Scontri Bologna - Juventus
La moglie del ferito: «Da Raciti in poi nel calcio non è cambiato nulla». La condanna del presidente del Bologna
BOLOGNA
Sono stabili, e in fase di leggero miglioramento, le condizioni del tifoso juventino aggredito al termine della partita Bologna-Juventus, ricoverato nella rianimazione dell’Ospedale Maggiore di Bologna.
Nelle prossime ore i medici che lo hanno in cura dovrebbero sospendere il coma farmacologico. La seconda tac ha infatti escluso la presenza di lesioni importanti. I medici domani potrebbero sciogliere la prognosi e dichiararlo definitivamente fuori pericolo di vita. Il trauma cranico, come ha spiegato Giovanni Gordini, responsabile della Rianimazione, ha provocato al paziente una perdita di coscienza prolungata e un trauma facciale con emorragia. I sanitari si dichiarano comunque ottimisti.
Un episodio grave che non doveva avvenire e che ha profondamente colpito il presidente del Bologna, Francesca Menarini. Da poco tempo nel calcio, il numero 1 del club rossoblù non tollera gli episodi di violenza come quello avvenuto ieri sera in via della Certosa, dove un tifoso della Juventus è stato gravemente ferito dopo un’aggressione da parte di alcuni sostenitori felsinei.
In un comunicato stampa pubblicato sul proprio sito internet il club si dice «vicino alle persone coinvolte nel deplorevole incidente» e il presidente, Francesca Menarini, aggiunge «si tratta di un fatto vergognoso e inaccettabile che scredita una tifoseria e una città che da sempre seguono il calcio in maniera corretta e civile. Sono certa che la parte sana della nostra tifoseria, che rappresenta l’assoluta maggioranza dei sostenitori rossoblù, saprà collaborare, come del resto la nostra società, con le autorità per una rapida individuazione dei colpevoli. In questo momento mi preme soprattutto esprimere la piena solidarietà e vicinanza del Bologna FC 1909 alle persone coinvolte e alla loro famiglia così duramente colpita».
«Da Raciti in poi non è cambiato niente». La moglia di M.D.V., il tifoso bianconero ferito a sassate la scorsa notte dopo Bologna-Juventus 1-2, ha fatto un parallelo con la vicenda dell’ispettore di polizia Filippo Raciti, rimasto ucciso durante gli scontri di Catania-Palermo del 2 febbraio 2007. La donna, col figlio sedicenne al quale gli ultras che hanno aggredito il padre hanno cercato di strappare la sciarpa bianconera, ha fatto visita al coniuge nel reparto di rianimazione dell’ospedale Maggiore. «Si sta svegliando, siamo più tranquilli ora», ha detto, spiegando anche che con il colpo di pietra ha subito anche la perdita di alcuni denti e una microfrattura alla zona superiore del cranio. La seconda tac, in attesa dell’annunciato bollettino medico, secondo indiscrezioni sarebbe non completamente negativa, cioè avrebbe individuato una piccola criticità, ma effettivamente l’uomo, di origini meridionali ma residente a Modena, non è più in pericolo di vita. Il figlio ha spiegato che l’ultras che lo ha aggredito non sarebbe stato un ragazzo ma avrebbe avuto 35-40 anni e che, dopo che il padre era stato colpito, svenendo, in tre gli sono andati addosso colpendolo a calci
Ma come al solito ci sono alcuni scontri di cui i media preferiscono interessarsi per poco o nulla....
"Mio padre a terra nel sangue mentre mi prendevano a calci"....
G.M. ha 15 anni. E’ seduto su un seggiolino di formica nella sala d’attesa del reparto di rianimazione dell’ospedale Maggiore di Bologna. Una porta a vetri che si apre solo dall’interno, e dopo aver suonato un campanello, è il fossato che lo divide dal padre tenuto in coma farmacologico e in prognosi riservata: è stato colpito da un pugno con una pietra in pieno volto. La colpa: tifare Juventus a Bologna.
Che cosa è successo?
«Mancavano pochi minuti alla fine della partita e con mio padre e un nostro amico abbiamo deciso di uscire dal settore distinti del Dall’Ara. Dovevamo tornare a Modena, dove viviamo, e volevamo evitare il traffico. Mentre uscivamo, un uomo, sulla trentina, mi ha detto di levarmi la sciarpa della Juve: “Ti conviene farlo”».
E tu?
«Gli ho mostrato due dita per ricordargli il risultato. Lui ha preso il telefonino dicendomi che me l’avrebbe fatta pagare. E’ come se avesse voluto avvisare qualcuno».
Poi che cosa avete fatto?
«Abbiamo percorso la strada che fiancheggia lo stadio Dall’Ara per tornare all’auto. Ci siamo immessi in una strada poco illuminata assieme a tante altre persone».
Tutto normale quindi?
«No, perché continuavano tutti a offendermi. Vedevano la sciarpa e me ne dicevano di tutti i colori. Io rispondevo a tono, ma non pensavo potesse succedere quello che è successo appena siamo entrati in quella strada. Mi hanno strappato la sciarpa da dietro mentre altri mi davano dei buffetti sulla faccia minacciandomi».
Come hanno reagito tuo padre e il vostro amico?
«Il mio amico era bloccato dalla paura, mentre mio padre si è messo in mezzo per difendermi. Quando mi hanno strappato la sciarpa tutto è precipitato in un attimo: una persona si è avvicinata a mio padre e lo ha colpito al volto con una pietra. Lui è stramazzato a terra, immobile».
Che cosa hai fatto?
«Non ho capito più nulla. Mio padre era per terra, sanguinava. Mi sono chinato su di lui, cercavo di parlargli e attorno a me la gente continuava a offenderci. Mentre ero chino su di lui ho preso anche dei calci da quelli che passavano».
Nessuno si è fermato per aiutarvi?
«Sembravano degli animali. Mio padre era privo di sensi, io urlavo e attorno a me la gente ci insultava».
Poi che cosa è successo?
«Sono passati circa venti minuti, poi ho deciso di lasciare mio padre lì per terra, con il mio amico sconvolto a vegliarlo, e di correre a chiedere l’intervento di una pattuglia. Solo una persona in quei momenti mi abbracciava e mi ripeteva di stare calmo. Uno sconosciuto che poi è sparito».
Dove hai passato la notte?
«Due poliziotti sono venuti a prelevare in ospedale me e il mio amico. Ci hanno fatto vedere fotografie e filmati fino alle 5 del mattino. Speravano che riuscissimo a riconoscere i responsabili del pestaggio. Credo che abbiano dei sospetti su qualcuno. Il mio amico ricorda bene la faccia di chi ha colpito mio padre».
Come sta tuo padre?
«Oggi sciolgono la prognosi. Non è in pericolo di vita».
Cos’è per te il calcio?
«Era un sogno. L’attesa per poter vedere la Juventus a Bologna è stata emozionante. Ho sempre pensato a uno stadio pieno di famiglie. Quello che è accaduto, per colpa di quei vigliacchi, mi fa chiedere di chiudere gli stadi. Le partite si giochino senza pubblico: chi vuole, se la guardi in tv. Le mie passioni sono la Juve e le ragazze. Avevo la sciarpa bianconera appesa al muro di camera mia. Me l’hanno hanno rubata, ora se la possono tenere. Mi interessa soltanto che mio padre guarisca. Ha rischiato di morire e ancora non riesco a capire perché».