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Nuova idea di Profumo sul concorso per gli insegnanti

  1. #11
    Moderatrice Holly
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    Uhm, non credo di aver scritto che non bisogna dare delle possibilità ai giovani, ma una certa equità intra e inter-generazionale andrebbe preservata in ogni settore. Io il posto fisso lo darei per merito a chi si è per anni sacrificato, piuttosto che al neolaureato che magari è il rampollo raccomandato dal consiglio dei docenti o dalla commissione. Non credo nella trasparenza di queste procedure concorsuali, qualunque siano i criteri valutativi; una sana gavetta di flessibilità (e Non precariato, attenzione) porrebbe tutti sullo stesso piano e quindi anche il raccomandato - perché ci sono e ci saranno - avrà comunque assolto il suo periodo di sbattimento. Non parlo di un precariato lungo 10 anni, si potrebbe restringere il periodo a tre anni di base, con incarichi flessibili ma non di ruolo che ti permettano di costruirti le ossa. Quando si è pronti ad affrontare più classi, più circoli didattici e più tipologie di genitori allora puoi concorrere al posto fisso. Non mi sembra che sarebbe un processo così assurdo, poi magari mi sbaglio, ma di certo non chiuderebbe le porte a nessuno.
    Guarda che dal tuo primo post si intuiva esattamente questo, infatti te l'ho anche scritto xD



    Nemmeno io credo nella trasparenza. Ma non è nemmeno detto che il laureato non sia uno meritevole. E che il raccomandato non possa essere anche fra questi precari. Questo è un cancro italiano...

    Fra l'altro, scusami, ma dopo aver speso tremila euro di tirocinio, a te non darebbe fastidio ricominciare a fare quasi da "tirocinante"? E di avere questi incarichi non stabili? Perché dopo aver speso soldi in università e tirocinio, studiato, e vinto un concorso, basta con questa storia che un mese si lavora e due no. In quei due mesi si starebbe in mano a Dio, come stanno questi precari da anni e anni. E non è giusto. Non è giusto che magari a trent'anni io in virtù di una certa gavetta debba stare a casa due mesi a non far nulla, dopo aver vinto un concorso, mentre potrei fare un altro lavoro e vivere con quello. E questo mio discorso non riguarda solo la scuola, riguarda tutto. La flessibilità non è una cosa bella. Darà anche esperienza, ma per me quella non è flessibilità, è precariato. Sarà anche vero che dopo tre anni avrò il posto fisso (intanto scusami, ma quei posti vuoti degli insegnanti andati in pensione, chi li andrebbe a occupare intanto?), ma comunque si tratterebbe di tre anni di precariato. E non è una cosa bella né un'opportunità.

    Questi precari attuali sono in graduatoria. Qui si parla di eliminare queste graduatorie per eliminare il problema dei "due mesi sì e tre no". Perché uno che vince il concorso dovrebbe farsi altri tre anni di precariato? A questo punto basterebbe mettere una soglia di sbarramento alle graduatorie, no? Dire "siete in diecimila in graduatoria, assumiamo ogni anno i primi cinquemila". Se viene istituito il concorso è per evitare questo, diventare insegnanti di ruolo a trentacinque o quarant'anni.

    Che poi io darei sia dei punteggi all'esperienza maturata in ambito lavorativo "da precari", sia alla carriera universitaria (e all'ateneo di appartenenza, visto che non tutti sono sullo stesso livello), sia a tantissime altre cose, ci tengo a precisarlo.
    Per me i risultati del concorso non si possono basare sulla sola prova. Un po' come quei test d'ingresso per le università che calcolano sia la carriera scolastica sia il punteggio ai test, intendo una cosa simile... io farei il modo di dare un 60% di punteggio per il concorso e un 40% a una serie di elementi "secondari" (esperienza già maturata; voto di laurea; punteggio dell'abilitazione...)
    Difficile dire se il mondo in cui viviamo sia una realtà o un sogno.

  2. # ADS
     

  3. #12
    Sower Eurasia
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    Guarda che dal tuo primo post si intuiva esattamente questo, infatti te l'ho anche scritto xD

    Nemmeno io credo nella trasparenza. Ma non è nemmeno detto che il laureato non sia uno meritevole. E che il raccomandato non possa essere anche fra questi precari. Questo è un cancro italiano...

