Buonasera :D
C'è qualche insegnante tra voi?
Che ne pensate della proposta di Profumo del concorso per gli insegnanti? Funzionerà? Ci sono svantaggi?
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Buonasera :D
C'è qualche insegnante tra voi?
Che ne pensate della proposta di Profumo del concorso per gli insegnanti? Funzionerà? Ci sono svantaggi?
Bel fatto di cronaca :roll:
Tutti i numeri del "concorsone" mondo della scuola in subbuglio - Repubblica.it
Ho inserito io la notizia.
Il mio è un "nì" che tende verso il "sì".
Sono d'accordo con l'idea di fondo: il lavoro spetta a chi se lo merita. E non è giusto nemmeno escludere i giovani (io sono fra questi, è sicuramente al primo posto fra le carriere che sceglierei dopo la laurea).
Non è giusto che magari una persona che sa meno di me, ma che è abilitata da più tempo, mi passi avanti per "anzianità". Deve andare avanti chi merita. D'altro canto mi metto anche nei panni di chi aspetta il posto fisso da anni e anni e poi si vede passare avanti da gente laureata da uno o due anni.
Quindi sono per un "nì", sebbene io egoisticamente sono ben felice di un concorso, altrimenti con il vecchio sistema delle graduatorie rischierei di trovarmi dietro a gente che è precaria da vent'anni. Ma poi uno si mette anche nei panni di questi precari... Profumo parlava addirittura di fare una sorta di quota riservata ai giovani del 10-15%. Per me sarebbe bellissimo ma capisco la rabbia di chi aspetta il posto fisso da anni.
A insegnare deve andare chi sa di più e chi sa insegnare meglio. La prova dovrebbe vertere non soltanto sul nozionismo puro oppure, come leggevo oggi, su capacità logico-deduttive... dovrebbe passare anche chi dimostra di saper esporre, spiegare e "insegnare" quelle nozioni. La prova dovrebbe svolgersi ANCHE in questo senso. Sia alle superiori sia all'università mi sono capitati docenti con una preparazione straordinaria, soprattutto all'università ho avuto dei veri "mostri" fra i docenti, eppure la sapienza e la cultura in automatico non rendono dei bravi insegnanti. Il tirocinio deve muoversi in questo senso e selezionare coloro i quali sono in grado di unire le due cose.
E poi, a me le cose a botta di culo, non piacciono XD
Non può valere solo il concorso.
Deve valere il punteggio finale dell'abilitazione, deve valere il voto di laurea (secondo me, sia di triennale sia di specialistica), la media d'esami all'università... una sola prova non valuta una carriera e io bilancerei una serie di cose.
Più che essere favorevole o contraria sono curiosa di conoscere i singoli indicatori valutativi della presunta meritocrazia. Insomma, bisognerebbe tenere presente una serie di fattori che a mio parere rischiano di cadere in quarantena in questa fame di cambiamenti. Ad esempio, un criterio che inserirei nella carriera concorsuale è: motivazione della persona - associata ai km che è stata disposta a farsi a suo carico in 10 anni di precariato pur di non restare a casa a lavorare la calza maglia. Se poi questa persona viene superata da una persona con esperienza 0 ma con il 110e lode...ah beh. Il tentativo di dare una regolamentazione è doveroso, per carità, ma temo sia un mescolamento della stessa minestra. Ripeto, vorrei recuperare più informazioni.
Non so quanto io sia d'accordo sul valutare "la motivazione". E' parametro troppo poco oggettivo e non è secondo me "giudicabile".
Forse non ho compreso io il tuo discorso, ma l'effetto che fa da fuori è un po' come il surreale "cercasi apprendista con esperienza". Non si può nemmeno escludere a priori un intero settore lavorativo a chi magari ha la sola colpa di non avere esperienza perché giovane (che non è detto che non sia motivato).
Al momento maggiori informazioni, purtroppo, non ce ne sono.
Verranno indetti due concorsi nei prossimi mesi, uno in autunno e uno in primavera (proprio per l'assunzione di questi precari, anche se, ovviamente, i posti non saranno disponibili per tutti). Dopo di che, verrà indetto un concorso ogni due anni, per reclutare esclusivamente gli insegnanti che servono.
