai, ne son rimasti 17, e di questi, dopo l’estate, sono andati in cassa integrazione 12. Alla Lombarda ci sono 20 cisterne, di cui solo sette ancora in funzione: le uniche a essere state manomesse. Chi ha agito, dunque, non solo sapeva come arrivare alle cisterne e come aprirle. Sapeva anche quali erano piene di gasolio e quali, invece, vuote.
E ora veniamo al movente. A chi potrebbe interessare screditare l’azienda? Un’azienda chiusa e in via di dismissione? Ai fini della risposta potrebbe essere interessante sapere che l’area dell’ex-raffineria dal 2005 è al centro di un progetto di recupero approvato dal Comune di Villasanta, che intascherà 28 milioni in cambio della concessione a costruire un quartiere di 309 mila metri quadri. Insomma c’è un progetto che prevede la distruzione della raffineria e la costruzione, al suo posto, di un grande quartiere residenziale.
«Un affare da 500 milioni di euro», dice il sindaco Emilio Merlo. E chi è a capo dell’affare immobiliare? Gli stessi proprietari dell’ex raffineria: i cugini Tagliabue e la Addamiano Costruzioni di Nova Milanese. Una coincidenza inquietante che fa sorgere il dubbio, al vaglio degli inquirenti, che all’origine del disastro ci sia una grossa speculazione edilizia. Ai fini del nuovo progetto di riqualificazione, infatti, dà sicuramente meno “fastidio” una ex raffineria vuota, che non ha bisogno di smaltire sostanze nocive.
Al momento le indagini vanno avanti. Intanto la Procura del Tribunale di Monza ha aperto un fascicolo sul caso per disastro ambientale e avvelenamento delle acque. Tra i primi atti degli inquirenti ci sarà il sequestro dei serbatoi dell’azienda.
Lambro: la “banda delle cisterne” e la speculazione edilizia. Le stesse mani?