    Fra l'altro, scusami, ma dopo aver speso tremila euro di tirocinio, a te non darebbe fastidio ricominciare a fare quasi da "tirocinante"? E di avere questi incarichi non stabili? Perché dopo aver speso soldi in università e tirocinio, studiato, e vinto un concorso, basta con questa storia che un mese si lavora e due no. In quei due mesi si starebbe in mano a Dio, come stanno questi precari da anni e anni. E non è giusto. Non è giusto che magari a trent'anni io in virtù di una certa gavetta debba stare a casa due mesi a non far nulla, dopo aver vinto un concorso, mentre potrei fare un altro lavoro e vivere con quello. E questo mio discorso non riguarda solo la scuola, riguarda tutto. La flessibilità non è una cosa bella. Darà anche esperienza, ma per me quella non è flessibilità, è precariato. Sarà anche vero che dopo tre anni avrò il posto fisso (intanto scusami, ma quei posti vuoti degli insegnanti andati in pensione, chi li andrebbe a occupare intanto?), ma comunque si tratterebbe di tre anni di precariato. E non è una cosa bella né un'opportunità.

    Questi precari attuali sono in graduatoria. Qui si parla di eliminare queste graduatorie per eliminare il problema dei "due mesi sì e tre no". Perché uno che vince il concorso dovrebbe farsi altri tre anni di precariato? A questo punto basterebbe mettere una soglia di sbarramento alle graduatorie, no? Dire "siete in diecimila in graduatoria, assumiamo ogni anno i primi cinquemila". Se viene istituito il concorso è per evitare questo, diventare insegnanti di ruolo a trentacinque o quarant'anni.

    Che poi io darei sia dei punteggi all'esperienza maturata in ambito lavorativo "da precari", sia alla carriera universitaria (e all'ateneo di appartenenza, visto che non tutti sono sullo stesso livello), sia a tantissime altre cose, ci tengo a precisarlo.
    Per me i risultati del concorso non si possono basare sulla sola prova. Un po' come quei test d'ingresso per le università che calcolano sia la carriera scolastica sia il punteggio ai test, intendo una cosa simile... io farei il modo di dare un 60% di punteggio per il concorso e un 40% a una serie di elementi "secondari" (esperienza già maturata; voto di laurea; punteggio dell'abilitazione...)
    Il problema italiano, e delle regioni europee del sud, è che sono incapaci di gestire la flessibilità, perché in altri paesi lavorano tutti e lavorano sempre proprio grazie al principio della mobilità e del rimettersi in gioco. Noi abbiamo paura della flessibilità perché come scrivi tu viene associato al precariato e viene pagato poco, ma l'idea di base non è mai stata quella.
    Rispetto ai criteri che utilizzeresti tu mi trovi in totale disaccordo, ma perché credo che abbiamo proprio due impostazioni diverse. Tralaltro ti parlo da collezionista di esperienze di gavetta da due anni, laddove il mio obiettivo adesso sarebbe avere un contratto flessibile ben retribuito e non le radici in una poltrona. Io il posto fisso lo auguro, per carità, però vorrei far presente che se oggi siamo in questa situazione è perché di posti fissi ce ne sono stati un po' troppi.

  4. #13
    Moderatrice Holly
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    Il problema italiano, e delle regioni europee del sud, è che sono incapaci di gestire la flessibilità, perché in altri paesi lavorano tutti e lavorano sempre proprio grazie al principio della mobilità e del rimettersi in gioco. Noi abbiamo paura della flessibilità perché come scrivi tu viene associato al precariato e viene pagato poco, ma l'idea di base non è mai stata quella.
    Rispetto ai criteri che utilizzeresti tu mi trovi in totale disaccordo, ma perché credo che abbiamo proprio due impostazioni diverse. Tralaltro ti parlo da collezionista di esperienze di gavetta da due anni, laddove il mio obiettivo adesso sarebbe avere un contratto flessibile ben retribuito e non le radici in una poltrona. Io il posto fisso lo auguro, per carità, però vorrei far presente che se oggi siamo in questa situazione è perché di posti fissi ce ne sono stati un po' troppi.
    Sì, ma ragioniamo sui fatti: il precariato non rende. Si tratta di lavorare, sottopagati, per anni nella speranza di avere un contratto rinnovato. Questa è la realtà concreta. Se i fatti fossero diversi la potrei pensare in modo diverso. Finché sono questi il precariato è uno schifo e il posto fisso è un sogno.
    Perché, per come la vedo io, il lavoro è sì un fine, ma è anche un mezzo di sostegno per tutto il resto della "dimensione umana". Potrei adattarmi alla flessibilità fino a quarant'anni ma... se poi volessi mettere su famiglia, trovare una mia stabilità? Devi poterlo fare prima dei quarant'anni.
    Io non sono esperta, non studio economia e sicuramente tu ne saprai più di me. Ma preferisco le radici in poltrona se la posta in gioco è un futuro sicuro.