Quello che si sa, è che verrà fatto un test preselettivo (per evitare che si presentino in troppi all'esame vero e proprio, rendendo le valutazioni troppo difficili). A seguire ci sarà scritto e orale per chi ha passato il test preselettivo.
Come dicevo nell'altro post, Profumo dice che è tutto da decidere ancora, e che probabilmente per evitare una totale esclusione dei giovani vuole mettere delle quote riservate.
O almeno, questo diceva lui a Repubblica nei giorni scorsi :)
Ma io spero che queste quote riservate tengano conto di un giovane che fa comunque una gavetta. Non sto dicendo che la persona senza esperienza non deve essere ammessa al concorso, ma bisognerebbe creare un sistema in grado di formare i giovani privi di esperienza attraverso un affiancamento a giovani precari da 10 e più anni.
Il primo tirocinio ti aiuta ad avere un primo approccio alla professione, la gavetta sono i sacrifici che sei disposta a fare per intraprendere la professione (spostamenti, disponibilità oraria, retribuzione minima). Sono passaggi che i precari hanno fatto e che li rende più esperti tanto quanto (se non più) un insegnante di ruolo e incollato alla stessa sedia da 30 anni.
Sì ma non si possono nemmeno penalizzare i giovani per questo.
L'ho scritto nel primo post, io mi metto nei panni di chi è precario da vent'anni, ma sono già nei panni di chi non vorrebbe trovarsi a priori chiusa una strada per aver gravemente peccato di gioventù...
La gavetta e i sacrifici che sei disposto a fare sono due cose diverse. La gavetta dà esperienza, i sacrifici può essere disposto a farli anche un ragazzo di venticinque anni ben motivato ma senza esperienza. Non vedo questa necessità di passare attraverso il precariato quando, finalmente, qualcosa sembra muoversi in direzione del posto fisso. Non me la sento di farne una colpa perché si potrebbe avere stabilità senza dieci anni di precarietà. Anzi, bisogna muoversi in una direzione per cui per arrivare alla stabilità non bisogna avere quarant'anni.
Io non sto dicendo che questi precari non siano sicuramente più esperti dell'ultimo ragazzo laureato, ma sto dicendo che per questo motivo non si può non dare una possibilità a chi è giovane.
Uhm, non credo di aver scritto che non bisogna dare delle possibilità ai giovani, ma una certa equità intra e inter-generazionale andrebbe preservata in ogni settore. Io il posto fisso lo darei per merito a chi si è per anni sacrificato, piuttosto che al neolaureato che magari è il rampollo raccomandato dal consiglio dei docenti o dalla commissione. Non credo nella trasparenza di queste procedure concorsuali, qualunque siano i criteri valutativi; una sana gavetta di flessibilità (e Non precariato, attenzione) porrebbe tutti sullo stesso piano e quindi anche il raccomandato - perché ci sono e ci saranno - avrà comunque assolto il suo periodo di sbattimento. Non parlo di un precariato lungo 10 anni, si potrebbe restringere il periodo a tre anni di base, con incarichi flessibili ma non di ruolo che ti permettano di costruirti le ossa. Quando si è pronti ad affrontare più classi, più circoli didattici e più tipologie di genitori allora puoi concorrere al posto fisso. Non mi sembra che sarebbe un processo così assurdo, poi magari mi sbaglio, ma di certo non chiuderebbe le porte a nessuno.
Guarda che dal tuo primo post si intuiva esattamente questo, infatti te l'ho anche scritto xD
Nemmeno io credo nella trasparenza. Ma non è nemmeno detto che il laureato non sia uno meritevole. E che il raccomandato non possa essere anche fra questi precari. Questo è un cancro italiano...
Fra l'altro, scusami, ma dopo aver speso tremila euro di tirocinio, a te non darebbe fastidio ricominciare a fare quasi da "tirocinante"? E di avere questi incarichi non stabili? Perché dopo aver speso soldi in università e tirocinio, studiato, e vinto un concorso, basta con questa storia che un mese si lavora e due no. In quei due mesi si starebbe in mano a Dio, come stanno questi precari da anni e anni. E non è giusto. Non è giusto che magari a trent'anni io in virtù di una certa gavetta debba stare a casa due mesi a non far nulla, dopo aver vinto un concorso, mentre potrei fare un altro lavoro e vivere con quello. E questo mio discorso non riguarda solo la scuola, riguarda tutto. La flessibilità non è una cosa bella. Darà anche esperienza, ma per me quella non è flessibilità, è precariato. Sarà anche vero che dopo tre anni avrò il posto fisso (intanto scusami, ma quei posti vuoti degli insegnanti andati in pensione, chi li andrebbe a occupare intanto?), ma comunque si tratterebbe di tre anni di precariato. E non è una cosa bella né un'opportunità.
