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Al di là delle labbra - Elisabetta Lesile Leonelli

  1. #1
    FdT svezzato
    Donna 32 anni da Carbonia-Iglesias
    Iscrizione: 12/9/2005
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    Predefinito Al di là delle labbra - Elisabetta Lesile Leonelli

    Lo conoscete?...

    io lo sto leggendo...è molto interessante..



    Questo ilbro potrebbe suscitare in voi fra tante, due reazioni: il sorriso o la vergogna. Bene, se un volume sull'apparato sessuale femminile vi fa sorrideer o arrossire, allora sarà proprio opportuno che decidiate di leggerlo. E', infatti, una specie di viaggio che comincia al di là delle labbra "di sotto" e, piano piano, attraverso indefinibili e infiniti fili, si collega al nostro pensare e al nostro sentire. Perché nel tempo, indipendentemente dal fatto di essere uomini o donne, abbiamo immaganizzato centinaia di informazioni distorte. Perché non farne piazza pulita? In questo libro ritroviamo, uno dopo l'altro, tutte le angosce che abbiamo vissuto in pubertà, tutti gli scherzi e i pudori, alcuni dei quali non ammetteremo mai. Ma, su solide basi scientifiche, l'autrice vi aiuterà a superarli, fornendo, al contempo, una serie di consigli utili sia per rifondare le vostre conoscenze teoriche che la vostra vita affettiva e sessuale. Con pochi, semplici accorgimenti "tecnici", infatti, le donne scopriranno risorse impensabili per vivere e godere la loro sensualità. E agli uomini sarà fornita una mappa molto dettagliata che li guiderà - con la partner - verso inesplorate fonti di piacere. con tenerezza. con amore.


    ELISABETTA LESILE LEONELLI è nata nel 1945, sociologa, psicoterapeuta e membro dell'Internetional Transactional Analysis Assaciation. Per i suoi interventi è nota in Italia e all'estero come esperto dei problemi psicologici e sociali della sessualità. Le riviste "Sessuologa" e "Due più" hanno pubblicato numerosi suoi articoli. Vive e lavora a Roma.




    beh...questo è uno dei capitoli del libro...per chi è interessato...=)