    Le mie impostazioni dipendono dal fatto che la scuola non può ragionare come un'azienda. Far diventare le assunzioni una sorta di colloquio in cui si valutano motivazione, disponibilità alla flessibilità, poco si adatta alla situazione, visto che si va a gestire la formazione di decine e decine di ragazzi per volta.
    Ti faccio un esempio pratico. Mettiamo che si liberano tre posti fissi. Siamo tre insegnanti a vincere il concorso. In virtù dell'esperienza e della flessibilità ci scambiamo questi tre posti per tre anni, in modo da maturare esperienza.
    Hai idea di che danno abbiamo fatto ai ragazzi?
    Difficile dire se il mondo in cui viviamo sia una realtà o un sogno.

  5. #14
    Sower Eurasia
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    Sì, ma ragioniamo sui fatti: il precariato non rende. Si tratta di lavorare, sottopagati, per anni nella speranza di avere un contratto rinnovato. Questa è la realtà concreta. Se i fatti fossero diversi la potrei pensare in modo diverso. Finché sono questi il precariato è uno schifo e il posto fisso è un sogno.
    Perché, per come la vedo io, il lavoro è sì un fine, ma è anche un mezzo di sostegno per tutto il resto della "dimensione umana". Potrei adattarmi alla flessibilità fino a quarant'anni ma... se poi volessi mettere su famiglia, trovare una mia stabilità? Devi poterlo fare prima dei quarant'anni.
    Io non sono esperta, non studio economia e sicuramente tu ne saprai più di me. Ma preferisco le radici in poltrona se la posta in gioco è un futuro sicuro.

    Le mie impostazioni dipendono dal fatto che la scuola non può ragionare come un'azienda. Far diventare le assunzioni una sorta di colloquio in cui si valutano motivazione, disponibilità alla flessibilità, poco si adatta alla situazione, visto che si va a gestire la formazione di decine e decine di ragazzi per volta.
    Ti faccio un esempio pratico. Mettiamo che si liberano tre posti fissi. Siamo tre insegnanti a vincere il concorso. In virtù dell'esperienza e della flessibilità ci scambiamo questi tre posti per tre anni, in modo da maturare esperienza.
    Hai idea di che danno abbiamo fatto ai ragazzi?
    L'idea che viene data ai ragazzi è che se non hai radici sulla poltrona non si costruisce un futuro. E' spiacevole da dire ma il problema è che c'è troppa ignoranza rispetto alle buone pratiche adottate da altri sistemi paesi. Ed è il motivo per il quale in Europa e nel mondo occidentale viene chiamato flessibilità, invece in Italia lo chiamiamo precariato mal retribuito. Ma non è colpa nostra, quanto di chi controlla l'informazione.

  6. #15
    Moderatrice Holly
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    L'idea che viene data ai ragazzi è che se non hai radici sulla poltrona non si costruisce un futuro. E' spiacevole da dire ma il problema è che c'è troppa ignoranza rispetto alle buone pratiche adottate da altri sistemi paesi. Ed è il motivo per il quale in Europa e nel mondo occidentale viene chiamato flessibilità, invece in Italia lo chiamiamo precariato mal retribuito. Ma non è colpa nostra, quanto di chi controlla l'informazione.
    Ti ripeto: la scuola non è un'azienda, non si può fare lo stesso ragionamento che si fa per le aziende.
    Puoi trovarmi d'accordo se il discorso in questione riguarda le aziende, la scuola no.
    La flessibilità, il ricambio, è un danno per i ragazzi. Perché non so, ma io le materie che ho fatto peggio, erano quelle in cui non mi è stata assicurata continuità. Perché non li abitui sin da subito a essere flessibili. Stiamo parlando di ragazzi a cui dare delle basi, e le basi si creano sulla solidità. Cambiando un insegnante ogni anni, si disorientano gli studenti. Ed è anche vero che probabilmente a uno "così così" si alterna un luminare. Ma quano a me sono arrivati quelli bravi, dopo quelli così così, le difficoltà non sono andate via. Si tratta di impostare l'apprendimento di ragazzini. Fai loro un danno se non assicuri continuità.
    Mi è capitato, per dirti, di fare ripetizioni di latino. L'insegnante del ragazzo aveva impostato le cose in modo completamente diverso da come le avrei impostate io, sia in negativo sia in positivo. Se fossi stata io l'insegnante arrivata dopo? Non avrei creato una gran confusione nelle teste di ragazzini di quattordici anni?
    Difficile dire se il mondo in cui viviamo sia una realtà o un sogno.