Questi precari attuali sono in graduatoria. Qui si parla di eliminare queste graduatorie per eliminare il problema dei "due mesi sì e tre no". Perché uno che vince il concorso dovrebbe farsi altri tre anni di precariato? A questo punto basterebbe mettere una soglia di sbarramento alle graduatorie, no? Dire "siete in diecimila in graduatoria, assumiamo ogni anno i primi cinquemila". Se viene istituito il concorso è per evitare questo, diventare insegnanti di ruolo a trentacinque o quarant'anni.
Che poi io darei sia dei punteggi all'esperienza maturata in ambito lavorativo "da precari", sia alla carriera universitaria (e all'ateneo di appartenenza, visto che non tutti sono sullo stesso livello), sia a tantissime altre cose, ci tengo a precisarlo.
Per me i risultati del concorso non si possono basare sulla sola prova. Un po' come quei test d'ingresso per le università che calcolano sia la carriera scolastica sia il punteggio ai test, intendo una cosa simile... io farei il modo di dare un 60% di punteggio per il concorso e un 40% a una serie di elementi "secondari" (esperienza già maturata; voto di laurea; punteggio dell'abilitazione...)
Il problema italiano, e delle regioni europee del sud, è che sono incapaci di gestire la flessibilità, perché in altri paesi lavorano tutti e lavorano sempre proprio grazie al principio della mobilità e del rimettersi in gioco. Noi abbiamo paura della flessibilità perché come scrivi tu viene associato al precariato e viene pagato poco, ma l'idea di base non è mai stata quella.
Rispetto ai criteri che utilizzeresti tu mi trovi in totale disaccordo, ma perché credo che abbiamo proprio due impostazioni diverse. Tralaltro ti parlo da collezionista di esperienze di gavetta da due anni, laddove il mio obiettivo adesso sarebbe avere un contratto flessibile ben retribuito e non le radici in una poltrona. Io il posto fisso lo auguro, per carità, però vorrei far presente che se oggi siamo in questa situazione è perché di posti fissi ce ne sono stati un po' troppi.
Sì, ma ragioniamo sui fatti: il precariato non rende. Si tratta di lavorare, sottopagati, per anni nella speranza di avere un contratto rinnovato. Questa è la realtà concreta. Se i fatti fossero diversi la potrei pensare in modo diverso. Finché sono questi il precariato è uno schifo e il posto fisso è un sogno.
Perché, per come la vedo io, il lavoro è sì un fine, ma è anche un mezzo di sostegno per tutto il resto della "dimensione umana". Potrei adattarmi alla flessibilità fino a quarant'anni ma... se poi volessi mettere su famiglia, trovare una mia stabilità? Devi poterlo fare prima dei quarant'anni.
Io non sono esperta, non studio economia e sicuramente tu ne saprai più di me. Ma preferisco le radici in poltrona se la posta in gioco è un futuro sicuro.
Le mie impostazioni dipendono dal fatto che la scuola non può ragionare come un'azienda. Far diventare le assunzioni una sorta di colloquio in cui si valutano motivazione, disponibilità alla flessibilità, poco si adatta alla situazione, visto che si va a gestire la formazione di decine e decine di ragazzi per volta.
Ti faccio un esempio pratico. Mettiamo che si liberano tre posti fissi. Siamo tre insegnanti a vincere il concorso. In virtù dell'esperienza e della flessibilità ci scambiamo questi tre posti per tre anni, in modo da maturare esperienza.
Hai idea di che danno abbiamo fatto ai ragazzi?
L'idea che viene data ai ragazzi è che se non hai radici sulla poltrona non si costruisce un futuro. E' spiacevole da dire ma il problema è che c'è troppa ignoranza rispetto alle buone pratiche adottate da altri sistemi paesi. Ed è il motivo per il quale in Europa e nel mondo occidentale viene chiamato flessibilità, invece in Italia lo chiamiamo precariato mal retribuito. Ma non è colpa nostra, quanto di chi controlla l'informazione.