    [...]
    Questa è l'analisi di una scena emblematica: protagoniste una bambina e la madre.
    La bimba chiede un po' delusa : << Perché io non ce l'ho il pisello?>>. Come consolazione la madre risponde <<S>>.
    Quando la sessualità era confinata dentro il matrimonio, il compito assegnato alla giovane donna era quallo di portare integro il suo imene alla notte delle nozze. Le sue energie erano impegnate in questa consegna, come un soldato che deve portare un importante messaggio dietro le linee nemiche.
    La giovane donna doveva affrontare tentazioni, le insidie dei giovinotti, che chiedevano prove d'amore, evitare le mine dei seduttori.
    Ora il sesso è liberalizzato. La verginità non è più un valore, anzi, è talvolta ragione di vergogna, e talvolta l'imene è un impaccio di cui liberarsi in fretta, altre solo un'attesa di un amore che ne valga la pena.
    I genitori, memori dei problemi di cui sono stati afflitti per via dell'educazione ricevuta, vogliono che i loro figli siano informati, che non debbano faticare o soffrore come hanno fatto loro per avere chiarimenti. Così danno e fanno in modo di dare ai figli informazioni sulla sessualità, soltanto che spesso danno soltanto nozioni sulla riproduzione.
    In raltà è ancora la riproduzione il fine inconsapevole per cui si può esercitare la sessualità: per il piacere no, le influenze parentali ricevute e ormai inconsapevoli non lo permettono ancora.
    Quando si dice a una bambina <<S>>, l'educatore cade in una interdizione semantica.
    In parole povere si censura e si nasconde una parola e il suo significato e se ne preferisce un'altra che ha significati diversi. La "passerina", come organo sessuale appellato con un termine affettuoso, è clitoride e vagina; solo come organo di riproduzione è utero.
    Come utero ed esclusivamente utero gli educatori presentano la "passerina" ai bambini che pongono le prime imbarazzanti domande. La "vagina è cosa sporca", senza diritto alla cittadinanza nel vocabolario dell'educazione sessuale. La sua esistenza è in genere certificata frettolosamente come "canale vaginale", strada di poca rilevanza, utile solo pera vviare all'utero gli spermatozoi fecondati.
    Sembra che l'utero sia l'unico, esclusivo organo sessuale femminile, mentre è deputato solo alla riproduzione. A nessuno verrebbe in mente, parlando di sessualità maschile, di spostare l'attenzione dal pene alla prostata.
    La bambina informata cresce e scopre che fare bambini è cosa veramente complicata. I suoi genitori, la gente, parlano spesso di denaro, di " quanto costa oggigiorno vivere", dei problemi a trovare un asilo. Impara quindi che per fare figli, " comprare un bambino", bisogna in qualche modo mantenerli, curarli, occuparsene. Se poi verrà educata anche ad afermarsi nel lavoro , scoprirà che lavorare e avere bambini è faticoso e difficile, quando non diventa del tutto impossibile.
    Una donna economicamente autosufficiente che decide di farsi un figlio e allevarlo da sola è considerata una scriteriata, oppure una donna forte e coraggiosa a seconda degli ambienti sociali più o meno "avanzati".
    Di certo non verrà invoraggiata a farne un secondo. Se lo fa è una pazza incosciente. Is secondo figlio è, nell'Occidente industrializzato, la conclusione ideale per una famiglia legittima fornita di padre. Il massimo della completezza. La tendenza è ormai verso il figlio unico. Il terzo figlio fa già "famiglia numerosa".
    Dire alla bimba: <<S>>, è l'inganno crudele dell'uso del plurale. Il plurale di "bambino" vuol dire al massimo uno più uno; ma si continua a riempirle la stanza di bambole come se dovesse allenarsi ad un amaternità numerosa. <<Tutta>>, come ancora oggi nella pubblicità di alcuni dadi da brodo.
    <<Bimba>> Questo è il messaggio. Ed è una menzogna, perché, come abbiamo visto, non è vero. Ma quello che rimane è il desiderio profondo di realizzarsi come madre, essere "utero", perché "madre" è l'identità attributa. I libri, i corsi di educazione sessuale, che pur incontrando ancora le opposizioni reazionarie degli infanzio-innocentisti, non fanno che rafforzare le concezioni riproduttive del pene-vagina.
    Il pezzo forte della lezione è proprio "come nascono i bambini". La vagina, organo sessuale femminile, è solo il luogo il cui penetra il pene per consegnare il liquido spermatico. Gran parte della lezione verte sull'ovulo. L'ovulo scende giù e nelle trombe di Falloppio incontra (coup de foudre!) lo spermatozoo più forte e più bello.
    Sposato e fecondato che è, l'ovulo va ad abitare e crescere nell'utero e "dopo nove mesi è pronto il bebè".
    Sembra che a ogni rapporto sessuale corrisponda una fecondazione, anzi, che a ogni penetrazione del pene si avveri il sogno, che a volte poi si rovesci diventando l'incubo fobico della maternità. L'unica funzione che definisce la donna enll'esistente.
    Inutile aggiungere che solo pochissimi sessuo-educatori, e tra i più temerari, parlano del piacere del sesso. I più sentono come missione l'emanazione del pensiero scientifico, ossia tradurre dal volgare "cazzo" in "pene", e che la "fica" si appella scientificamente "vagina".
