vita dei musicisti nel classicismo

Dunque, quel che si può dire è che nel XVIII secolo i musicisti, fossero essi compositori, librettisti o suonatori, vivevano essenzialmente col mecenatismo delle corti nobiliari: in pratica ogni corte che si rispettasse doveva avere fra il suo "personale di servizio" quanti più artisti rinomati fosse possibile, così i regnanti prendevano al loro servizio o proteggevano pittori, scultori, poeti, musicisti e talvolta anche filosofi. Più numeroso era l'entourage artistico della corte, più questa acquistava fama e splendore. Era un'usanza che si può dire nata nella Roma augustea, ripresa poi nel Rinascimento; naturalmente un artista doveva avere acquisito una certa fama prima di essere invitato a corte.
La carriera del musicista iniziava allora come oggi nel conservatorio: era un privilegio riservato a quelli le cui famiglie potessero permettersi di pagare la retta, la vita non era facile, la musica era già considerata scienza esatta ed il suo studio veniva affrontato col massimo rigore, e per sfondare allora come oggi era necessario un talento innato. Finito il conservatorio, poteva mettersi al servizio di qualche nobile con la passione per la musica, lavorare come compositore, suonatore od anche maestro. Se il musicista riusciva a farsi una fama con le sue esibizioni e le sue opere, poteva venire invitato ad una corte rinomata. Per guadagnarsi la permanenza ed il vitto, doveva fornire una produzione che fosse possibilmente costante ed in linea con i gusti artistici e morali in vigore nella corte: più si andava in alto, più le lotte per il posto di compositore ufficiale di corte erano accanite ed alle sue abilità di compositore od esecutore il musicista doveva saper abbinare l'arte della cortigianeria, perché il minimo sgarbo avrebbe potuto farlo cadere in disgrazia e costargli il posto. Il decoro era infatti un'esigenza fondamentale da rispettare tanto nella produzione artistica quanto nella vita di corte. E' anche vero però che musicisti molto famosi e dall'ego smisurato potevano permettersi di fare un pò le primedonne, potendo essere certi che se fossero stati cacciati avrebbero potuto inserirsi altrove, ma di solito la reputazione di persona integra era altrettanto importante delle abilità artistiche.
Da ricordare che al compositore si affiancava sempre un librettista, colui che scriveva i testi per le opere cantate, di solito un poeta dal buon orecchio che doveva saper lavorare di comune intesa col compositore: ad esempio, il librettista di Mozart era un italiano, Lorenzo Da Ponte. Esso doveva stare molto attento a cosa scriveva nell'opera, perché le parole non fossero in disaccordo con la morale in vigore, e di solito i regnanti esigevano opere che fossero al contempo divertenti ed edificanti. Gli strumenti suonati erano in gran parte quelli che si usano ancora oggi, con poche differenze come ad esempio il clavicembalo al posto del pianoforte.
L'italiano era altresì la lingua ufficiale dell'opera settecentesca, giudicata la migliore per la sua musicalità, e l'Italia era anche considerata come la patria della musica, da cui provenivano molti artisti ed in cui si trovavano i migliori conservatorii.
Se mi verrà in mente altro, editerò :)