  7. #16
    Can che dorme Wolverine
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    L'idea che viene data ai ragazzi è che se non hai radici sulla poltrona non si costruisce un futuro. E' spiacevole da dire ma il problema è che c'è troppa ignoranza rispetto alle buone pratiche adottate da altri sistemi paesi. Ed è il motivo per il quale in Europa e nel mondo occidentale viene chiamato flessibilità, invece in Italia lo chiamiamo precariato mal retribuito. Ma non è colpa nostra, quanto di chi controlla l'informazione.
    No, invece, perchè il tasso di ricambio lavorativo che c'è ad esempio in America, o almeno che c'era nei tempi buoni, qui TE LO SOGNI...non si può paragonare per niente.

  8. #17
    Sower Eurasia
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    Ti ripeto: la scuola non è un'azienda, non si può fare lo stesso ragionamento che si fa per le aziende.
    Puoi trovarmi d'accordo se il discorso in questione riguarda le aziende, la scuola no.
    La flessibilità, il ricambio, è un danno per i ragazzi. Perché non so, ma io le materie che ho fatto peggio, erano quelle in cui non mi è stata assicurata continuità. Perché non li abitui sin da subito a essere flessibili. Stiamo parlando di ragazzi a cui dare delle basi, e le basi si creano sulla solidità. Cambiando un insegnante ogni anni, si disorientano gli studenti. Ed è anche vero che probabilmente a uno "così così" si alterna un luminare. Ma quano a me sono arrivati quelli bravi, dopo quelli così così, le difficoltà non sono andate via. Si tratta di impostare l'apprendimento di ragazzini. Fai loro un danno se non assicuri continuità.
    Mi è capitato, per dirti, di fare ripetizioni di latino. L'insegnante del ragazzo aveva impostato le cose in modo completamente diverso da come le avrei impostate io, sia in negativo sia in positivo. Se fossi stata io l'insegnante arrivata dopo? Non avrei creato una gran confusione nelle teste di ragazzini di quattordici anni?

    La scuola non è un'azienda ma il sistema contributivo italiano è unico, pertanto la logica dell'organizzazione dei posti di lavoro non è differente da qualsiasi altro contesto dove si hanno accordi di lavoro subordinato. Poi, ripeto, il nostro modo di vedere le cose è sicuramente diverso.



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    No, invece, perchè il tasso di ricambio lavorativo che c'è ad esempio in America, o almeno che c'era nei tempi buoni, qui TE LO SOGNI...non si può paragonare per niente.
    Va bene, ottimi contenuti.

  9. #18
    Moderatrice Holly
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    La scuola non è un'azienda ma il sistema contributivo italiano è unico, pertanto la logica dell'organizzazione dei posti di lavoro non è differente da qualsiasi altro contesto dove si hanno accordi di lavoro subordinato. Poi, ripeto, il nostro modo di vedere le cose è sicuramente diverso.





    Va bene, ottimi contenuti.
    Sì, sarà anche diverso ma permettimi di dire ancora due cose.

    Questa flessibilità, o precariato, o quel che è, andrebbe bene se il "ricambio" fosse garantito in qualsiasi ambito lavorativo. Così non è. Non si può ragionare su una linea ideale. La realtà dei fatti è diversa, la realtà è che lavoro non ce n'è.
    Quindi questa flessibilità, se vista con gli occhi di un trentenne che vorrebbe sistemarsi e non può farlo perché non si può prendere la responsabilità di mettere al mondo un figlio se il giorno successivo non sa come dargli da mangiare, fa abbastanza orrore.
    E credo che tu sappia meglio di me che non è un discorso campato in aria. Tutta l'attuale generazione di trentenni non riesce a metter su famiglia perché non sa quanto a lungo avrà garantito uno stipendio. Permetti, ma questa io la chiamo esistenza precaria, non flessibile. Sarebbe flessibile se fossi certa che scaduto un contratto, ne avessi uno nuovo. Ora come ora sono solo certa che scaduto un contratto devo farmi il segno della croce e invocare tutti i santi per trovare un altro lavoro il prima possibile.