Ti ripeto: la scuola non è un'azienda, non si può fare lo stesso ragionamento che si fa per le aziende.
Puoi trovarmi d'accordo se il discorso in questione riguarda le aziende, la scuola no.
La flessibilità, il ricambio, è un danno per i ragazzi. Perché non so, ma io le materie che ho fatto peggio, erano quelle in cui non mi è stata assicurata continuità. Perché non li abitui sin da subito a essere flessibili. Stiamo parlando di ragazzi a cui dare delle basi, e le basi si creano sulla solidità. Cambiando un insegnante ogni anni, si disorientano gli studenti. Ed è anche vero che probabilmente a uno "così così" si alterna un luminare. Ma quano a me sono arrivati quelli bravi, dopo quelli così così, le difficoltà non sono andate via. Si tratta di impostare l'apprendimento di ragazzini. Fai loro un danno se non assicuri continuità.
Mi è capitato, per dirti, di fare ripetizioni di latino. L'insegnante del ragazzo aveva impostato le cose in modo completamente diverso da come le avrei impostate io, sia in negativo sia in positivo. Se fossi stata io l'insegnante arrivata dopo? Non avrei creato una gran confusione nelle teste di ragazzini di quattordici anni?
La scuola non è un'azienda ma il sistema contributivo italiano è unico, pertanto la logica dell'organizzazione dei posti di lavoro non è differente da qualsiasi altro contesto dove si hanno accordi di lavoro subordinato. Poi, ripeto, il nostro modo di vedere le cose è sicuramente diverso.
Va bene, ottimi contenuti.
Sì, sarà anche diverso ma permettimi di dire ancora due cose.
Questa flessibilità, o precariato, o quel che è, andrebbe bene se il "ricambio" fosse garantito in qualsiasi ambito lavorativo. Così non è. Non si può ragionare su una linea ideale. La realtà dei fatti è diversa, la realtà è che lavoro non ce n'è.
Quindi questa flessibilità, se vista con gli occhi di un trentenne che vorrebbe sistemarsi e non può farlo perché non si può prendere la responsabilità di mettere al mondo un figlio se il giorno successivo non sa come dargli da mangiare, fa abbastanza orrore.
E credo che tu sappia meglio di me che non è un discorso campato in aria. Tutta l'attuale generazione di trentenni non riesce a metter su famiglia perché non sa quanto a lungo avrà garantito uno stipendio. Permetti, ma questa io la chiamo esistenza precaria, non flessibile. Sarebbe flessibile se fossi certa che scaduto un contratto, ne avessi uno nuovo. Ora come ora sono solo certa che scaduto un contratto devo farmi il segno della croce e invocare tutti i santi per trovare un altro lavoro il prima possibile.
In secondo luogo il sistema contributivo sarà unico, ma allora?
Cosa cambia? Stavamo parlando di come fare esperienza e secondo me, visto che non stiamo producendo dei materiali ma stiamo formando esseri umani, dobbiamo fare un discorso a parte. Altrimenti se consideriamo i ragazzi come un materiale qualsiasi da lavoro non ci distinguiamo dalle macchine. Il sistema scuola deve essere fatto per garantire altre cose oltre l'istruzione in sé. Non è idealistico né antiquato considerare la scuola un'istituzione che deve dare un sistema di valori, che deve educare future generazioni a vivere nella società. Il sistema contributivo non può essere messo al di sopra di questo. Semmai il contrario.
Beh, qui in Francia le cose funzionano con UN concorso, difficile e che valuta tanto le conoscenze quanto le attitudini didattiche, e un anno di "gavetta" (che sto cominciando io) al termine del quale un'ispezione stabilisce se abbiamo imparato il mestiere e se siamo atti ad essere assunti definitivamente. C'è gente che prova il concorso sette volte, dunque il limbo più che eliminato è anticipato, ma una volta passati sì è assunti quasi di sicuro (a meno che uno non faccia il pagliaccio il giorno dell'ispezione).
Problema: in una materia tipo l'italiano (lingua straniera, ovviamente) i posti sono una quarantina ogni anno. Se un politico vuol dare l'impressione di aprire i cancelli e di assumere centomila persone l'anno moltiplicando i concorsi, gli apprendistato, i tirocinii e le altre forme di limbo burocratico è ovvio che questo sistema binario, a passi/non passi, non gli conviene.