    La conseguenza della lezione "spermatozoo più ovulo", nella stagione della vita in cui si forma l'identità sessuale, è duplicemente nefasta. Da una parte, infatti, il ragazzo è sempre più tentato di verificare l'effetto del suo spermatozoo più forte. Dall'altra, la ragazza vuole provare se l'utero che possiede è davvero capace di fare i bambini. Ha imparato fin da piccina che il suo valore è la sua capacità riproduttiva, nel suo "avere l'utero".
    La gravidanza è allora ricercata e desiderata come un segno di normalità, un modo di dirsi: <<Sono>>.
    A questo punto non saranno più sufficienti le informazioni che si danno sulla contraccezione.
    D'altra parte il mondo fuori dalle istituzioni familiari e scolastiche ( il cinema, i fumetti, la letteratura erotica) porta lo spettacolo di piaceri e di accoppiamenti entusiasmanti, dove, misteriosamente, tutta questa attività non crea mai problemi di gravidanza. Non ci sono dubbi né spaventi. I bambini arrivano quando si decide di averli e indipendentemente dalla meravigliosa vita erotica. Questo dà l'impressione che la vita erotica sia completamente separata da quella riproduttiva. Nei mezzi di comunicazione di massa non c'è più traccia di quell'insegnamento infantile che legava indissolubilmente la sessualità alla riproduzione.
    Ciò che i mezzi di comunicazione ci rapresentano è qualcosa di esistente, di acquisito? Essi descrivono una realtà , o non costituiscono invece a loro volta una proposta, un modello, il modello di una vita intensa eroticamente e in cui il problema del desiderio dell'ingravidamento o dei figli è scomparso?
    In questo caso i mezzi di comunicazione di massa negano, nascondono e censurano, anche loro, come gli educatori, un problema e una angoscia.
    A favore di questa tesi abbiamo dei fatti e cioè che nonostante l'educazione sessuale, nonostante i consultori, nonostante il modello cinematografico e televisivo di un erotismo senza procreazione, il numero degli aborti continua a essere alto e l'uso dei contraccettivi singolarmente basso.
    In una ricerca sulle ambivalenze verso la maternità, la psicologa Caterina Arcidiacono ha intervistato donne professionalmente affermate, encipate, spesso con un numero variabile di aborti alle spalle.
    In un significativo numero di casi queste gravidanze "indesiderate" erano venute in periodi in cui esse stavano riscuotendo successi professionalei: ad esempio, una di queste donne rimase incinta mentre stava per essere pubblicato il suo primo libro.
    La gravidanza, consciamente indesiderata, è interpretabeile in questo caso come il risultato di un emssaggio profondo del tipo:<<S>>, <<Tu>>. La gravidanza e la sua interruzione sono in questo caso il segno del conflitto in atto sull'identità femminile.
    Quando infatti si parla di donne con un'istruzione media o alta che hanno gravidanze indesiderate, spesso ripetutamente interrotte mediante l'aborto, non può più trattarsi di ignoranza contraccettiva, ma di resistenza alla contraccezione.
    E' vero che esistono molte donne che ricorrodno all'aborto perché incapaci, per mancanza di informazione, di difendere e controllare la propria fecondità; ma come spiegare il caso dell'affermata architetta che ricorre all'interruzione di gravidanza due volte in un anno?
    E' che <<il>>.
    L'ideale che la donna ha dei se stessa è essenzialmente e principalmente come madre, le deriva dall'attribuzione originaria: <<Tu>>.
    Il cervello umano è come un computer; più antica è la registrazione più è difficile controllarla con la ragione quando riemana il messaggio profetico : <<Tu>>.
    Fare bambini non è solo un destino biologico, in questo caso è un copione, la conseguenza di una missione da compiere, l'indicazione di un sentiero da percorrere.
    L'indicazione, la missione, il copione, vengono dati alla bambina dalle persone affettivamente più importanti per lei: in genere i genitori, poi gli insegnanti, poi i medici.
    Queste persone non sono consapevoli di ciò che trasmettono: non si rendono conto di come l'informazione viene accolta, quale attribuzione dell'identità e come "ordine", dalla bambina a cui è rivolta.
    Più tardi, però, le strade che le verranno indicate saranno, come abbiamo già visto, diverse. Procreare non si può che a poche determinate condizioni.
    Dentro di lei il computer continua però a girare il nastro con la registrazione : <<Tu>>, ed è una sorta di ordine a cui è difficile disobbedire.
    Tra le esigenze della realtàdi adulte e le attribuzioni copionali, si sceglie un compromesso: la prova della propria capacità a essere madri. Si possono spiegare così gli aborti ripetuti, gli sbagli troppo frequenti nella contraccezione, il rifiuto degli anticoncezionali motivati da <<col>>.
    Chi continua a dire alle donne, alle piccole donne, che il suo organo sessuale è l'utero per diventare madri, sta allestendo lo spettacolo in cui recita la frustrazione, la depressione e l'aborto. Sta preparando l'infelicità che magari andrà poi a curare come medico o psicologo, gli aborti che poi condannerà come moralista, aumentando così l'infelicità e il senso di colpa.
    Ripetiamo ora, ma corretta, la scena iniziale.
    La bambina chiede: <<Perch>>
    Ma quanti di noi hanno il coraggio di rispondere così alle domande di una bambina?

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