    In secondo luogo il sistema contributivo sarà unico, ma allora?
    Cosa cambia? Stavamo parlando di come fare esperienza e secondo me, visto che non stiamo producendo dei materiali ma stiamo formando esseri umani, dobbiamo fare un discorso a parte. Altrimenti se consideriamo i ragazzi come un materiale qualsiasi da lavoro non ci distinguiamo dalle macchine. Il sistema scuola deve essere fatto per garantire altre cose oltre l'istruzione in sé. Non è idealistico né antiquato considerare la scuola un'istituzione che deve dare un sistema di valori, che deve educare future generazioni a vivere nella società. Il sistema contributivo non può essere messo al di sopra di questo. Semmai il contrario.
    Difficile dire se il mondo in cui viviamo sia una realtà o un sogno.

  10. #19
    Sower Eurasia
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    Sì, sarà anche diverso ma permettimi di dire ancora due cose.

    Questa flessibilità, o precariato, o quel che è, andrebbe bene se il "ricambio" fosse garantito in qualsiasi ambito lavorativo. Così non è. Non si può ragionare su una linea ideale. La realtà dei fatti è diversa, la realtà è che lavoro non ce n'è.
    Quindi questa flessibilità, se vista con gli occhi di un trentenne che vorrebbe sistemarsi e non può farlo perché non si può prendere la responsabilità di mettere al mondo un figlio se il giorno successivo non sa come dargli da mangiare, fa abbastanza orrore.
    E credo che tu sappia meglio di me che non è un discorso campato in aria. Tutta l'attuale generazione di trentenni non riesce a metter su famiglia perché non sa quanto a lungo avrà garantito uno stipendio. Permetti, ma questa io la chiamo esistenza precaria, non flessibile. Sarebbe flessibile se fossi certa che scaduto un contratto, ne avessi uno nuovo. Ora come ora sono solo certa che scaduto un contratto devo farmi il segno della croce e invocare tutti i santi per trovare un altro lavoro il prima possibile.

    In secondo luogo il sistema contributivo sarà unico, ma allora?
    Cosa cambia? Stavamo parlando di come fare esperienza e secondo me, visto che non stiamo producendo dei materiali ma stiamo formando esseri umani, dobbiamo fare un discorso a parte. Altrimenti se consideriamo i ragazzi come un materiale qualsiasi da lavoro non ci distinguiamo dalle macchine. Il sistema scuola deve essere fatto per garantire altre cose oltre l'istruzione in sé. Non è idealistico né antiquato considerare la scuola un'istituzione che deve dare un sistema di valori, che deve educare future generazioni a vivere nella società. Il sistema contributivo non può essere messo al di sopra di questo. Semmai il contrario.
    In qualunque modo lo si vuol disegnare spero che sarà un sistema davvero meritocratico.

  11. #20
    Scrivano Lucien
    Uomo 39 anni da Imperia
    Iscrizione: 10/10/2008
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    Beh, qui in Francia le cose funzionano con UN concorso, difficile e che valuta tanto le conoscenze quanto le attitudini didattiche, e un anno di "gavetta" (che sto cominciando io) al termine del quale un'ispezione stabilisce se abbiamo imparato il mestiere e se siamo atti ad essere assunti definitivamente. C'è gente che prova il concorso sette volte, dunque il limbo più che eliminato è anticipato, ma una volta passati sì è assunti quasi di sicuro (a meno che uno non faccia il pagliaccio il giorno dell'ispezione).
    Problema: in una materia tipo l'italiano (lingua straniera, ovviamente) i posti sono una quarantina ogni anno. Se un politico vuol dare l'impressione di aprire i cancelli e di assumere centomila persone l'anno moltiplicando i concorsi, gli apprendistato, i tirocinii e le altre forme di limbo burocratico è ovvio che questo sistema binario, a passi/non passi, non gli conviene.

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