Navigando per il web ho trovato un articolo piuttosto sconcertante che mi ha fatto subito venire in mente quella puntata di nip/tuck in cui un paziente dei due rinomati chirurghi chiede loro di farsi tagliare una gamba a costo di offrire un lautissimo compenso ai due e minaccinado che altrimenti sarebbe ricorso ad un poco igenico ''fai da te'' che con gran numero di probabilità si sarebbe concluso con infezioni e cancrenizzazioni.
I due rifiutano in nome del giuramento di Ippocrate e l'instabile cliente si spara così ad una gamba.
Ecco l'articolo:
Nonostante sia stata diagnosticata piuttosto recentemente, l'automutilazione ha origini antichissime.
La prima reazione che suscita il sentir parlare di automutilazione è quella di perplessità, sgomento o disgusto.
La sola idea che una persona possa usare coltelli, rasoi o altri oggetti per procurarsi delle ferite,spesso gravissime, richiama un tabù tutto occidentale, quello nei confronti del sangue e del suo potere simbolico.
Se per la maggior parte delle persone tagliarsi o bruciarsi la pelle sarebbe una pratica estremamente dolorosa, per coloro che lo fanno abitualmente non lo è.
La loro soglia del dolore diventa decisamente più alta del normale e, soprattutto, trovano nel dolore una sorta di sollievo; sollievo da un dolore interiore talmente forte che ha bisogno di venire a galla, cosicché, quando non è possibile esprimerlo con le parole, trova un mezzo di sfogo, il corpo.
Queste persone non si feriscono per procurarsi dolore ma per alleviare il dolore emotivo, per tenere a bada i ricordi e i demoni interiori.
A volte si procurano dolore perché è l'unico modo di "sentire" qualche sensazione, per reagire ad uno stato di torpore e di "anestesia" che derivano da un rifiuto nei confronti di una realtà inaccettabile; molti infatti dicono di sentirsi come in un film, di avvertire una sorta di distacco dalla realtà, e di riprendere contatto proprio procurandosi delle sofferenze fisiche.
Come se avvertire dolore fosse una rassicurazione rispetto al timore di non esistere, di non sentire più nulla, di non vivere più.
La stessa vista del sangue permette loro di emergere da stati di dissociazione dalla realtà.
Spesso l'automutilazione si accompagna ad altri disturbi, soprattutto quelli alimentari: la sua funzione è quella di accrescere il controllo ossessivo sul proprio corpo che caratterizza queste patologie.
Ma qual è il significato profondo di gesti così estremi?
Se ci riflettiamo, la pelle è quell'organo che, meglio e prima di tutti, ci consente di relazionarci con il mondo, di esprimere sentimenti positivi e sentimenti negativi.
È stato dimostrato da vari esperimenti come la mancanza di contatto fisico, soprattutto nei primi mesi di vita in cui il bambino ha bisogno di contatto e sicurezza, rappresenti la causa di molti disturbi psicologici.
Per queste persone ferirsi significa poter acquisire consapevolezza di sé, esprimere una sofferenza talmente grande da non poter essere sfogata con le parole.
Non è semplice masochismo e in loro non si trova traccia di autocommiserazione, anzi spesso emerge una sorta di rassegnazione a qualcosa che in qualche modo, seppur paradossale, li aiuta a vivere; a volte puro compiacimento.
Spessissimo si tratta di persone che conducono una vita apparentemente normale, che hanno una famiglia, un lavoro, una carriera avviata, insomma un'immagine quasi perfetta; solo chi è loro vicino conosce la realtà, ha coscienza della loro sofferenza interiore.
Non sono facilmente individuabili, lo sono un po' di più quando si tratta di adolescenti o di bambini: in questo caso sono soprattutto i genitori o gli insegnanti ad accorgersene e, spaventati, a mettere in atto atteggiamenti di accusa più che di comprensione.
In altri casi, invece, le ferite dei figli vengono considerate con leggerezza.
Il problema maggiore è che la causa dell'insorgere di una situazione tanto drammatica va ricercata proprio nell'ambito familiare.
In moltissimi casi bambini, adolescenti e adulti che si automutilano hanno nella loro storia episodi di abusi sessuali, di incesti subiti per anni.
La forma di violenza in assoluto più terribile e dalle conseguenze più drammatiche.
Il bambino abusato infatti è assolutamente bloccato perché si trova a dover dipendere proprio da quel genitore che gli fa del male; non essendo autosufficiente ed avendo bisogno di una figura di riferimento, è costretto a subire una situazione terribilmente sproporzionata rispetto alle proprie possibilità di reazione.
Come a dire "meglio avere un genitore così che non averlo affatto".
Non riesce ad odiare chi gli permette di sopravvivere; di qui il senso di colpa per una situazione di cui si sente responsabile proprio lui che ne è la vittima.
Le sofferenze fisiche ed emotive vengono alleviate solo attraverso una massiccia dissociazione dalla realtà; molti, infatti, raccontano che durante gli abusi avevano un solo modo per sopportare una tale situazione, "uscire" dal corpo e immaginare che fosse una sorta di film e che stesse accadendo ad un altro.
Si tratta di quella stessa dissociazione che avvertono prima di ferirsi o durante il loro "rituale".
In altri casi i soggetti che si infliggono mutilazioni non hanno alle spalle una storia di abusi sessuali, ma certamente un'infanzia caratterizzata da violenze psicologiche, da mancanza di cure e di affetto da parte di genitori che, pur non volendo far loro del male intenzionalmente, non sono in grado di dare ai propri figli quel senso di vicinanza e sicurezza di cui hanno bisogno per crescere fiduciosi e autonomi e sviluppare una personalità squisitamente personale.
Quello dell'automutilazione è un fenomeno estremamente complesso, come estremamente complessa è la personalità di coloro che ne sono portavoce e che non vanno superficialmente liquidati come masochisti, dissociati o suicidi; sono solo persone che hanno "scelto" il corpo come mezzo di espressione del dolore e che, per quanto possa sembrare paradossale, cercano di restare aggrappate alla vita.
tratto da: http://www.harrrdito.it/sex/articolo.asp?ID=147